SINIBALDO
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L’Ufficio legale della Telecom Italia SpA è dunque al lavoro per redarre il ricorso al TAR del Lazio per richiedere l’annullamento del provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) che ha comminato all’azienda di arco Tronchetti Provera una maxi-multa di 152 milioni di euro per “intralcio alla libera concorrenza”.
La decisione di ricorrere al Tribunale amministrativo è stata deliberata dal Consiglio di amministrazione riunito a Milano che ha anche dichiarato “esorbitante” e “ingiustificato” lo stesso ammontare della sanzione imposta.
Il ciclone della mega-multa è tra l’altro giunto sul tavolo della Telecom mentre questa stava attivando una strategia di scalata e fusione con la Tim.
E’ da rilevare che la legislazione “antitrust” è un insieme di regolamenti e/o norme che contrastano la creazione di trust, ovvero di conglomerati industriali con dimensioni e interessi troppo estesi per la logica del mercato liberale concorrentistico.
Per estensione riguarda anche la disciplina della concorrenza poiché salvaguarda il mercato dai monopoli privati, dannosi per i prezzi e per i consumatori.
All’origine della situazione attuale, ci fu all’epoca una politica di denazionalizzazione di molti settori statali, fra cui quello delle telecomunicazioni, nell’ottica iper-liberista dei governi al potere.
L’assetto statale di una compagnia, che un tempo era chiamata Sip, venne smembrato con l’intento di creare un nuovo mercato cosiddetto “libero” della telefonia in grado di adeguarsi alle leggi economiche della libera concorrenza in modo da porsi nelle stesse condizioni dei gemelli atlantici,nel nome della mondializzazione.
Mentre in Italia la privatizzazione e lo smembramento ha avuto subito corso all’indomani del crollo del Muro di Berlino e delle “deregulations” imposte dalla politica economica della superpotenza americana, nello stesso continente europeo le due altre maggiori aziende di tlc, France Telecom e Deutsche Telekom, sono rimaste fino ad oggi sotto un pacchetto di controllo pubblico.
Dopo lo “spezzatino” nazionale e fino ad ora, una di queste compagnie ha prevalso su tutte: Telecom Italia Spa.
Grazie anche ad una condizione privilegiata: il controllo (di origine pubblica) della rete nazionale ex statale del settore telefonico.
La società ha avuto così la possibilità di concedere il servizio alle altre neo-compagnie ad un prezzo da lei stabilito.
Da qui l’intervento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato per richiamare all’ordine l’azienda, minacciando rigidi provvedimenti.
Più precisamente, l’Antitrust - un organismo che di fatto tutela il sistema del “libero mercato” - aveva già manifestato dissenso sul comportamento ritenuto scorretto di Telecom nei confronti dei suoi concorrenti nel 2001.
Si minacciavano sanzioni economiche salate in caso di perseguimento della politica di concorrenza detta scorretta, che scaturiva dalla posizione dominante di ex-monopolio statale: le infrastrutture telefoniche, infatti, venivano ancora gestite dalla Telecom che ostacolava le concorrenti, inadempiendo l’obbligo di mettere a disposizione degli operatori alternativi le canalizzazioni per la stesura dei cavi, fibre ottiche, ecc.
La sanzione si è dunque concretizzata in questi giorni.
Ancora oggi l’azienda possiede non solo la più grossa fetta di mercato dei servizi finali venduti, ma anche il controllo dei servizi intermedi su cui le società concorrenti basano i loro prodotti telefonici per il pubblico.
L’accusa di questi giorni denuncia pressappoco la stessa strategia degli anni scorsi: “abuso della propria posizione dominante sui mercati dei servizi di telecomunicazioni su rete fissa all’utenza affari” e “condotte abusive accertate dall’Autorità nell’ambito di una strategia unitaria.
Chiaramente definita a livello centrale, volta al perseguimento dell’obiettivo esplicito di escludere gli avversari preservando così la dominanza del mercato dei servizi finali, quanto di quello dei servizi intermedi rivolti ai propri concorrenti”, dichiara l’Agcm.
Le precisazioni, contenute nell’accertamento delle violazioni, così, appesantiscono notevolmente l’imputazione e la multa inerente.
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, è ancora presieduta da Giuseppe Tesauro, ormai a fine mandato.
In sunto, la prima imputazione è quella di precludere al cliente Telecom l’utilizzo di servizi offerti dalle altre compagnie telefoniche tramite delle clausole esplicite di esclusione dei concorrenti.
