Sul terrorismo

Stato
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stasera:
CANALE 5
ore 21.10 Patch Adams Film drammatico 1998 Robin Williams, Monica Potter, Daniel London, Philip Seymour Hoffman Tom Shadyac

la storia di colui che ha contribuito e contribuisce a salvare migliaia di bambini in tutto il mondo iniziando a farli sorridere.
vorrei conoscere un sacco di gente che rivede questo film con piacere e poi si riunisce per riflettere, creare e concordare attività comuni....
in ogni grande città c'è sicuramente un centro che fa queste cose..... ed anche in qualcuna piccola.


poi.... anche accendere candele sui davanzali....
 
zappolaterra ha scritto:
stasera:
CANALE 5
ore 21.10 Patch Adams Film drammatico 1998 Robin Williams, Monica Potter, Daniel London, Philip Seymour Hoffman Tom Shadyac

la storia di colui che ha contribuito e contribuisce a salvare migliaia di bambini in tutto il mondo iniziando a farli sorridere.
vorrei conoscere un sacco di gente che rivede questo film con piacere e poi si riunisce per riflettere, creare e concordare attività comuni....
in ogni grande città c'è sicuramente un centro che fa queste cose..... ed anche in qualcuna piccola.


poi.... anche accendere candele sui davanzali....


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Angoscia, rabbia e paura: i racconti di testimoni e familiari
La telefonata di un bambino durante l'irruzione del commando
La voci della scuola di Beslan
"Papà aiuto, ci stanno sparando"
dal nostro inviato GIAMPAOLO VISETTI


L'angoscia dei familiari
degli ostaggi

BESLAN (Ossezia del Nord) - Non cercano pietà. Anzi, vorrebbero essere invisibili. Ma le loro storie sono quelle della scuola dei bambini prigionieri. Non si può tacerle. Marcano un prima e un dopo, a Beslan. Prima dei terroristi che hanno preso gli scolari come scudi umani, e dopo quel che sarà. Madri, papà, nonni e ragazzi che non saranno più li stessi. Come la Russia, e come tutti quando un limite di sicurezza umana viene abbattuto.

"Volevano uccidermi" - Zaur Rubaev ha 17 anni e frequenta l'ultimo anno delle superiori. È rimasto ferito durante i primi scontri nella scuola assaltata dai terroristi. "Non ero ancora nel cortile - racconta - quando ho sentito gli spari e le bombe. Ho capito che stava succedendo qualcosa e sono scappato. Poi mi è squillato il telefonino. Era la mamma che chiedeva dove fosse mio fratello minore Khasan. Le ho detto di stare lontana dalla scuola, che presto entrambi saremmo arrivati. Una bugia, Khasan era là dentro. Sono corso per portarlo fuori, ma davanti al portone un guerrigliero mi ha sparato. La gamba ha ceduto e sono caduto nel cortile. Per alcuni minuti hanno cercato di colpirmi a morte dall'interno dell'edificio: poi un soldato mi ha preso e mi sono risvegliato all'ospedale. Ora spero di salvare il mio ginocchio".

"Sono riuscito a fuggire" - Il tredicenne Alan Khostov è riuscito a scappare da una finestra non controllata dai terroristi. "Il commando - spiega - è entrato dall'ingresso principale, quello delle elementari. Ho visto alcuni uomini con le tute mimetiche e folte barbe nere. Gridavano e sparavano con i mitra, alcuni lanciavano bombe a mano nei corridoi. Noi delle classi più avanzate siamo fuggiti verso la seconda uscita della scuola. Qualcuno ce l'ha fatta, altri hanno dovuto fermarsi per evitare di essere colpiti. Io sono salito al primo piano sul retro, dove le finestre danno sul giardino. Prima ho pensato di nascondermi. Quando ho sentito i terroristi salire e sparare con i kalashnikov nelle aule, mi sono buttato dalla finestra. Una voce mi ha intimato di fermarmi, ma mi sono messo a correre e non ho pensato più a niente".


"Hanno ucciso mio marito" - Nadia Gadijev, 34 anni, singhiozza da sola sotto gli alberi davanti alla scuola. Un cugino l'ha avvisata che suo marito Aslan è tra le vittime. "Là dentro abbiamo le nostre due figlie - grida - che non c'entrano nulla con i ceceni. Aslan le aveva appena lasciate per andare al lavoro. Ha sentito gli scoppi e ha visto i terroristi correre nei corridoi. È tornato per portare via le bambine. Prima mi ha telefonato per dirmi che andava tutto bene, che non dovevo avere paura. Lo hanno visto correre verso la palestra, e gridava ai guerriglieri di prendere gli adulti e lasciare i bambini. Era disarmato, era il papà più dolce del mondo, un uomo buono. Voleva salvare le nostre figlie: le avevamo attese per anni. Me lo hanno ucciso con un colpo di bazooka. Non so se le bambine lo sanno, se l'hanno visto: e non so nemmeno se rivedrò mai loro".

