Val
Torniamo alla LIRA
Ahahahahahahah bell'articolo.
Nelle ultime ore, come avevo previsto da mesi e mesi,
Francesca Albanese è diventata il bersaglio mobile della stampa italiana.
Sembra quasi non ci sia giornalista che non abbia da muovere una critica verso l’Albanese.
Finanche i più fedelissimi alla causa pro-Pal, tra i pennivendoli nostrani, stanno prendendo le distanze.
Perché? Prosaicamente, potrei limitarmi a un semplice “ha rotto i coglioni”, ma sarebbe riduttivo e sempliciotto.
Ciò che ha reso la Rappresentante ONU insopportabile sono le conseguenze psicologiche dovute alla sua sovraesposizione mediatica.
Talk show, radio, podcast, piazze, manifestazioni… la sua presenza è ovunque, come la porchetta alla festa del maiale.
Tutti questi inviti, a cui seguono applausi, selfie e via così per le vie della vanità, le hanno dato un senso di onnipotenza intellettuale
che l’ha fatta cagare fuori dal vaso.
Ma — c’è sempre un ma — se non ti sai dare un limite, sei destinato alla rovina.
Così, l’attacco alla Segre, l’alzarsi nervosamente da uno studio televisivo senza salutare,
tutta la pippa sugli oncologi e il povero Sindaco pubblicamente deriso,
hanno portato anche i più insospettabili giornalisti a prendere le distanze.
Se non addirittura a parlare di fanatismo, come ha fatto Augias.
Unici a difenderla come fossero una roccaforte medievale: i ragazzi de Il Fatto.
Ma ormai il quotidiano di Travaglio è talmente schierato che non gliene puoi fare una colpa.
Il più grande errore di Francesca Albanese?
Legittimare con le parole Hamas,
affermando che i terroristi non vanno giudicati ma compresi.
Qui, a mio avviso, si è giocata male un tris come fosse un poker d’assi.
Il tritacarne è stato avviato.
Obiettivo? Far salsiccia della Albanese.
Manca il budello, ma la carne è fresca e sta uscendo bene.
Ora sta a lei decidere come uscirne prima dell’insaccatura.
Se è furba, per un periodo se ne sta in silenzio e aspetta che si calmino le acque.
Diversamente… chi ha preso il pepe.
Nelle ultime ore, come avevo previsto da mesi e mesi,
Francesca Albanese è diventata il bersaglio mobile della stampa italiana.
Sembra quasi non ci sia giornalista che non abbia da muovere una critica verso l’Albanese.
Finanche i più fedelissimi alla causa pro-Pal, tra i pennivendoli nostrani, stanno prendendo le distanze.
Perché? Prosaicamente, potrei limitarmi a un semplice “ha rotto i coglioni”, ma sarebbe riduttivo e sempliciotto.
Ciò che ha reso la Rappresentante ONU insopportabile sono le conseguenze psicologiche dovute alla sua sovraesposizione mediatica.
Talk show, radio, podcast, piazze, manifestazioni… la sua presenza è ovunque, come la porchetta alla festa del maiale.
Tutti questi inviti, a cui seguono applausi, selfie e via così per le vie della vanità, le hanno dato un senso di onnipotenza intellettuale
che l’ha fatta cagare fuori dal vaso.
Ma — c’è sempre un ma — se non ti sai dare un limite, sei destinato alla rovina.
Così, l’attacco alla Segre, l’alzarsi nervosamente da uno studio televisivo senza salutare,
tutta la pippa sugli oncologi e il povero Sindaco pubblicamente deriso,
hanno portato anche i più insospettabili giornalisti a prendere le distanze.
Se non addirittura a parlare di fanatismo, come ha fatto Augias.
Unici a difenderla come fossero una roccaforte medievale: i ragazzi de Il Fatto.
Ma ormai il quotidiano di Travaglio è talmente schierato che non gliene puoi fare una colpa.
Il più grande errore di Francesca Albanese?
Legittimare con le parole Hamas,
affermando che i terroristi non vanno giudicati ma compresi.
Qui, a mio avviso, si è giocata male un tris come fosse un poker d’assi.
Il tritacarne è stato avviato.
Obiettivo? Far salsiccia della Albanese.
Manca il budello, ma la carne è fresca e sta uscendo bene.
Ora sta a lei decidere come uscirne prima dell’insaccatura.
Se è furba, per un periodo se ne sta in silenzio e aspetta che si calmino le acque.
Diversamente… chi ha preso il pepe.