La seconda sussiste nel procurare ai concorrenti la fornitura dei servizi intermedi che essa tessa gestisce, a prezzi non competitivi poiché rincarati appositamente, mantenendo l’esclusiva dei prezzi più bassi sul mercato dei servizi finali.
Fondandosi su tali elementi l’Autorità ha pertanto comminato a Telecom una sanzione pari a 76 milioni di euro per ciascuna delle condotte censurate.
Una sanzione alquanto pesante.
Su questa multa imposta dall’Agcm, Telecom ha annunciato dunque il suo ricorso al Tar e al Consiglio di Stato, respingendo l’accusa di “posizione dominante”.
A propria discolpa Telecom ribadisce che si “punisce di fatto la posizione che Telecom Italia ha mantenuto, conquistandola giorno per giorno sul mercato”.
Ribatte ancora il cda Telecom che “ritiene il provvedimento dell’Antitrust pregiudizievole soprattutto per il mercato oltre che per la società”.
“La decisione di ricorrere al Tar del Lazio per chiederne l’annullamento, previa richiesta di sospensione in via di urgenza.
Il consiglio ritiene che la politica commerciale della società non abbia mai avuto alcun intento escludente e sia sempre stata finalizzata alla formulazione di offerte volte a soddisfare le esigenze della clientela, nel rispetto dei principi posti a tutela della concorrenza e del mercato”.
“In particolare -prosegue Telecom- le offerte predisposte per la clientela affari non contengono clausole fidelizzanti e da un punto di vista tecnico ed economico, come confermato da economisti indipendenti, sono replicabili da parte di concorrenti efficienti”.
Il consiglio “ritiene che il provvedimento dell’Autorità Antitrust, cui pure verrà data attuazione in ossequio alla legge, alteri le dinamiche del mercato, disincentivi la ricerca di efficienza da parte dei concorrenti ed impatti negativamente sui prezzi dei servizi finali, con l’effetto ultimo di danneggiare i consumatori, il cui interesse dovrebbe essere il primario oggetto di tutela da parte dell’Autorità per la concorrenza”.
Inoltre il cda si dice convinto che “gli impegni proposti da Telecom Italia prima della decisione finale dell’Autorità non siano stati adeguatamente valutati dall’Antitrust stessa, sebbene l’Autorità di regolazione (Agcm) ritenga che essi ‘possono avere significativa influenza sulle condizioni competitive del mercato, ed appaiono idonei ad incidere sulla valutazione della gravità dei comportamenti contestati ’”.
Alla luce “della rilevante e recente prassi decisionale della stessa Autorità Antitrust e della Commissione Europea, ed in considerazione del giudizio espresso dall’Autorità di regolazione, il consiglio ha sottolineato come l’ammontare della sanzione imposta appaia infine ingiustificato ed esorbitante”.
In questi comunicati appare di rilevante importanza un concetto spesso impiegato.
La clientela affari, clienti business, utenza aziendale sono in gergo tecnico sinonimi fra loro: queste terminologie designano quella fascia di mercato telefonico che denomina tutte quelle istituzioni pubbliche, private, no profit, ecc, che possiedono delle linee telefoniche interne e che utilizzano notevolmente anche quelle esterne.
Queste rappresentano il 20% circa dei clienti Telecom, ma solo loro fungono da pilastri per l’intera azienda; infatti, questa apparentemente esigua fetta di mercato, ha un peso enorme sulle entrate Telecom costituendo l’80% circa dei ricavi della compagnia!
E’ dunque chiara la strategia Telecom di preservare questi clienti onorevoli.
Viste così le cose, le accuse hanno un certo fondamento. Che poi anche le altre compagnie abbiano o meno posto anche loro clausole restrittorie, ciò non scagiona l’imputato dall’accusa.
Nell’ambito di posizione dominante nelle telecomunicazioni dell’ex gestore pubblico di tlc, bisogna sottolineare come un molto probabile acquisto da parte di Telecom di una quota consistente delle azioni Tim, detenuta già in minima, parte possa affermare ancora di più questa supremazia.
Gli ingenti proventi della Tim, concorrerebbero a aumentare ulteriormente i profitti della società, oltre che sbaragliare letteralmente gli avversari.
La voce è ancora più confermata dalla mobilitazione 200 milioni di euro di ordinarie e 100 milioni di risparmi Telecom, entrambe erogati dalla tedesca Deutsche Bank di qualche giorno fa.
