Claire
ἰοίην
Il fatto è che il covid non fa sconti e con le sue varianti ci pone davanti alle nostre contraddizioni e non consente scorciatoie.
Ci ha mostrato fin dall'inizio che la globalizzazione è arrivata a un livello ineludibile.
Il covid ha messo subito in evidenza le incongruenze del nostro sistema sanitario, che credevamo eccellente, travolgendo RSA e ospedali, e costringendoci a prendere atto che non avevamo più una rete "vicina" di cura e protezione.
Ha smascherato le ingiustizie sociali, tra chi è povero e più debole e chi è ricco e più forte. Lo si è visto dalle preoccupazioni contrastanti che emergevano man mano: da una parte chi invocava l'apertura di ristoranti, discoteche, palestre, piscine, alberghi, spiagge e piste da sci; dall'altra parte chi si metteva in coda per avere almeno un pasto al giorno.
Il covid ha messo ogni Governo davanti alla sfida della coesione e del "comando", non si tratta solo di emanare divieti e distribuire "ristori", ma di avere una bussola e una rotta per affrontare la tempesta. Non si è lasciato impressionare dai leader carismatici.
Il virus ha messo la scienza di fronte alla propria provvisorietà, cosa che ha sorpreso non tanto i ricercatori, già consapevoli, ma noi che alla tecnica abbiamo affidato certezze che non può avere.
Il covid ci ha mostrato che ognuno ha una propria responsabilità individuale inderogabile pena conseguenze per sé e per gli altri.
Ed eccoci al bivio: vaccino e green pass che è un obbligo soft: tutto "facile" per chi si vaccina, mentre per chi ha paura e non vuole, non resta che la via di fuga del tampone. Ma il covid è insensibile alle sfumature politiche, non si possono mettere sullo stesso piano vaccino e tampone. Il covid, se trova un varco non concede sconti ed è un rasoio tagliente contro le semplificazioni e le narrazioni di comodo.
Smentisce i negazionisti: il covid esiste, chi non usa la mascherina e non mantiene le distanze ne favorisce la diffusione, chi non si vaccina ha un'elevata possibilità di finire ricoverato, andare in terapia intensiva e lasciarci la pelle.
Smentisce i catastrofisti: questa ondata è meno grave della prima, in Italia non ci sono paragoni tra oggi e un anno fa.
Siamo sconfortati e timorosi perché non è finita, non sappiamo quanto durerà ancora.
Il covid smentisce anche i tifosi sciocchi del vaccino: non è lo scudo spaziale che garantisce immunità totale, ma solo un'arma per proteggersi dal contagio e dalle sue conseguenze più gravi.
E infine smentisce i semplificatori, quelli che dicono "basta terrorizzare la gente".
Tra le vittime di questa pandemia c'è anche la post-verità, quella tendenza irresistibile alla narrazione che ci fa comodo, di volta in volta, adeguata al target e al contesto.
Il covid non si ferma con lo storytelling, non basta dire che è finito, perché sia vero.
Meglio chiamare le cose con il loro nome: chi non è vaccinato corre più pericoli e per questo diventa "pericoloso"; chi è vaccinato non è immune da ogni rischio e per questo deve essere cauto.
Dovremo convivere ancora con vaccini, mascherine e preoccupazioni. E anche con chi non vuole guardare in faccia la realtà.
Ci ha mostrato fin dall'inizio che la globalizzazione è arrivata a un livello ineludibile.
Il covid ha messo subito in evidenza le incongruenze del nostro sistema sanitario, che credevamo eccellente, travolgendo RSA e ospedali, e costringendoci a prendere atto che non avevamo più una rete "vicina" di cura e protezione.
Ha smascherato le ingiustizie sociali, tra chi è povero e più debole e chi è ricco e più forte. Lo si è visto dalle preoccupazioni contrastanti che emergevano man mano: da una parte chi invocava l'apertura di ristoranti, discoteche, palestre, piscine, alberghi, spiagge e piste da sci; dall'altra parte chi si metteva in coda per avere almeno un pasto al giorno.
Il covid ha messo ogni Governo davanti alla sfida della coesione e del "comando", non si tratta solo di emanare divieti e distribuire "ristori", ma di avere una bussola e una rotta per affrontare la tempesta. Non si è lasciato impressionare dai leader carismatici.
Il virus ha messo la scienza di fronte alla propria provvisorietà, cosa che ha sorpreso non tanto i ricercatori, già consapevoli, ma noi che alla tecnica abbiamo affidato certezze che non può avere.
Il covid ci ha mostrato che ognuno ha una propria responsabilità individuale inderogabile pena conseguenze per sé e per gli altri.
Ed eccoci al bivio: vaccino e green pass che è un obbligo soft: tutto "facile" per chi si vaccina, mentre per chi ha paura e non vuole, non resta che la via di fuga del tampone. Ma il covid è insensibile alle sfumature politiche, non si possono mettere sullo stesso piano vaccino e tampone. Il covid, se trova un varco non concede sconti ed è un rasoio tagliente contro le semplificazioni e le narrazioni di comodo.
Smentisce i negazionisti: il covid esiste, chi non usa la mascherina e non mantiene le distanze ne favorisce la diffusione, chi non si vaccina ha un'elevata possibilità di finire ricoverato, andare in terapia intensiva e lasciarci la pelle.
Smentisce i catastrofisti: questa ondata è meno grave della prima, in Italia non ci sono paragoni tra oggi e un anno fa.
Siamo sconfortati e timorosi perché non è finita, non sappiamo quanto durerà ancora.
Il covid smentisce anche i tifosi sciocchi del vaccino: non è lo scudo spaziale che garantisce immunità totale, ma solo un'arma per proteggersi dal contagio e dalle sue conseguenze più gravi.
E infine smentisce i semplificatori, quelli che dicono "basta terrorizzare la gente".
Tra le vittime di questa pandemia c'è anche la post-verità, quella tendenza irresistibile alla narrazione che ci fa comodo, di volta in volta, adeguata al target e al contesto.
Il covid non si ferma con lo storytelling, non basta dire che è finito, perché sia vero.
Meglio chiamare le cose con il loro nome: chi non è vaccinato corre più pericoli e per questo diventa "pericoloso"; chi è vaccinato non è immune da ogni rischio e per questo deve essere cauto.
Dovremo convivere ancora con vaccini, mascherine e preoccupazioni. E anche con chi non vuole guardare in faccia la realtà.