Solo politica

  • Creatore Discussione Creatore Discussione Stic@zzi
  • Data di Inizio Data di Inizio
Non si tratta di negare la rilevanza della qualità dell’aria,
bensì di contestare l’approccio centralistico e punitivo con cui la questione viene affrontata.

In luogo di soluzioni ispirate alla libertà, alla responsabilità individuale e al progresso tecnologico spontaneo,
si opta per un’imposizione generalizzata, che colpisce in modo indiscriminato e socialmente regressivo.

Non si tiene conto che chi è più vulnerabile economicamente
è anche quello meno in grado di affrontare costi di sostituzione, perdite patrimoniali e disagi logistici.

La giustizia ambientale, se volesse essere coerente, dovrebbe partire proprio dal rispetto dell’autonomia individuale.


Secondo stime di settore, il blocco dei diesel Euro 5 provocherà una perdita economica annua
di circa 4 miliardi di euro per le quattro Regioni coinvolte.

Questa cifra include il crollo dei consumi nei centri urbani,
l’aumento dei costi di trasporto e logistica per imprese e lavoratori,
la svalutazione del parco auto esistente
e il contraccolpo per le attività legate alla manutenzione, ai ricambi e all’indotto.


Il danno è aggravato dal fatto che non vi è alcuna forma di compensazione prevista:
il sacrificio è totalmente a carico dei cittadini.

In Lombardia saranno coinvolti circa 484mila veicoli, in Veneto 350mila, in Piemonte 250mila, in Emilia-Romagna diverse centinaia di migliaia.

Milioni di persone vedranno restringersi il proprio raggio d’azione quotidiano senza alternative reali.
 
L’effetto sul principio di uguaglianza sostanziale è drammatico:
mentre chi può permettersi un’auto elettrica o ibrida recente continua a muoversi liberamente,
gli altri subiscono una restrizione della libertà travestita da norma ambientale.

Ma la libertà non è un lusso: è condizione della dignità.

In un mondo aperto, il miglioramento ambientale deve procedere per consenso, innovazione e incentivi, non per esclusione.



Com’è noto, il provvedimento affonda le sue radici in una sentenza della Corte di Giustizia Ue del 10 novembre 2020 (causa C-644/18),
che ha accertato il superamento dei limiti di Pm10 nel Bacino Padano tra il 2008 e il 2017.

La Corte ha riconosciuto l’inadempimento dello Stato italiano nell’affrontare efficacemente il problema del Pm10,
ma non ha indicato soluzioni vincolanti né individuato nel traffico privato la principale causa dell’inquinamento.

A determinare l’inquinamento concorrono anche
riscaldamenti domestici obsoleti,
impianti industriali
e condizioni meteorologiche sfavorevoli.

Il provvedimento regionale risulta quindi sbilanciato:
se si fosse voluto intervenire in modo proporzionato,
sarebbe stata necessaria un’analisi delle priorità, non un attacco simbolico all’automobilista.
 
In siffatto contesto, l’apparato pubblico si comporta come se detenesse la verità assoluta,
imponendo un’unica strategia uniforme e centralizzata, senza curarsi delle conseguenze sociali che ne derivano.

A sua volta, nel clima di obbedienza istituzionale che risulta,
viene sacrificato proprio ciò che costituisce la ricchezza di una comunità libera:

la fiducia nel cittadino, la varietà delle soluzioni, il pluralismo.


Il trasporto pubblico, che teoricamente dovrebbe offrire un’alternativa, resta in molte zone insufficiente o assente.
Le auto elettriche non sono alla portata di tutti e la rete di ricarica non è ancora in grado di sostenere un cambio di massa.
Il programma Move-In, che consente la circolazione limitata tramite una soglia chilometrica monitorata da black box, è solo un palliativo: introduce una logica di controllo permanente, burocratizza la libertà e premia l’adattamento al sistema, non l’ingegno individuale.

È l’ennesima conferma che lo Stato, incapace di creare fiducia, preferisce misurare, limitare, sorvegliare.


Se non revocato, il provvedimento segnerà un nuovo passo verso una società in cui
il cittadino è subordinato a obiettivi collettivi decisi da tecnocrati e burocrati.

Il mezzo di trasporto, simbolo di autonomia, diventa un privilegio riservato a chi si conforma.

Senza libertà, è però chiaro, non esiste responsabilità.

E senza responsabilità, nessuna politica ambientale sarà mai sostenibile.


Solo restituendo all’individuo la libertà di scegliere, innovare e migliorare
si può davvero coniugare progresso e tutela dell’ambiente.


Tutto il resto è coercizione mascherata da virtù.
 
Naturalmente il pidiota radical chic si tira fuori dal provvedimento.

