anche tu eri in riunione il 27 ottobre 1997?
NO GUARDAVO IL TELEVIDEO..............!!!!!!!!!!!!!!!!!


LEGGETEVI QUESTO.....PER NON DIMENTICARE MAI.....HANNO SOLO CAMBIATO L'ORDINE DELLE COSE...PARTENDO DA TOKIO...
Lunedi' di panico sul mercato americano. L' indice Dow Jones brucia il 7, 2 % . E nella notte ribassi in Giappone, Australia e Nuova Zelanda
Wall Street crolla e chiude mezz' ora prima
Caduta storica del listino, che perde 554 punti. Appello della Casa Bianca: bisogna conservare la calma. Rubin: nessun aiuto alle tigri asiatiche. Sull' onda Usa tracollo dei mercati sudamericani. Greenspan alle prese con la sua terza crisi. Kaufman: il terremoto non e' finito. 1987 1997, nove ribassi in un decennio d' oro
----------------------------------------------------------------- Lunedi' di panico sul mercato americano. L'indice Dow Jones brucia il 7,2 % . E nella notte ribassi in Giappone, Australia e Nuova Zelanda Wall Street crolla e chiude mezz'ora prima Caduta storica del listino, che perde 554 punti. Appello della Casa Bianca: bisogna conservare la calma Rubin: nessun aiuto alle tigri asiatiche Sull'onda Usa tracollo dei mercati sudamericani DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - In una giornata ancora piu' drammatica del lunedi' nero di 10 anni fa - 10 anni e una settimana, per l'esattezza - Wall Street e' stata ieri salvata dai meccanismi di sospensione automatica delle trattazioni, introdotti proprio per evitare un nuovo crac. Alle 15.30 (21.30 in Italia), a mezz'ora dalla normale chiusura, quando la perdita dell'indice Dow Jones dei titoli industriali ha raggiunto i 554 punti, la campanella ha fatto calare il sipario sul mercato, salvandolo dal k.o. Con Wall Street, hanno sprangato i battenti anche gli altri mercati, a cominciare da quello delle merci di Chicago, e l'America ha tratto un sospiro di sollievo. In termini numerici, e' la massima caduta di tutti i tempi, quella del 19 ottobre dell'87, infatti, era stata di 508 punti. Ma, in percentuale, e' molto inferiore: 7,2 % , contro piu' del 22 % di allora. Una differenza enorme, che ha indotto una sparuta minoranza di ottimisti a definire il calo un "incidente di percorso, sia pure serio", e a pronosticare una ripresa nei prossimi giorni. Ripresa che e' attesa alla verifica dei fatti oggi, una giornata campale per la finanza americana. E, sull'onda del tracollo Usa, i mercati sudamericani hanno subito un durissimo colpo: Buenos Aires ha perso il 13,24 % ; Citta' del Messico il 13,34; San Paolo 14,97 % . Una discesa inferiore si e' registrata a Santiago del Cile (5,1 % ). Come New York anche in Canada la peggiore performance della storia: o6 % a Toronto. Il crollo di Wall Street, che secondo gli esperti e' costato agli investitori circa 550 miliardi di dollari, e' avvenuto nella parte finale delle trattazioni. Per tutta la giornata, l'indice Dow Jones era sceso, nonostante una sospensione di 5 minuti quando la sua perdita aveva superato i 100 punti. La crisi e' esplosa alle 14.30. In preda al panico, gli investitori hanno fatto calare l'indice di 350 punti, e gli stop automatici hanno bloccato tutto per mezz'ora. Ma alle 15, alla ripresa, la fuga e' ricominciata in un clima di disperazione, e in soli 30' il Dow Jones e' crollato di altri 200 punti. "E' difficile condividere le speranze degli ottimisti, tra cui c'ero anch'io - ha commentato l'economista Allan Sinai -. Nessuno puo' dire con certezza che cosa sarebbe successo se la Borsa fosse andata avanti fino alle 16". Secondo Sinai e altri analisti, la causa principale del crac e' stata la crisi di Hong Kong, e il timore che si ripercuota duramente su Tokio. Ma potrebbe avervi contribuito anche il rifiuto del ministro del Tesoro, Robert Rubin, di intervenire in difesa delle "tigri" asiatiche: "Non vi aiuteremo direttamente come il Messico nel '95 - aveva dichiarato Rubin -. Collaboreremo invece con gli organismi internazionali alla ricerca di una soluzione della crisi". Il Dow Jones, che giovedi' era ancora sopra 8.000 punti, si e' cosi' ritrovato a poco piu' di 7.000. Dall'inizio dell'anno, era salito del 25 % : guadagno che e' stato quasi