Inoltre esiste la possibile creazione di una newco tra Tronchetti Provera e Gilberto Benetton nell’affare: i due sono già partner di in Olimpia, e tra l’altro in cerca di soldi per coprire il bilancio in perdita.
Insomma Telecom, guardando ad un futuro non troppo lontano, sta mettendo in opera una strategia di fusioni.
Le aspirazioni dell’azienda di Corso d’Italia, sono quelle di diventare a lungo termine una delle massimo 6 compagnie telefoniche che un giorno si divideranno il mercato globale.
Un cammino-boomerang: se Telecom riuscirà a riaggregare anche Tim, infatti, si tornerà grosso modo alla situazione quo ante, con l’unica differenza - ma sostanziale - che l’azienda pubblica era, con i suoi profitti, di proprietà dei cittadini, mentre oggi è di proprietà di privati.
Peraltro proprio questa strategia di riconsolidamento si fa forte anche del “patrimonio” di investimenti all’estero già realizzato ai tempi della Stet: come ad esempio in Brasile (puntando sull’America Latina), in Serbia (dove il mercato telefonico è praticamente neonato poiché gran parte delle infrastrutture sono da ricostruire o modernizzare), in Grecia, in Uzbekistan, a Cuba, ecc.
Una conglomerazione aziendale che fa tornare la telefonia italiana in una situazione di monopolio, ricalcando buona parte di quello statale di un tempo.
Ecco perché, invece di una multa, noi continuiamo ad auspicare che lo Stato si comporti in modo più incisivo, almeno sottraendo alla Telecom il controllo delle infrastrutture alla base del sistema nazionale di telecomunicazioni per metterla così alla pari con le altre concorrenti.
In quest’ottica sarebbe lo Stato a concedere il servizio alle compagnie, garantendo a tutti l’applicazione delle leggi in materia di concorrenza, evitando che entri in gioco esclusivamente l’interesse del singolo.
Non è di certo affidando il settore ad un privato che l’interesse di tutti viene preservato.
In ogni caso, la situazione attuale penalizza il consumatore, i concorrenti, la qualità del servizio nonché il prezzo di vendita dei servizi prodotti sul mercato.
Quando questa situazione avrà una svolta allora sì che Telecom potrà affermare di essersi guadagnata la sua parte di clientela giorno per giorno. (da Economia)
SINIBALDO
La decisione di ricorrere al Tribunale amministrativo è stata deliberata dal Consiglio di amministrazione riunito a Milano che ha anche dichiarato “esorbitante” e “ingiustificato” lo stesso ammontare della sanzione imposta.
Il ciclone della mega-multa è tra l’altro giunto sul tavolo della Telecom mentre questa stava attivando una strategia di scalata e fusione con la Tim.
E’ da rilevare che la legislazione “antitrust” è un insieme di regolamenti e/o norme che contrastano la creazione di trust, ovvero di conglomerati industriali con dimensioni e interessi troppo estesi per la logica del mercato liberale concorrentistico.
Per estensione riguarda anche la disciplina della concorrenza poiché salvaguarda il mercato dai monopoli privati, dannosi per i prezzi e per i consumatori.
All’origine della situazione attuale, ci fu all’epoca una politica di denazionalizzazione di molti settori statali, fra cui quello delle telecomunicazioni, nell’ottica iper-liberista dei governi al potere.
L’assetto statale di una compagnia, che un tempo era chiamata Sip, venne smembrato con l’intento di creare un nuovo mercato cosiddetto “libero” della telefonia in grado di adeguarsi alle leggi economiche della libera concorrenza in modo da porsi nelle stesse condizioni dei gemelli atlantici,nel nome della mondializzazione.
Mentre in Italia la privatizzazione e lo smembramento ha avuto subito corso all’indomani del crollo del Muro di Berlino e delle “deregulations” imposte dalla politica economica della superpotenza americana, nello stesso continente europeo le due altre maggiori aziende di tlc, France Telecom e Deutsche Telekom, sono rimaste fino ad oggi sotto un pacchetto di controllo pubblico.
Dopo lo “spezzatino” nazionale e fino ad ora, una di queste compagnie ha prevalso su tutte: Telecom Italia Spa.
Grazie anche ad una condizione privilegiata: il controllo (di origine pubblica) della rete nazionale ex statale del settore telefonico.
La società ha avuto così la possibilità di concedere il servizio alle altre neo-compagnie ad un prezzo da lei stabilito.
