Ahahahahahahahah
A voler essere generosi potrebbe palesarsi una duplice chiave di lettura per analizzare il corteo fiorentino.
La prima è presto detta:
non avendo uno straccio di piattaforma programmatica,
sulla quale imbastire una qualche, pur minima, idea del domani,
che non sia la solita paccottiglia ideologica,
ecco che la nuova (?) sinistra si ritrova attorno all’antifascismo.
Cioè attorno a una posizione antitetica verso un qualcosa che non esiste più da almeno un ottantennio.
Insomma, hanno come unico punto in comune il nulla.
Concetto filosoficamente assai interessante se non fosse che, ai fini pratici,
il tutto assume i connotati di una dimensione grottesca del vivere e del pensare.
Anni addietro Mino Maccari era solito asserire che i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti.
Ebbene, come sovrascritto, se i primi sono ormai un (brutto) ricordo
i secondi ci sono,
sono tra di noi
ed utilizzano gli stessi mezzi dei primi, sia nel pensiero che nell’azione,
nonostante riescano a camuffare ben bene il loro operare,
mediante per l’appunto un’ipocrisia smaccata e subdola.
La Firenze “antifascista” era costituita, grosso modo, da due tipologie di persone.
Gli ignoranti
– ma proprio nel senso etimologico del termine, ovvero che ignorano –
e quelli intellettualmente disonesti.
Ora, nel ricordare che se anche l’ignoranza non fosse una colpa – di certo non sarebbe mai nemmeno una virtù –
mi chiedo e vi chiedo come si possa manifestare, muovendo lo spauracchio del fascismo
e andando in tal modo a tramutare quella che è stata una tragedia storica in una farsa da operetta.
E probabilmente in questo, ma solo in questo, i nostri possono ritenersi dei bravi adepti del barbuto di Treviri.
Ergo, tali partigiani a scoppio ritardato non si rendono conto che sono loro stessi,
mediante i loro risibili slogan e i loro paragoni politicamente e culturalmente illogici,
a dar luogo a un’operazione di riduzionismo del fascismo.
E si sa cosa accade a forza di gridare al lupo al lupo…
Poi vengono i disonesti, altresì definiti i chirurghi della cronaca,
cioè quelli che vanno a proporre una ricostruzione del reale di stampo selettiva e particolarmente faziosa.
Quelli, per intenderci,
che addebitano gli atti di violenza solo ed esclusivamente ai ragazzi di destra
e chiudono gli occhi (ma anche bocca e orecchie) quando la delinquenza spadroneggia a sinistra.
Ovvero
quando i collettivi occupano abusivamente aule universitarie;
quando gli estremisti con falce & martello mandano in prognosi riservata studenti che, magari,
reputano la collettivizzazione dei mezzi di produzione una boiata pazzesca;
quando i centri sociali non vogliono che un Daniele Capezzone parli alla Sapienza in quanto, e ti pareva,
pure lui “fascista” (sì, esatto: un liberale e liberista equiparato a un fascista, giusto a rimarcare la volontà di osteggiare chiunque non la pensi come loro);
quando, per continuare, un premio Nobel per la Fisica impedisce a Joseph Ratzinger (ripeto: Joseph Ratzinger) di prendere la parola in un consesso accademico;
quando dei facinorosi, figli di intolleranze progressiste, impediscono le presentazioni dei libri di Giampaolo Pansa
o le memorie di qualche dissidente cubano,
in quanto, come ha ripetuto recentemente Elly Schlein,
la scuola deve essere un presidio antifascista con tutto quel che ne consegue.