dimezzato dalle ultime scosse. Per oggi, nessuno azzarda previsioni. Anche se dalle prime borse che hanno riaperto i battenti, ieri notte, sono giunti altri segnali allarmanti: la Nuova Zelanda ha ceduto in avvio l'8 % , l'Australia il 4 % e Tokio l'1,7 % . Ma la Casa Bianca ha cercato di dissipare l'allarme, con un invito alla calma, e con dichiarazioni confortanti sulla "solidita' dell'economia americana". Wall Street spera in una parola di conforto del governatore della Riserva federale, Alan Greenspan, che deporra' domani al Congresso. Se Greenspan indicasse che il 22 novembre, alla prossima riunione del comitato direttivo, la Riserva federale non rialzera' i tassi, Wall Street ritroverebbe la propria fiducia. Nel giudizio di molti e' quasi certo che il governatore lascera' gli interessi invariati: "Non credo che prendera' una misura che sarebbe controproducente" ha dichiarato Jim Glassman della Chase. Forse se non fosse scoppiata questa crisi lo avrebbe fatto, ma si rende conto che adesso sarebbe un errore". ----------------------------------------------------------------- IL PRESIDENTE DELLA FED Greenspan alle prese con la sua terza crisi Domani, il signore del dollaro e delle Borse del mondo intero dovrebbe parlare. Un'audizione fissata da tempo davanti al Congresso americano durante la quale Alan Greenspan era atteso al varco del tormentone solito dei tassi d'interesse. Distribuira' un cibo diverso per le riflessioni dei legislatori americani. Questa, per il presidente della Federal Reserve, e' la terza crisi di Wall Street, dopo quelle dell'87 e dell'89. Le prime due, superate brillantemente, tutto sommato. Questa, da affrontare con il peso di un'esperienza che nessun'altro piu' di lui possiede. Greenspan, la Fed e il Tesoro di Robert Rubin avevano pronto da tempo un piano di crisis management per un caso come questo. E ieri i primi segni si sono visti. La sospensione di mezz'ora delle attivita', prima, cosa mai vista a Wall Street, e poi addirittura la chiusura anticipata della sessione sono i risultati delle decisioni che furono prese proprio dopo il crollo del 19 ottobre 1987 dalla cosiddetta Commissione Brady, incaricata di studiare le contromisure per crisi del genere. In sostanza, fermare le bocce per permettere agli investitori, grandi e piccoli, di pensare: in se' non una garanzia ma qualcosa che toglie la pressione e il panico da crash. Di un piano di intervento di emergenza piu' o meno segreto, d'altra parte, si parla da tempo: immissione di liquidita' nel sistema, soprattutto, nel caso le cose dovessero mettersi davvero male. Cosi' Greenspan ordino' dieci anni fa e cosi' potrebbe fare se la situazione peggiorasse nei giorni prossimi, a Wall Street, in Asia o in America Latina. Per ora, lascia i mercati a scommettere. Della situazione della Borsa di New York, Greenspan era preoccuapto da un anno: il famoso avvertimento sull'"esuberanza irrazionale" dei mercati e' del dicembre scorso e, da allora, il presidente della Fed e' intervenuto almeno due altre volte per lanciare messaggi di prudenza simili. Poi, negli ultimi tempi, l'entusiasmo dei sostenitori della Nuova Era nell'econoimia aveva fatto correre l'idea che anche Greenspan fosse un convertito, un adepto del credo del New Paradigm per il quale i prezzi delle azioni possono crescere con limiti molto piu' alti che un tempo. Greenspan, in realta', di queste nuove teorie non e' mai stato convinto fino in fondo. Quello che si e' visto ieri, in effetti, racconta soprattutto una cosa: che nonostante l'economia americana sia in piena forma, come ha detto ieri notte Rubin, e le imprese vadano mediamente bene, gli choc esterni possono innescare istinti violenti. ----------------------------------------------------------------- L'INTERVISTA / "Tutto dipende da Hong Kong e Tokio. Mi sembra inevitabile una mobilitazione dei Paesi piu' avanzati" Kaufman: il terremoto non e' finito Il guru statunitense: se anche ce la cavassimo, l'economia rallentera' "Un altro caso Messico. Molte banche in crisi per i prestiti concessi al Sud - Est asiatico" DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK - "Confesso