"Li strozzerei con le mie mani" - Alexander Karbullaev da ventiquattro ore non si muove dalla strada davanti alla scuola. Non ha nessuno là dentro. "Ma voglio esserci - sibila - quando potremo mettere le mani addosso a quelle bestie". Ha 76 anni, è invalido ma, dice, "andrei a strozzare i terroristi a mani nude. Però anche le nostre autorità sono colpevoli: non ci hanno difeso, i loro figli sono protetti, i nostri rischiano di essere uccisi. Sono anni che i ceceni rapiscono la gente, che viviamo nella paura. Abito a Alkhan-Ciurt, a 8 chilometri dalla frontiera con l'Inguscezia: dieci persone sono scomparse e nessuno si è mosso. Questi hanno potuto arrivare in una scuola armati fino ai denti e sequestrando un camion della polizia. Spero che mi lascino un terrorista e che la popolazione si ribelli ad autorità che pensano solo ai soldi".

"Ci hanno fatto diventare nemici" - Irina Magamadov, 64 anni, aspetta su uno sgabello pieghevole la figlia e il nipotino Alexander di un anno e 10 mesi. Piove a dirotto, alle tre del mattino, ma lei non smette di pregare e rifiuta di andare al coperto del teatro. "Ci hanno fatto diventare nemici - si lamenta - per amore dei dollari del petrolio. Ma perché non prendono me, sono pronta. Chiedete a Putin perché ceceni, ossezi e ingusci si ammazzano, perché Mosca non se ne va dalla Cecenia. Se davvero vogliono salvare gli ostaggi, si ritirino. Altrimenti sono parole e nessuno ci crede. L'Ossezia è diventato un territorio cuscinetto, sono passati 14 anni dai primi scontri e non ne possiamo più. Le autorità ci hanno venduto: ma le loro famiglie sono in vacanza all'estero, mentre a pagare è sempre la povera gente".

"Ho parlato con mio figlio, piangeva"
- Rosa Zalieva, 31 anni, passeggia in ciabatte e vestaglia davanti al teatro allestito per i parenti dei sequestrati. Tiene stretto il telefonino in mano, a ogni passo guarda lo schermo. "Mio figlio Albert - racconta - mi ha telefonato dieci minuti dopo l'irruzione. Mi ha detto che la scuola era piena di terroristi, che sparavano agli adulti e minacciavano di uccidere le donne. La sua classe era stata imbottita di esplosivo. Piangeva, continuava a ripetere di essersi dimenticato la giacca nuova nel cortile. Mi ha chiesto perfino di non sgridarlo, quando tornerà a casa. Io ho cercato solo di dirgli quanto papà e io gli vogliamo bene. Quando mi stava per dire dove lo avevano portato, la linea è caduta. Non l'ho più ripresa".

"Non bisogna perdere la speranza" - Alan, 57 anni, è il pope del quartiere. Da due giorni cammina tra la folla in lacrime per non far spegnere la speranza. "Devono credere - dice - che non tutto è perduto. Il problema più grande è evitare un crollo psicologico collettivo. I terroristi hanno detto che non faranno del male ai bambini, che se non saranno attaccati non ammazzeranno nessuno. Ho parlato con centinaia di madri e di padri, di nonni e di fratelli, di figli dei professori sequestrati. Vivono questi fatti come un'ingiustizia, come il segno dell'inesistenza di Dio. Io invece dico che Dio è il nostro maggiore alleato, che veglia per non lasciar morire la fiducia, la fede nella grandezza dell'uomo. Certo che poi è difficile guardare negli occhi quella mamma che ha perso il marito e la figlia: avevano ancora in mano il suo mazzo di fiori per la maestra".
 
.....
Un sito internet dell''Esercito islamico', il gruppo che detiene anche i due giornalisti francesi, ha pubblicato una fotografia, scattata dopo la sua uccisione, di Enzo Baldoni. La famiglia del giornalista ha rivolto un appello ai media italiani affinche' la foto non sia pubblicata.

