Un’intervista sul Corriere della Sera.
Una delle tante prodotte da Maurizio Costanzo.
Eppure, a rileggerla oggi, c’è qualcosa che fa impressione.
La data di uscita di questa chiacchierata tra il popolare giornalista e Licio Gelli è datata 5 ottobre 1980.
All’epoca si sapeva dell’esistenza della Loggia massonica Propaganda 2 (poi sintetizzata in P2),
ma ancora non si conoscevano le ramificazioni di potere e i nomi degli iscritti.
Tra cui, per l’appunto, lo stesso Costanzo.
Messa così l’intervista a Gelli diventa una chiacchierata tra “confratelli”
e non più un modo per inchiodarlo alle sue responsabilità.
Nel testo, tra l'altro, a Gelli viene chiesto "che cosa farebbe se fosse Presidente della Repubblica",
di fatto annunciando in anticipo i piani dell'eversore toscano.
Fu soltanto il 17 marzo 1981 che i giudici istruttori Giuliano Turone e Gherardo Colombo
riuscirono ad assestare un colpo decisivo alla Loggia, con le perquisizioni a Castiglion Fibocchi
e il ritrovamento del famoso archivio con i nomi degli iscritti, di cui faceva parte lo stesso Costanzo.
L’intervista del giornalista a Gelli è dunque precedente al ritrovamento delle liste
e anche al rinvenimento del Piano di Rinascita Democratica (avvenuta nel luglio dell’81)
che pose la P2 come organizzazione parallela contraria all’ordine costituito,
sancì l’espulsione di Gelli dalla massoneria “ordinaria”.
Negli anni a venire, tra l’altro, si scoprì il coinvolgimento, acclarato solo in tempi recentissimi dalla magistratura, di Gelli nella strage della Stazione di Bologna.
Un ulteriore dettaglio riguarda il fatto che
l’intervista a Gelli fu pubblicata sulle colonne di quel Corriere della Sera che veniva “espropriato”,
da parte di finanzieri senza scrupoli e iscritti alla loggia P2 come Roberto Calvi, alla famiglia Rizzoli.
Un'operazione che minò il fisico di Angelo Rizzoli, incapace di ripagare le condizioni capestro
che lo stesso Calvi gli aveva fatto sottoscrivere all'epoca della concessione del maxi-prestito triennale.
L'anno era sempre lo stesso: 1980.
Si dice, anche, che lo stesso Costanzo ambisse alla poltrona di direttore,
poltrona all’epoca occupata da Franco Di Bella (tessera P2 1887).
Sta di fatto che questa intervista diveniva il manifesto programmatico di uno stravolgimento dell’ordine costituito
da parte di una delle figure più opache della storia repubblicana italiana, morto ad Arezzo nel 2015, a 96 anni.