che questa caduta mi ha sorpreso. Quando ho visto che Hong Kong era di nuovo in crisi, mi sono detto: per Wall Street oggi sara' un brutto giorno. Ma non pensavo che lo sarebbe stato fino a questo punto. Speravo che tutto sommato il buon andamento delle obbligazioni limitasse le perdite. Invece, dopo il calo del 4 % di giovedi' e venerdi' scorsi, la Borsa ne ha subito un altro molto grave". Come andra' nei prossimi giorni? "Tutto dipendera' da Hong Kong e dal Giappone. Se Hong Kong adottera' misure d'emergenza, un forte rialzo dei tassi ad esempio, e se la Borsa giapponese resistera' alle pressioni sempre piu' violente a cui e' sottoposta, Wall Street frenera' la sua emorragia, e forse anche si riprendera'. In caso contrario, avvertiremo ulteriori scosse". Al telefono dal suo ufficio a Manhattan, Henry Kaufman, numero uno dei guru dello Stock Exchange, non nasconde l'allarme. Di recente, Kaufman si era schierato con il governatore della riserva federale, Alan Greenspan, ammonendo che "l'esuberanza" di Wall Street era eccessiva. Adesso, il guru teme che il terremoto asiatico investa il mercato azionario americano. Perche' questo timore? "Perche' molte nostre multinazionali potrebbero denunciare i profitti inferiori al previsto, a causa delle flessioni delle loro esportazioni in Asia, e molte banche potrebbero trovarsi in difficolta' per i prestiti fatti alle tigri asiatiche. E anche se Wall Street se la cavasse in questo frangente, il '98 non sara' piu' come gli ultimi tre anni, veri anni di vacche grasse. Probabilmente, l'attivita' economica diminuira', sia pure di poco, e la Borsa ne risentira". Mi sbaglio, o teme soprattutto il fattore Giappone? "Prima parliamo di Hong Kong, che rischia di dover svalutare la sua moneta. Come tutti i governi, Hong Kong dice che non lo fara' mai. Ma per mantenere la parola, dovra' rialzare molto i tassi. Cio' creera' uno scompiglio: negli ultimi 18 mesi, le sue proprieta' immobiliari si sono apprezzate del 50 % e si deprezzerebbero di colpo. Hong Kong potrebbe mantenere questo tipo di difesa al massimo 30 - 40 giorni". E dopo? "Se risultasse insufficiente dovrebbe deprezzare la sua moneta, costringendo altri Paesi della regione a farlo. In quel modo, ci andrebbe di mezzo il Giappone, il loro maggiore esportatore e finanziatore". Ma il Giappone, non ha gia' toccato il fondo? "No, le sue banche sono le piu' esposte, e qualcuna potrebbe chiudere i battenti. I suoi commerci dovrebbero riorientarsi sull'America, provocando altre tensioni con noi. In ogni caso, la sua ripresa economica verrebbe posticipata, e la globalizzazione segnerebbe il passo. Non vedo come in queste condizioni la Borsa giapponese riuscirebbe a evitare un altro tonfo". Non c'e' nulla che l'Occidente puo' fare? "Puo' lavorare con il Fondo monetario internazionale e gli altri organismi appositi per stabilizzare la situazione finanziaria in Asia. Il nostro ministro del Tesoro, Robert Rubin, ha dichiarato che gli Stati Uniti non intendono intervenire personalmente, come fecero quando salvarono il Messico nel corso del '95. Ma una mobilitazione dei Paesi piu' avanzati mi sembra inevitabile. E nell'interesse dei nostri mercati azionari, quanto prima ci sara' un'operazione coordinata, tanto meglio sara' per tutti". ----------------------------------------------------------------- I CALI RECORD DELL'INDICE 1987 - 1997, nove ribassi in un decennio d'oro Il crollo di ieri rappresenta la caduta piu' ampia, in termini di punti, registrata da Wall Street che tuttavia esce da anni di crescita boom: * 27 OTTOBRE 1997: o554,26 punti a 7.161,15 (o7,2 % ) * 19 OTTOBRE 1987: o508 punti a 1.738,74 (o22,6 % ) * 15 AGOSTO 1997: o247,37 punti a 7.694,66 (o3,1 % ) * 23 GIUGNO 1997: o192,25 punti a 7.604,26 (o2,5 % ) * 13 OTTOBRE 1989: o190,58 punti a 2.569,26 (o6,9 % ) * 23 OTTOBRE 1997: o186,88 punti a 7.847,77 (o2,3 % ) * 8 MARZO 1996: o171,24 punti a 5.470,45 (o3 % ) * 15 LUGLIO 1996: o161,05 punti a 5.349,51 (o2,9 % ) * 13 MARZO 1997: o160,48 punti a 6.878,89 (o2,3 % )
Caretto Ennio, Taino Danilo
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(28 ottobre 1997) - Corriere della Sera