visto che va tutto bene.................
Mercato dell'auto, l'allarme:
«A luglio un vero disastro: -26%»
Le stime di Federauto: «Crollo delle immatricolazioni del 26%. Italia in controtendenza rispetto agli Usa»
le cifre dell'associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia
Mercato dell'auto, l'allarme:
«A luglio un vero disastro: -26%»
Le stime di Federauto: «Crollo delle immatricolazioni del 26%. Italia in controtendenza rispetto agli Usa»
MILANO - Il mercato dell'auto a luglio si rivelerà un «vero disastro», con un crollo delle immatricolazioni del 26%. Lo afferma, alla vigilia dei dati ufficiali che verranno pubblicati lunedì, Federauto, che chiede al governo di intervenire. «Negli Usa - spiega Filippo Pavan Bernacchi, presidente della neonata associazione dei concessionari d'auto di tutti i brand commercializzati in Italia - Obama visita lo stabilimento Chrysler ed elogia Sergio Marchionne che riceve, nel contempo, consensi dagli operai. Obama si spinge a rivendicare di aver varato la legge sulla rottamazione: "Che ha salvato almeno 100 mila posti di lavoro, permettendo nel contempo di realizzare auto e camion che consumando meno ci porteranno verso un futuro di indipendenza energetica". In Italia è il contrario». Il numero uno dei concessionari italiani continua: «Secondo le nostre stime, oramai molto precise, luglio consuntiva un altro -26%. Un vero disastro per tutti! Questo dato si avvicina molto alla realtà perchè sembra che i principali Costruttori abbiamo finalmente tolto il piede dalle chilometri zero. Questo perchè non si può continuare all'infinito ad autoimmatricolarsi vetture per dimostrare dati di quota non veritieri. E infatti il mercato a privati, quello non inquinabile da autoimmatricolazioni, vede una flessione attorno al -30%. E si continua così oramai da qualche mese nell'indifferenza del governo».
«IL PREMIER PRENDA IN MANO LA SITUAZIONE» - Bavan Bernacchi precisa: «Servirebbe che il presidente del Consiglio prendesse in mano la situazione. Un altro: "Ghe pensi mi". Da un lato rinnovando dei bonus pluriennali per svecchiare il parco auto e incentivare le vetture a basso impatto ambientale; in primis quelle alimentate a GPL e a Metano. Dall'altro, varando una politica seria per riallineare la tassazione delle vetture aziendali agli altri paesi europei. C'è una differenza enorme a nostro sfavore e le poche aziende che potrebbero acquistare auto, veicoli commerciali e industriali, sono costrette a mantenere i propri parchi, anche obsoleti, non sicuri e inquinanti». Oramai, prosegue Federauto, «il trend post-incentivi è confermato: lo Stato introiterà circa 2 miliardi di imposte a vario titolo in meno, i concessionari devono agire sui costi del personale sopprimendo circa 15.000 posti di lavoro, cui se ne aggiungeranno almeno 30.000 dell'indotto. Un vero effetto domino di cui nessuno conosce le esatte dimensioni». Il presidente di Federauto continua: «Allo Stato italiano chiediamo che prenda subito in considerazione misure a supporto del mercato auto. Sarebbero »a costo zero«, perchè si pagherebbero, sia con le imposte sulle auto aggiuntive, sia con riduzione delle spese mediche legate alla cattiva qualità dell'aria e la diminuzioni di morti e feriti per gli incidenti stradali. Inoltre ci sarebbe un minor ricorso agli ammortizzatori sociali che stanno drenando molte risorse statali. Questo si otterrebbe, come dice Obama, incentivando l'acquisto di auto che consumano e inquinano meno, e sono molto più sicure con dotazioni moderne come le scocche a deformazione progressiva, l'ABS, l'ESP e gli Airbag.» C'è poi tutta la questione della Fiat e della produzione delle auto in Italia. Pavan Bernacchi: «È importante che Fiat resti a produrre in Italia. Per questo serve un atteggiamento totalmente diverso di certi sindacati. In questo momento produrre in Europa non conviene più e tutti stanno smobilitando gli stabilimenti italiani per delocalizzare. Vogliamo rendercene conto e tornare a competere sul mercato del lavoro internazionale? Continuando così avremmo dei bei contratti ma, purtroppo, pochissimi ne potranno godere perchè disoccupati. Prendiamo esempio dai lavoratori targati Usa. È il momento». (
Fonte Agi)