:(

IRAQ: ULTIMO VOLONTARIO ONG ITALIANA,ORA TUTTI VANNO VIA
ROMA - I volontari stanno lasciando in fretta Baghdad. Non e' una fuga, dicono, ma una scelta obbligata per gli ultimi eventi. Partenze improvvise ostacolate anche dalla mancanza di posti disponibili sugli aerei. ''Siamo costretti ad andar via ma non e' una fuga. Partiamo con la morte nel cuore. Sappiamo, infatti, che questo e' un danno per la popolazione irachena''. La testimonianza e' di Giancarlo R. (il cognome e' omesso per motivi di sicurezza), l' unico italiano di una ong italiana ad essere ancora a Baghdad. In questi giorni nella capitale c'e' ancora un'altra italiana, una volontaria di Medicis sans Frontieres. Giancarlo, in partenza in queste ore dalla capitale irachena per Damasco da dove continuera' a seguire le attivita' umanitarie, lavora per Movimondo, una ong che si occupa di interventi sanitari e lo fa in collaborazione con operatori locali. Raggiunto telefonicamente dall'Ansa, parla del clima di queste ore, della tensione, dell'aumento della paura fra i volontari, del dolore per il sequestro di Simona Pari e Simona Torretta e l'obbligo di lasciare l'Iraq. Ed oggi, la decisione di molti volontari di partire da Baghdad, anche se non sara' possibile per tutti perche' gli aerei sono pieni. ''Siamo costretti ad andare via, per salvarci la vita - dice - sappiamo che questo significa un rallentamento del nostro lavoro e un danno per la popolazione, ma non abbiamo scelta''. ''Con Simona Pari e Simona Torretta - prosegue Giancarlo - ci siamo visti spesso. L'ultima volta due giorni fa. Erano tranquille e serene, ma chi se l'aspettava una cosa cosi'?''. Del rapimento, il volontario non sa molto, ''solo quello che riferiscono l'ambasciata e le televisioni''. Ha pero' una convinzione: i rapitori delle ragazze sono stati mossi da motivi di lucro. ''Per me - conclude - sono state rapite da criminali comuni su mandato di qualche associazione terroristica islamica''. Savonese, quarantenne, in Iraq da un anno anche se non continuativamente, Giancarlo R. parla con rabbia della vicenda delle volontarie italiane: ''sono furibondo per questo rapimento. Sono dei vigliacchi. Attaccare i volontari, gli operatori umanitari che sono contro le armi, e usare le donne e' come sparare sulla Croce Rossa''. ''Per noi volontari, oggi - continua - e' una giornata molto diversa dalle altre ma per gli iracheni no, sembra che si stiano abituando a qualunque cosa capiti in questo paese''. Un esempio? ''Questa mattina sono stato al ministero della salute. Di tutte le persone che ho visto e con cui ho parlato, almeno una decina e tutte di alto livello, solo una ha espresso sincero dolore per il rapimento delle due ragazze''. Quanto alle voci di una manifestazione di protesta a Baghdad, il volontario dice: ''Mi sembra impossibile, io non ne so nulla. Le uniche manifestazioni di piazza che ho visto sono state quando l'Iraq ha vinto le partite di calcio alle olimpiadi''. ''La mia giornata oggi si sta svolgendo come al solito - racconta - ho fatto i miei giri. Sono convinto infatti che sia piu' sicuro andare per strada, piuttosto che restare a casa. Vista l'azione mirata di ieri, credo che se c'e' qualcuno che vuole rapirmi, sa dove vivo mentre se vado in giro e' piu' difficile rintracciarmi''. (ANSA).
08/09/2004 20:04
 
1 buona notizia.... :)


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Nel terribile video ripreso dai terroristi nella palestra della scuola di Beslan, Georgy Farniyev è un po' il protagonista. Lo si vede con la sua camicia bianca della festa, le mani sulla testa e lo sguardo terrorizzato, mentre il terrorista gli mostra il detonatore che potrà far scoppiare tutto. Tutti quelli che hanno visto il video si sono probabilmente chiesti che fine avesse fatto quel bambino diventato un po' il simbolo della tragedia di Beslan. Se lo chiedevano con poca speranza, visto che stava lì in prima fila alla mercé delle belve umane. Invece, il miracolo, piccolo ma importante, c'è stato. Georgy è vivo e sta bene. Eccolo ripreso in un'ambulanza. Quasi illeso. Gli occhi sono ancora spaventati. Ma dentro c'è una luce di speranza
 
La scuola di Beslan
di Evghenij Evtushenko

Io sono uno che non ha mai finito una scuola in vita sua
Uno che ha sempre pagato per le malefatte altrui
ma ora vengo a te, Beslan,
per imparare davanti alle rovine della scuola tua.
Beslan, lo so, sono un cattivo padre io,
ma davvero dovrò assistere
alla fine di tutti i cinque figli miei
sopravvivendo nella vecchiaia per castigo?

