Quante nubi sulla ripresa
Da Luigi dell’Olio | Yahoo Finanza – lun 17 ago 2015 12:48 CEST
Roma, (askanews) - La crescita c'è ma il passo è corto, la ripresa economica è lenta. Nel secondo trimestre, comunica l'Istat, il prodotto interno lordo è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% rispetto al secondo trimestre del 2014. La variazione acquisita per il 2015 è pari allo 0,4%. Nel primo trimestre il Pil aveva segnato a livello congiunturale un +0,3% e a livello tendenziale un +0,1%. Nello stesso periodo il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,6% negli Stati Uniti e dello 0,7% nel Regno Unito. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,3% negli Stati Uniti e del 2,6% nel Regno Unito. Immediato il commento del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, secondo cui "non c'è una ripartenza vera". L'auspicio è che la seconda parte dell'anno possa andare meglio. "Lo speriamo fortemente - ha detto - altrimenti sono guai. E' tutta l'Europa che frena".
Non è solo la temperatura incerta ad accompagnare il ritorno dalle vacanze per molti italiani. Anche le nubi che si addensano sull'economia nazionale e internazionale riservano preoccupazioni, che non sarà facile diradare a breve. Proviamo a vedere cosa ci attende nelle prossime settimane e quali ricadute attendersi per la vita di ogni giorno.
Pechino da allarme rosso
La Russia è in recessione, il Brasile ha intrapreso la medesima traiettoria, mentre la crisi greca per ora è solo rimandata. I focolai di tensione sono numerosi, se si considerano anche il conflitto ancora irrisolto in Ucraina e l'avanzata dell'Isis in Medio Oriente. Eppure i rischi maggiori potrebbero non essersi ancora manifestati in maniera chiara. In particolare, preoccupa la situazione in Cina, che nel corso del 2014 è diventata la prima economia del mondo. A giugno si sono avvertiti pesanti scricchiolii sui mercati finanziari, con una correzione dei listini intorno al 30%. E le cose sarebbero andate anche peggio senza l'intervento delle autorità di Pechino per limitare i danni. Ma il contagio potrebbe presto estendersi all'economia reale, con il Pil che quest'anno potrebbe crescere al di sotto del 7%. Un progresso invidiabile a guardarlo dall'Europa, ma non sufficiente per un Paese alle prese con pesanti migrazioni dalle campagne alle città in cerca di occupazione. La svalutazione dello yuan è il segnale di queste difficoltà, un tentativo per restituire competitività internazionale all'export. Resta da vedere se sarà sufficiente.
Appesi alla Fed
L'altra grande economia mondiale, gli Stati Uniti, è appesa alle decisioni della Fed. La banca centrale deciderà nelle prossime settimane se avviare il rialzo dei tassi di interesse. Una misura che andrebbe a penalizzare i mercati finanziari (aumenta il costo del debito, e quindi si riducono gli utili delle aziende, mentre le obbligazioni già emesse perdono valore) e, in misura minore, anche l'economia reale.
Non solo. Con i rendimenti dei Treasury più interessanti, verosimilmente vi saranno enormi masse di investimenti in uscita dai mercati emergenti verso gli Stati Uniti, con conseguente svalutazione delle divise di Paesi come India, Brasile e così via.
L'Italia zoppica
Lo scenario non è entusiasmante nemmeno in Italia, anzi si può dire che da noi le cose vanno peggio che altrove. Tra aprile e giugno il Pil è cresciuto di un modesto 0,2% sul primo trimestre e a questo punto è difficile che l'intero 2015 possa segnare un progresso superiore allo 0,7% stimato a inizio anno dal Governo e indicato come stima prudenziale. In questo scenario sarà un'impresa mettere a punto la Finanziaria, che dovrà reperire almeno 25 miliardi di euro tra la necessità di non far scattare le clausole di salvaguardia (quindi più tasse), le misure conseguenti alle pronunce della Cosrte Costituzionali (ad esempio lo sblocco dei contratti pubblici) e le promesse del Governo (a cominciare dalla fine delle imposte sulla prima casa). Trovare un punto d'equilibrio sarà un'impresa.