Non abbiamo abbastanza voti, non posso andare in Parlamento con questo pacchetto». A dirlo è stato, come riferiscono fonti europee, proprio Anastasiades. Lo ha fatto durante la teleconference iniziata intorno alle 18:30 per cercare di trovare una quadratura del cerchio, nonostante l’evidente tensione fra le parti. Da un lato la Germania, che tramite il membro del board esecutivo della Bce Jörg Asmussen ha richiamato alla responsabilità i politici ciprioti. «Non c’è una soluzione facile per Cipro e la Bce non può risolvere tutti i problemi», ha detto Asmussen. In pratica, ognuno delle fare la propria parte. Dall’altro lato c’è proprio l’isola del Mediterraneo, che ha chiesto misure meno stringenti, senza tuttavia fare passi avanti verso l’Ue. In mezzo ci sono gli investitori internazionali, che si stanno ancora chiedendo come sia stato possibile creare tutto questo scompiglio, e i correntisti, che vedono la minaccia di un prelievo forzoso che ricorda quello italiano del 1992 e che vedono cadere uno dei capisaldi dell’Unione europea, cioè la libera circolazione dei capitali.
La tassa sui depositi, nonostante diverse discussioni su un’eventuale revisione, è rimasta. Non si è però ancora trovato un accordo definitivo. Da un lato c’è la proposta dell’Ue, peraltro avallata dal ministero cipriota delle Finanze, di tassare del 6.75% i depositi fino a 100.000 euro e del 9,9% tutti gli altri. Le trattative di Nicosia proseguono, ma il presidente Anastasiades ha ammesso di non avere abbastanza potere. E dire che la nuova proposta, come rivelato dal Wall Street Journal, era più vantaggiosa, dato che prevedeva un’imposta del 3% fino a 100.000 euro, del 10% fra 100.000 e 500.000 euro e del 15% oltre i 500.000 euro. Cipro ha chiesto l’esenzione per i correntisti sotto i 20.000 euro, la maggioranza, ma i margini di negoziazione sono troppo ridotti. Secondo quanto riportano fonti europee, l’Eurogruppo sarebbe a favore di un’esenzione sotto i 100.000 euro e di una tassa del 15,6% oltre questa cifra.
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