cominciano le buone notizie:
Pd sotto choc: Prodi non ce la fa e si ritiraRosi Bindi si dimette da presidente - Corriere.it
IL VOTO PER IL QUIRINALE
Pd sotto choc:
Prodi non ce la fa e si ritira Rosi Bindi si dimette da presidente
Il Professore: «Chi mi ha portato qui si assuma la responsabilità». Bindi:«Cattiva prova del partito»
Rosi Bindi (Ansa)
È resa dei conti nel Pd dopo la sconfitta di Romano Prodi al quarto voto per l'elezione del presidente della Repubblica. Il Professore si è ritirato dalla corsa accusando i vertici del partito: «Chi mi ha portato fin qui si assuma le proprio responsabile». Matteo Renzi si era domandato subito dopo il voto a cosa fosse servita quella candidatura. Mentre sono state smentite, per ora, le dimissioni del segretario Pierluigi Bersani, in serata sono arrivate invece quelle della presidente dell' Assemblea dei democratici Rosi Bindi. « Il partito ha dato cattiva prova di sè ma la responsabilità non è mia: non sono stata direttamente coinvolta nelle scelte degli ultimi mesi».
LA MORTE DI ROVATI - La serata di Prodi è stata resa ancor più nera dalla notizia della morte di un suo caro amico e collaboratore storico, Angelo Rovati.
Il secondo giorno di votazioni per il Presidente della Repubblica
GRILLO : COMINCIANO AD ANDARSENE - «La Bindi ha dato le dimissioni, cominciano ad andarsene. Inizia la resa dei resa conti e noi li ricordiamo i conti in sospeso».Ha commentato Beppe Grillo intervenendo da Udine.
BERSANI NON SI DIMETTE - Parole che a distanza di alcune ore fanno ancora più male al partito di Pier Luigi Bersani. Il quale, a pochi minuti dal fallimento dell'opzione Prodi, ha convocato lo stato maggiore democratico per fare il punto della situazione. Il partito appare sotto choc: non solo sono stati bruciati due leader - e di che peso! - in due giorni; sono state anche compromesse le possibilità di chiudere serenamente la partita del Quirinale come viatico per una soluzione del nodo governo. Occorre ora valutare quale nuova strategia adottare per evitare un ulteriore stillicidio e salvare il salvabile del partito. Intanto il Nazareno smentisce alcune voci in base alle quali Bersani avrebbe proposto le proprie dimissioni.
LO SCENARIO - Tra le opzioni c'è anche un'eventuale convergenza del Pd sul nome di Anna Maria Cancellieri, donna dal profilo istituzionale non coinvolta nei giochi di partito, che potrebbe raccogliere anche il consenso del centrodestra. Questa opzione potrebbe tornare ad allargare l'arco parlamentare a sostegno del Colle, una prospettiva costituzionalmente più compatibile rispetto al voto risicato che avrebbe potuto sperare di portare a casa oggi Prodi. Ma spaccherebbe il fronte del centrosinistra: Nichi Vendola ha fatto immediatamente sapere che Sel non la voterebbe e che la sola ipotesi di un accordo sul suo nome sarebbe considerata un «inciucio». Matteo Renzi, invece, sgombera subito il campo da ogni possibile tentativo di «salvare» la candidatura Prodi: «semplicemente non c'è più». Non solo: «Bersani aveva chiesto un voto per Prodi e tutti avevano detto di sì. Ma poi quel voto non c'è stato». Come dire: il segretario è stato sfiduciato nei fatti.
IL CENTRODESTRA - Oltre al M5S anche il centrodestra esprime soddisfazione. Sin qui non ha avuto molta voce in capitolo nella scelta dell'inquilino del Colle, ma la prova di forza giocata fuori dall'aula di Montecitorio - i grandi elettori di Pdl, Lega e Fratelli d'Italia non hanno partecipato alla quarta votazione - consente loro di gongolare e di rilanciare. «A questo punto deve essere il centrodestra a presentare una lista di nomi» ha sottolineato Renato Schifani. Anche Silvio Berlusconi può dirsi soddisfatto: aveva incassato in malomodo il dietrofront su Marini, «che pure avevamo scelto da una rosa di nomi proposta dallo stesso Pd». E aveva parlato di tradimento, optando per l'Aventino pomeridiano che ha enfatizzato il malumore e messo al riparo i suoi dal rischio di un coinvolgimento in manovre di voti segreti e concessioni sottobanco. «La candidatura di Marini è stata accantonata violando la parola data - ha commentato nel pomeriggio il Cavaliere - . Gli eredi del Pci non hanno abbandonato i vecchi vizi: invidia, sete di potere, stalinismo e Stato padrone». «Ma noi - ha aggiunto - siamo in campo. E se si andrà ad elezioni io ci sarò. E sarò il candidato premier».
19 aprile 2013 | 21:43