Val
Torniamo alla LIRA
L’allarme per la “disinformazione” sui social media è iniziato intorno al 2015-2016,
quando in seguito ad una serie di risultati elettorali non graditi (Brexit, Trump, etc),
le élite occidentali hanno iniziato a temere la concorrenza di internet sui media tradizionali.
Risale a quel periodo l’invenzione del termine “fake news”,
e il proliferare di rapporti di “centri studi” e think tank su come varie nefaste forze domestiche e straniere starebbero manipolando il pubblico.
Esempio principe, naturalmente le ormai sfatate narrazioni di Russiagate e di Cambridge Analytica,
secondo le quali sia l’elezione di Donald Trump che la Brexit sarebbero state opera di oscure manovre disinformative dei russi.
E risalgono a quel periodo i crescenti appelli alle piattaforme social media
a “fare qualcosa per combattere la disinformazione”, e il crescente flirtare con la censura di Stato.
quando in seguito ad una serie di risultati elettorali non graditi (Brexit, Trump, etc),
le élite occidentali hanno iniziato a temere la concorrenza di internet sui media tradizionali.
Risale a quel periodo l’invenzione del termine “fake news”,
e il proliferare di rapporti di “centri studi” e think tank su come varie nefaste forze domestiche e straniere starebbero manipolando il pubblico.
Esempio principe, naturalmente le ormai sfatate narrazioni di Russiagate e di Cambridge Analytica,
secondo le quali sia l’elezione di Donald Trump che la Brexit sarebbero state opera di oscure manovre disinformative dei russi.
E risalgono a quel periodo i crescenti appelli alle piattaforme social media
a “fare qualcosa per combattere la disinformazione”, e il crescente flirtare con la censura di Stato.