Chi sono davvero i liberali e chi i conservatori?
Partiamo dai primi.
Ora, senza addentrarmi nella diatriba tra Einaudiani e Crociani,
posso sommariamente sostenere che il liberale – lo dice il termine stesso –
è colui che propugna la libertà in tutte le sue forme.
In ottica politica, il compianto professor Antonio Martino riteneva che un liberale autentico
fosse colui che, nello stesso medesimo istante, poteva ritenersi reazionario, conservatore e addirittura rivoluzionario,
in virtù delle condizioni caratterizzanti le libertà oggetto della propria speculazione teorica.
Ergo,
reazionario se le libertà sono ormai perse e quindi devono essere riconquistate;
conservatore laddove le libertà presentino la necessità di una particolare tutela;
rivoluzionario allorquando non vi è altra possibilità di conquistare nuove tipologie di libertà.
Allora è vero quando si dice che i liberali hanno la faccia come il .ulo.
Ora, i conservatori.
Questi presentano un’inclinazione naturale nel difendere delle consuetudini morali,
un particolare spirito comunitario, delle radici, una vocazione
e tutti quegli elementi che vanno a comporre un corollario valoriale
che possiamo ben interpretare e tradurre, in ottica filosofico-culturale,
mediante l’ausilio della tradizione giudaico-cristiana.
In linea generale, tutti insieme compongono l’intera galassia nella quale io che scrivo e te, che leggi, siamo usi vivere, amare e soffrire.
Specie se consideriamo i liberali vicini a una dimensione più propriamente laica,
mentre i conservatori prossimi a una realtà ben mantecata con la religione.
A fronte di tutto, comunque, vige quanto disse Filippo Turati – che liberale di certo non era – ovverosia:
“Le libertà sono tutte solidali. Non se ne offende una senza offenderle tutte”.