Da qui l’intervento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato per richiamare all’ordine l’azienda, minacciando rigidi provvedimenti.
Più precisamente, l’Antitrust - un organismo che di fatto tutela il sistema del “libero mercato” - aveva già manifestato dissenso sul comportamento ritenuto scorretto di Telecom nei confronti dei suoi concorrenti nel 2001.
Si minacciavano sanzioni economiche salate in caso di perseguimento della politica di concorrenza detta scorretta, che scaturiva dalla posizione dominante di ex-monopolio statale: le infrastrutture telefoniche, infatti, venivano ancora gestite dalla Telecom che ostacolava le concorrenti, inadempiendo l’obbligo di mettere a disposizione degli operatori alternativi le canalizzazioni per la stesura dei cavi, fibre ottiche, ecc.
La sanzione si è dunque concretizzata in questi giorni.
Ancora oggi l’azienda possiede non solo la più grossa fetta di mercato dei servizi finali venduti, ma anche il controllo dei servizi intermedi su cui le società concorrenti basano i loro prodotti telefonici per il pubblico.
L’accusa di questi giorni denuncia pressappoco la stessa strategia degli anni scorsi: “abuso della propria posizione dominante sui mercati dei servizi di telecomunicazioni su rete fissa all’utenza affari” e “condotte abusive accertate dall’Autorità nell’ambito di una strategia unitaria.
Chiaramente definita a livello centrale, volta al perseguimento dell’obiettivo esplicito di escludere gli avversari preservando così la dominanza del mercato dei servizi finali, quanto di quello dei servizi intermedi rivolti ai propri concorrenti”, dichiara l’Agcm.
Le precisazioni, contenute nell’accertamento delle violazioni, così, appesantiscono notevolmente l’imputazione e la multa inerente.
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, è ancora presieduta da Giuseppe Tesauro, ormai a fine mandato.
In sunto, la prima imputazione è quella di precludere al cliente Telecom l’utilizzo di servizi offerti dalle altre compagnie telefoniche tramite delle clausole esplicite di esclusione dei concorrenti.
La seconda sussiste nel procurare ai concorrenti la fornitura dei servizi intermedi che essa tessa gestisce, a prezzi non competitivi poiché rincarati appositamente, mantenendo l’esclusiva dei prezzi più bassi sul mercato dei servizi finali.
Fondandosi su tali elementi l’Autorità ha pertanto comminato a Telecom una sanzione pari a 76 milioni di euro per ciascuna delle condotte censurate.
Una sanzione alquanto pesante.
Su questa multa imposta dall’Agcm, Telecom ha annunciato dunque il suo ricorso al Tar e al Consiglio di Stato, respingendo l’accusa di “posizione dominante”.
A propria discolpa Telecom ribadisce che si “punisce di fatto la posizione che Telecom Italia ha mantenuto, conquistandola giorno per giorno sul mercato”.
Ribatte ancora il cda Telecom che “ritiene il provvedimento dell’Antitrust pregiudizievole soprattutto per il mercato oltre che per la società”.
“La decisione di ricorrere al Tar del Lazio per chiederne l’annullamento, previa richiesta di sospensione in via di urgenza.
Il consiglio ritiene che la politica commerciale della società non abbia mai avuto alcun intento escludente e sia sempre stata finalizzata alla formulazione di offerte volte a soddisfare le esigenze della clientela, nel rispetto dei principi posti a tutela della concorrenza e del mercato”.
“In particolare -prosegue Telecom- le offerte predisposte per la clientela affari non contengono clausole fidelizzanti e da un punto di vista tecnico ed economico, come confermato da economisti indipendenti, sono replicabili da parte di concorrenti efficienti”.
Il consiglio “ritiene che il provvedimento dell’Autorità Antitrust, cui pure verrà data attuazione in ossequio alla legge, alteri le dinamiche del mercato, disincentivi la ricerca di efficienza da parte dei concorrenti ed impatti negativamente sui prezzi dei servizi finali, con l’effetto ultimo di danneggiare i consumatori, il cui interesse dovrebbe essere il primario oggetto di tutela da parte dell’Autorità per la concorrenza”.
Inoltre il cda si dice convinto che “gli impegni proposti da Telecom Italia prima della decisione finale dell’Autorità non siano stati adeguatamente valutati dall’Antitrust stessa, sebbene l’Autorità di regolazione (Agcm) ritenga che essi ‘possono avere significativa influenza sulle condizioni competitive del mercato, ed appaiono idonei ad incidere sulla valutazione della gravità dei comportamenti contestati ’”.