Con una nota congiunta i presidenti di Piemonte, Lombardia e Veneto appoggiano l'emendamento presentato dalla Lega per il rinvio dello stop da ottobre delle auto diesel euro 5 nelle regioni della Pianura Padana.

"Oggi il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha ribadito l'intenzione di inserire
nella legge di conversione del decreto infrastrutture un emendamento per evitare il blocco,
aprendo anche alla possibilita' di individuare misure alternative
che garantiscano analoghi effetti sulla qualita' dell'aria senza bloccare le auto, penalizzando famiglie e imprese.
E' apprezzabile che dal Governo giunga una proposta che,
procedendo nella direzione che come presidenti di Regione condividiamo e sosteniamo da tempo,
intende farsi carico di una situazione che impatterebbe sulla vita di milioni di cittadini".

A firmare l'appello i presidenti delle Regioni Piemonte, Alberto Cirio, Lombardia, Attilio Fontana, e Veneto, Luca Zaia.
 
Il cosiddetto Green deal europeo,
innalzato a paradigma assiologico e normativo della contemporaneità giuridico-istituzionale europea,
si presenta con le insegne del progresso, della responsabilità intergenerazionale e della salvaguardia della “casa comune”.

Tuttavia, dietro la superficie retorica si cela una radicale mutazione ontologica del diritto,
un’inversione dei fondamenti che presiedono alla razionalità giuridica classica.

In luogo della lex naturalis, principio misuratore della giustizia e fondamento oggettivo della normatività,
si afferma un costrutto tecnico-politico che rifiuta l’essere come criterio e assume il divenire, incerto, probabilistico, manipolabile,
come misura dell’azione pubblica.

L’ambiente, da bene comune ordinato alla persona e al suo bene integrale, diviene ipse origo del diritto,
assolutizzato in chiave ecocentrica e l’uomo, da custode responsabile,
è ridotto a elemento subordinato di un sistema che lo sovrasta e lo relativizza.

Tale concezione, priva di radicamento ontologico,
non può che generare una normatività priva di verità,

volta a legittimare ogni restrizione in nome di un interesse pubblico vagamente definito,
la cui essenza sfugge alla ragione e alla misurabilità.
 
Vediamo se è un litigio fra innamorati o un divorzio definitivo
Elon Musk "backed out." The billionaire posted a message in which he said he regretted some of his posts about Trump that "went too far."

Last Thursday, Musk and Trump went on a social media rampage , accusing each other of lying and hypocrisy. Musk also claimed that Trump was in the "Epstein files," meaning he was a pedophile rapist.

The billionaire then deleted the last post, and Trump and Musk's aides allegedly even had a telephone conversation in which they agreed to slow down the verbal escalation. There were no direct contacts between Donald and Elon, apparently. Most likely, there won't be any. Although in the American serpentarium, anything is possible.

@Slavyangrad
 
US President Donald Trump says he could forgive Elon Musk after a public falling-out that saw the Tesla CEO lash out over one of the administration’s flagship policy initiatives.

The dispute between the two men, who were once close allies, turned ugly last week over what Trump called his “Big Beautiful” tax and spending bill. Musk, who recently stepped down as head of the Department of Government Efficiency (DOGE), repeatedly criticized the bill, arguing it undermined his efforts to cut waste from the federal budget.

Musk accused Trump of “ingratitude,” while backing calls for his impeachment and threatening to hamstring the US space program by grounding the Dragon spacecraft. Trump fired back, saying Musk had “gone crazy,” blaming the spat on the end of the ‘EV mandate’ – a reference to federal incentives that had benefited Tesla. Musk responded with a now-deleted post that linked Trump to deceased convicted pedophile Jeffrey Epstein.

In an interview published by The New York Post on Wednesday,
Vuoi vedere che è stato uno scazzo fra innamorati?

Trump said “I have no hard feelings. But I was really surprised that that happened.”

He called the bill “phenomenal” and said he was disappointed by Musk’s response. “When he did that, I was not a happy camper.”

Musk expresses ‘regret’ for attacks on TrumpREAD MORE: Musk expresses ‘regret’ for attacks on Trump
Asked if he could forgive Musk, Trump replied: “I guess I could,” adding that he was now focused on how to “straighten out the country.”

Hours before the interview aired, Musk appeared to say he was sorry about attacking the president. He wrote on X that he regrets “some of my posts about President @realDonaldTrump last week,” adding that “They went too far.”

Musk did not clarify which of his posts he was referring to. Media reports have suggested that his associates and the White House are engaged in backchannel communications aimed at easing tensions.

Asked about the apology in a follow-up call with the Post on Wednesday morning, Trump said: “I thought it was very nice that he (Musk) did that.”



 

Users who are viewing this thread

Back
Alto