Con Silvio riparte il ballo del mattone LA TENDENZA/ IL SETTORE DALLA FINE DELLO SCORSO ANNO È ENTRATO IN CRISI, SOPRATTUTTO A CAUSA DELLA FINE DEL LUNGO CICLO IMMOBILIARE. GLI OPERATORI CHIEDONO CHE IL PREMIER AVOCHI A SÉ LE DECISIONI
ADRIANO BONAFEDE
San Silvio, ora pensaci tu. Il mondo delle costruzioni è galvanizzato dall’arrivo del nuovo governo Berlusconi. Nell’immaginario collettivo di palazzinari, general contractor e medie imprese del settore, l’esecutivo che sta per materializzarsi porterà una nuova età dell’oro per chi vive costruendo case, ponti, autostrade, metropolitane. Un’epoca di minori lacci e lacciuoli, di sveltimento burocratico (per non dire di vero e proprio ‘salto’ dell’apparato amministrativo come fu la Legge Obbiettivo), e di maggiori risorse pubbliche a disposizione sta, nei sogni degli operatori, per divenire realtà. A patto che Berlusconi mantenga gli impegni presi in campagna elettorale (e quello annunciato sulla ripresa del Ponte dello Stretto ha già procurato un bel volo alle azioni di Impregilo, guidata dalla cordata LigrestiGavioBenetton). E, per incoraggiarlo a mantenere le promesse, i costruttori chiedono che sia proprio il nuovo presidente del Consiglio ad avocare a sé le decisioni più importanti.
A ben guardare, tuttavia, la fiducia nel nuovo/vecchio premier non sembra poi così ben riposta, secondo una semplice analisi dei dati di fatto. Almeno per quanto riguarda le opere pubbliche, uno dei comparti chiave delle costruzioni. Nel 2005, infatti, il governo guidato dal Cavaliere chiuse improvvisamente i rubinetti della spesa, preoccupato per la crescita del deficit e la risalita del debito pubblico. «Gli investimenti in opere pubbliche spiega Lorenzo Bellicini, direttore tecnico del Cresme, uno dei più accreditati istituti di ricerca del settore ebbero quell’anno una flessione di circa il 5 per cento, nel 2006 scendono ancora dell’1,2 per cento e si riprendono soltanto nel 2007, con Prodi, con un più 1,2». Complessivamente, secondo i calcoli dell’Ancpl (Lega delle Cooperative), le risorse per nuovi investimenti erano calate notevolmente tra il 2004 e il 2006.
Ma il passato è già bell’e dimenticato, il cuore dei costruttori è generoso, soprattutto con chi a torto o a ragione viene ritenuto più in sintonia con la propria visione del mondo. E un Berlusconi più forte di prima significa, nella mente degli operatori, una ripresa del settore.
Una ripresa che è insieme un auspicio e una speranza. Perché proprio sul 2008 si addensano molte nubi. Gli investimenti, in tutti e quattro i comparti delle costruzioni (residenziale, non residenziale pubblico e non residenziale privato, opere pubbliche) sembrano stagnanti, se non in leggero calo. Il Cresme ha stimato un meno 0,4 per cento sia per il 2007 che per il 2008. Il fatto è che nell’anno appena trascorso è venuto meno l’apporto del segmento residenziale, che per molto tempo aveva coperto le magagne degli altri, meno brillanti, comparti. «La fine del più lungo boom immobiliare è ormai alle nostre spalle», dice Bellicini. «Le compravendite sono scese lo scorso anno del 4,6 per cento, e nelle grandi metropoli si è arrivati a un meno 78 per cento». L’inevitabile fine del ciclo, innescato e acuito dallo scoppio della crisi dei subprime, pesa come un macigno sul futuro delle costruzioni. E non soltanto di quelle italiane, che valgono intorno al 78 per cento del Pil (ma all’Anci, l’associazione dei costruttori, preferiscono indicare il 14 per cento comprendendo tutto l’indotto). Basti pensare che in Spagna, ad esempio, la quota sul Pil delle costruzioni è stimata sul 20 per cento. Sempre in Spagna si costruiscono circa 770 mila abitazioni all’anno, contro le 340 mila italiane.
Dato questo forte rallentamento delle vendite, i nuovi cantieri residenziali vano avanti con il contagocce. Ma l’effetto negativo è ancora tutto da vedere. Perché nel settore delle costruzioni è come se tutto fosse sfasato di uno o più anni, a seconda del comparto. In questo caso, i vecchi cantieri residenziali vanno avanti, ma se ne aprono meno di nuovi. Le case continueranno a essere vendute, sebbene ci sia un calo, ma in un lasso di tempo più lungo e se la crisi continuasse i riflessi sulla produzione, sull’occupazione e sull’intera economia potrebbero essere ben più pesanti.
Per questo ora il mondo delle costruzioni si attende un rilancio da parte del governo Berlusconi. Nei due settorichiave: le opere pubbliche e l’edilizia residenziale. «La necessità di opere pubbliche dice Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance è chiara dato il grandissimo ritardo infrastrutturale accumulato rispetto all’Europa: noi spendiamo circa 1 punto percentuale di Pil all’anno in questo segmento, contro il 2 della media europea. È facile farsi i conti di quanto abbiamo perso soltanto negli ultimi dieci anni».
L’altro grande intervento atteso dai costruttori è quello sull’edilizia residenziale. È chiaro che leggi e interventi non possono bloccare la fine di un ciclo immobiliare. «Però dice sempre Buzzetti è sperabile che Berlusconi voglia davvero puntare sull’edilizia economica e popolare, come ha detto di voler fare in campagna elettorale. Gli interventi nell’housing sociale sono stati interrotti da molti anni, a parte i 560 milioni messi a disposizione quest’anno dal governo Prodi con un intervento a favore dei più deboli. Ma non bastano».
L’intervento del nuovo governo a favore delle costruzioni che costituirebbe un indiretto aiuto alla crescita del Pil, minacciata dai timori di recessione europea e internazionale ha però bisogno di fondi. Sarà in grado Berlusconi che presumibilmente sarà tirato per la giacchetta per rispettare i non pochi impegni presi su vari fronti, dall’aiuto alle famiglie all’Alitalia, dall’Ici al bollo per l’auto di trovarli e finalizzarli? «Niente paura dice Romano Galossi, membro del consiglio d’amministrazione dell’Ancpl, l’Associazione dei costruttori della Lega Coop le risorse ci sono». Le ha trovate il governo Prodi lasciandole a Berlusconi su un piatto d’argento: «Nella Finanziaria per il 2007 gli stanziamenti a favore delle opere pubbliche erano aumentati del 23 per cento, con l’ultima Finanziaria c’è un altro 19,5 per cento in più. Il problema vero è come accelerare l’iter procedurale. Per questo sarebbe meglio che, almeno per i lavori più importanti, fosse Berlusconi stesso ad avocare a sé le decisioni». «È prioritario semplificare e accelerare le procedure», gli fa eco Buzzetti. «Inoltre, occorre che la programmazione degli investimenti sia ordinaria e continua, non si può assistere ogni anno a un balletto di cifre. Il settore ha bisogno di certezze».