Alla luce “della rilevante e recente prassi decisionale della stessa Autorità Antitrust e della Commissione Europea, ed in considerazione del giudizio espresso dall’Autorità di regolazione, il consiglio ha sottolineato come l’ammontare della sanzione imposta appaia infine ingiustificato ed esorbitante”.
In questi comunicati appare di rilevante importanza un concetto spesso impiegato.
La clientela affari, clienti business, utenza aziendale sono in gergo tecnico sinonimi fra loro: queste terminologie designano quella fascia di mercato telefonico che denomina tutte quelle istituzioni pubbliche, private, no profit, ecc, che possiedono delle linee telefoniche interne e che utilizzano notevolmente anche quelle esterne.
Queste rappresentano il 20% circa dei clienti Telecom, ma solo loro fungono da pilastri per l’intera azienda; infatti, questa apparentemente esigua fetta di mercato, ha un peso enorme sulle entrate Telecom costituendo l’80% circa dei ricavi della compagnia!
E’ dunque chiara la strategia Telecom di preservare questi clienti onorevoli.
Viste così le cose, le accuse hanno un certo fondamento. Che poi anche le altre compagnie abbiano o meno posto anche loro clausole restrittorie, ciò non scagiona l’imputato dall’accusa.
Nell’ambito di posizione dominante nelle telecomunicazioni dell’ex gestore pubblico di tlc, bisogna sottolineare come un molto probabile acquisto da parte di Telecom di una quota consistente delle azioni Tim, detenuta già in minima, parte possa affermare ancora di più questa supremazia.
Gli ingenti proventi della Tim, concorrerebbero a aumentare ulteriormente i profitti della società, oltre che sbaragliare letteralmente gli avversari.
La voce è ancora più confermata dalla mobilitazione 200 milioni di euro di ordinarie e 100 milioni di risparmi Telecom, entrambe erogati dalla tedesca Deutsche Bank di qualche giorno fa.
Inoltre esiste la possibile creazione di una newco tra Tronchetti Provera e Gilberto Benetton nell’affare: i due sono già partner di in Olimpia, e tra l’altro in cerca di soldi per coprire il bilancio in perdita.
Insomma Telecom, guardando ad un futuro non troppo lontano, sta mettendo in opera una strategia di fusioni.
Le aspirazioni dell’azienda di Corso d’Italia, sono quelle di diventare a lungo termine una delle massimo 6 compagnie telefoniche che un giorno si divideranno il mercato globale.
Un cammino-boomerang: se Telecom riuscirà a riaggregare anche Tim, infatti, si tornerà grosso modo alla situazione quo ante, con l’unica differenza - ma sostanziale - che l’azienda pubblica era, con i suoi profitti, di proprietà dei cittadini, mentre oggi è di proprietà di privati.
Peraltro proprio questa strategia di riconsolidamento si fa forte anche del “patrimonio” di investimenti all’estero già realizzato ai tempi della Stet: come ad esempio in Brasile (puntando sull’America Latina), in Serbia (dove il mercato telefonico è praticamente neonato poiché gran parte delle infrastrutture sono da ricostruire o modernizzare), in Grecia, in Uzbekistan, a Cuba, ecc.
Una conglomerazione aziendale che fa tornare la telefonia italiana in una situazione di monopolio, ricalcando buona parte di quello statale di un tempo.
Ecco perché, invece di una multa, noi continuiamo ad auspicare che lo Stato si comporti in modo più incisivo, almeno sottraendo alla Telecom il controllo delle infrastrutture alla base del sistema nazionale di telecomunicazioni per metterla così alla pari con le altre concorrenti.
In quest’ottica sarebbe lo Stato a concedere il servizio alle compagnie, garantendo a tutti l’applicazione delle leggi in materia di concorrenza, evitando che entri in gioco esclusivamente l’interesse del singolo.
Non è di certo affidando il settore ad un privato che l’interesse di tutti viene preservato.
In ogni caso, la situazione attuale penalizza il consumatore, i concorrenti, la qualità del servizio nonché il prezzo di vendita dei servizi prodotti sul mercato.
Quando questa situazione avrà una svolta allora sì che Telecom potrà affermare di essersi guadagnata la sua parte di clientela giorno per giorno. (da Economia)
SINIBALDO