Lo so, non sono in una città straniera
mentre cerco il mio cuore tra i fiotti del dolore
inciso goffamente col coltello
in quell'ultimo banco bruciato della scuola.

Che cosa sarai mai in Russia tu, o poeta?
Paragonato al tritolo, sei un moscerino.
E non abbiamo oggi scusa alcuna
se sulla terra tutto questo accade.

Come ad un tratto lì a Belsan tutto si fonde ancora:
l'inafferrabilità, il caos, l'orrore
l'imperizia di saper salvare senza fare vittime
e al tempo stesso tutte quelle storie di coraggio.

E il passato, guardandoci, trema
e il futuro, promessa innocente,
tra i cespugli si sottrae al presente
che gli spara alla schiena.

Ma la mezza luna abbraccia la croce.
Tra i banchi bruciati e tra i cespugli
come fratelli vagano Maometto e Cristo
raccogliendo dei bambini i pezzi.

Oh Dio dai tanti nomi, abbracciaci tutti!
Che davvero dovremo seppellire senza gloria
accanto ai bambini di ogni credo
noi stessi nel cimitero di Beslan?

Quando andavano i convogli in Kazakhstan,
stracolmi di ceceni ammassati l'un sull'altro,
il terrore futuro si stava generando là,
nel liquido amniotico di quei nascituri.

Laggiù, in quella prima culla sempre più cattivi,
si stringevano loro, felici di nascondersi così,
eppur sentivano attraverso il grembo della madre

il calcio dei fucili sulle teste.

E certo non pregavano Mosca
che li confinava nella steppa, dove tutto è piatto e spoglio,
come se per incanto sulla terra
Satana avesse cancellato i monti antichi.

Ma la lama ricurva della luna, lì
tra le fessure nei tetti delle case di terra
ricordava loro il segreto dell'Islam
tra gli slogan sovietici dell'inganno

E l'arroganza plebea di Eltsin,
e la fanfaronata di Graciov su quella "guerra-lampo"
li spinsero poi verso i primi attentati,,
e allora alla guerra non ci fu più scampo...

Le kamikaze cecene portano esplosioni sul petto,
alla vita, e al posto della collana al collo.
E come sempre, tanti più morti si lasciano alle spalle
tanto più basso è il prezzo della vita.

Com'è cambiato il volto del firmamento,
la tenebra a Beslan esplode solo per i tank,
e ha sussultato al pensiero della fine
in quella scuola e il quel campo di basket laggiù
la mina innescata da Stalin.

Ma a niente serve la vendetta.
Salvaci, Dio dai molti nomi, dalla vendetta.
Finché ci sono ancora bimbi vivi,
non ci dimentichiamo la parola "insieme".

Nessuno di noi è eroe da solo,
ma dinnanzi alla nuda verità tutti noi siamo nudi.
Io sto insieme ai bambini bruciati.
Sono anch'io uno di loro... Uno della scuola di Beslan.

(traduzione di Nadia Cicognini)

(9 settembre 2004)
 
Le kamikaze cecene portano esplosioni sul petto,
alla vita, e al posto della collana al collo.
E come sempre, tanti più morti si lasciano alle spalle
tanto più basso è il prezzo della vita.

Com'è cambiato il volto del firmamento

No, il volto del firmamento è sempre, speriamo, lo stesso
 
Washington, 15:51
Sudan, Powell: nel Darfur commesso un 'genocidio'

"E' stato commesso un genocidio" nella zona del Darfur, in Sudan. Lo ha detto il segretario di stato Usa, Colin Powell, di fronte a una commissione del Congresso a Washington.

un sentito grazie per avercelo comunicato.
 
franci ha scritto:
mO, E STAVOLTA... io, NON CI STO

sUI SI TRATTA DI ESSRECImI SPIACE PER IL VOstro sito


Francesca
nella pagina precedente Argema invitatava alcuni utenti a "cambiare" il tono nei post di questo thread, nato per un preciso scopo e non certo per alimentare polemiche.
Leggo ora questo tuo msg, e non capisco nemmeno con chi ce l'hai, ma non mi sembra proprio il caso che il msg rimanga ad imbrattare il thread.
Mi dispiace, se vuoi prendertela con me ti prego di non farlo su questo post.

Mister Pink
 
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