Cancel culture: ormai è caccia al russo, inclusi quelli morti da 150 anni come Dostojevskji. Presto avremo i roghi dei libri, come già accaduto in regimi simili al nostro. E questo dovrebbe indurre i russi ad odiare Putin?
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Delitto e Castigo. La follia russofoba colpisce anche Dostoevskij, e Paolo Nori piange su Instagram
“E io vi dico che Shakespeare e Raffaello stanno al di sopra della liberazione dei contadini, al di sopra del nazionalismo, al di sopra del socialismo”. Questo è l’inizio della celebre tirata tratta dai
“Demoni” di Dostoevskij che proclama
la superiorità dell’arte sulla politica. Tutto questo oggi è venuto meno. E a farne le spese è proprio Dostoevskij.
Lo scrittore Paolo Nori annuncia in lacrime su Instagram che l’università Bicocca di Milano
ha cancellato il suo corso su Dostoevskij. Paolo Nori aveva appena pubblicato una biografia del gigante di San Pietroburgo intitolata “Sanguina ancora” nell’occasione del bicentenario della nascita. La colpa di Dostoevskij?
Essere russo.
Nella Milano di Sala è oramai “caccia al russo”: prima il
direttore Gergiev cacciato dalla Scala, cosa che ha prodotto anche il forfait della soprano
Anna Netrebko. Ma questi sono due russi viventi.
Dostoesvkij è morto nel 1881 quando il nonno di Putin aveva tre anni.
Vogliono chiedere mediante seduta spiritica a Dostoevskij di prendere le distanze da Putin? Nemmeno durante gli anni della Guerra Fredda si vide una simile paura del russo. Anzi, la cultura russa era studiata e ammirata. Si ammetteva la grandezza della letteratura e della musica russe, fra le più grandi della storia umana. Oggi si persegue per motivi ideologici distruzione di quella bellezza che sola, scriveva Dostoevskij, può salvare il mondo.
La piega che si sta prendendo è spaventosa. Il bando di Dostoevskij ricorda tempi molto più sinistri. Ma questa, signori, è
la cancel culture, questo nuovo nazismo rosé. Sì, nazismo, perché erano i nazisti ad attizzare roghi di autori che avevano la sola colpa di essere ebrei così come oggi ci sono scrittori morti da un secolo che hanno la sola colpa di essere russi. Persino se dissidenti come il fotografo
Alexander Gronsky, sceso in piazza contro Putin ma che si è visto
cancellare la partecipazione al festival della fotografia di Reggio Emilia. Oppure contro russi morti come Dostoevskij. Ma, appunto, è la cancel culture, quella che è arrivata a prendersela persino con autori morti da millenni come
Ovidio.
“Chi brucia libri prima o poi brucerà le persone” scriveva il poeta ebreo tedesco Heinrich Heine, prevedendo con un secolo di anticipo le follie hitleriane. E se dopo aver perseguitato i russi morti arriveremo ai vivi? Lo ha proposto
Roberto Calderoli con una folle idea che secondo lui porterebbe alla caduta di Putin.
“Blocchiamo per i Paesi occidentali tutti i visti dei cittadini russi, ma tutti, propri tutti, impediamo l’ingresso nei nostri Stati a qualunque cittadino russo e espelliamo immediatamente ogni cittadino russo dai nostri Stati e anche qui intendo tutti, ma proprio tutti, inclusi i campioni dello sport, del calcio, del basket, i personaggi dello show, gli attori, gli imprenditori, i magnati, tutti. Nessuno escluso.,.voglio vedere se invalidiamo i loro passaporti, i loro permessi di soggiorno, i loro visti, se invalidiamo la loro moneta, se sequestriamo tutti i loro conti bancari, se gli togli la possibilità di viaggiare all’estero, di investire, di lavorare, insomma se appunto li rendiamo tutti clandestini e poveri, voglio vedere se a quel punto il dissenso interno dei cittadini russi non si amplificherà”.
E’ la tecnica usata dai nazisti a Leningrado. Non ha funzionato.