“Mi prendono da casa e mi portano al carcere di Torino - racconta -
Mia moglie invece viene messa ai domiciliari con quattro minori”.
Non sono momenti semplici: uno dei bambini ha pochi mesi e deve ancora essere allattato,
ma la donna viene
“chiusa in casa per 28 giorni senza neppure il permesso per andare a prendere il latte in polvere o un medicinale in farmacia”.
Mentre la moglie sconta i domiciliari, l’uomo condivide la cella con criminali comuni.
Prima a Torino, poi a Foggia.
In totale: 4 mesi e mezzo dietro le sbarre, “buttato dentro una cella come un cane”. Un’enormità.
Soprattutto per chi sa di non aver commesso fatto.
Di Marco, a chi lo ha indagato e processato per direttissima, prova a dirlo sin da subito:
non può aver commesso lui la rapina perché quel giorno era a Torino
e la moglie, accusata anche lei del furto, era addirittura ad una visita dal pediatra.
“Abbiamo portato 21 testimoni a nostro favore, ma non c’è stato nulla da fare”,
racconta l’uomo a Porro.
“Sono state fatte quattro richieste di scontare gli arresti domiciliari da mia madre - spiega Di Mauro - ma nulla zero: tutto rigettato”.
A “inchiodarlo” secondo chi indaga ci sarebbe una somiglianza enorme con l’autore del furto.
Poi a Foggia il malcapitato riesce a farsi fare une perizia dei tratti somatici
e, dopo due scioperi della fame, finalmente arrivano i risultati:
l’autore della rapina non può essere lui. Risultato: tutto archiviato. E tanti saluti.