TESLA e le auto elettriche

The big short, Michael Burry scommette contro Tesla

Investing.com - Dai mutui subprime a Tesla (NASDAQ:TSLA). Secondo un documento della Securities and Exchange Commission statunitense, l'investitore Michael Burry, reso famoso dal film "The Big Short", possiede contratti put su 800.100 azioni della società di Palo Alto, corrispondenti a circa $ 534 milioni.
Come rivelato dalla SEC, al 31 marzo scorso, Burry deteneva 8.001 opzioni put, ma con valore, prezzo strike e scadenza sconosciuti.
Le azioni della società di Elon Musk sono scese di oltre il 4% lunedì, portando le perdite da inizio mese a quasi il 20%. Un miraggio il +740% raccolto nel 2020.

Il segnale d'allarme che ha portato il fondatore di Scion Asset Management ad aprire lo short è la troppa dipendenza di Tesla dai cosiddetti crediti "green" (un sistema di pagamenti per compensare le emissioni inquinanti), come precisato dallo stesso Blurry in un tweet cancellato poco dopo, nel quale ha definito il sistema dei crediti come un "red flag".

Ora, la produzione di veicoli elettrici a batteria non è più subordinata a uno o due produttori, e sempre meno car-maker dovranno fare affidamento ai crediti regolatori di Tesla per diventare conformi alle normative ambientali.
La crescita dei ricavi da crediti regolatori è stato un fattore principale che ha consentito all'azienda di essere scelta per il S&P 500.

Nel primo trimestre 2021, Tesla ha registrato $518 milioni di vendite dai crediti regolamentari ceduti poi ad altri car-maker, come Stellantis, che avevano bisogno di crediti per compensare le emissioni. Alla fine del 2020, l'utile netto di Tesla di $270 milioni è stato reso possibile dalla vendita di $401 milioni di questi crediti.
In generale, Tesla ha accumulato circa 1,6 miliardi di dollari in crediti energetici, principalmente crediti per veicoli a emissioni zero, che hanno aiutato la società a riportare più di quattro trimestri consecutivi di redditività.

Nella call di presentazione dei risultati del quarto trimestre, il Cfo Tesla, Zahcary Kirkhorn, aveva affermato che le vendite dei crediti regolatori "sono oltre le nostre aspettative per il 2020 ed è difficile fornire un orientamento", e sul lungo termine "non saranno una parte materiale del business", ma è difficile che la mossa di Burry verrà ignorata da altri importanti investitori.
ha cominciato a shortarla a 234 ma l'azione è salita a 425, praticamente il doppio....
dopo ha cominciato a scendere e sembra non fermarsi più
dove chiuderà lo short? a 25?
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La “ritirata” Usa dal green può creare un altro guaio all’Ue
I primi due mesi del 2023 potrebbero rivelarsi fondamentali. Non tanto e non solo nello svelare le strategie delle Banche centrali nel contrasto all’inflazione, ormai vero e proprio motore immobile dei mercati, bensì per capire quanto ci sia di vero nella cosiddetta transizione verde. Insomma, il bluff del secolo potrebbe saltare. Con tutte le ovvie e infinite conseguenze che questo potrebbe portare con sé. Dal 1° gennaio, infatti, negli Usa entra a regime l’Inflation Reduction Act, formalmente un programma designato per aumentare le vendite di auto elettriche e ridurre le emissioni.
Nei fatti, un credito di imposta che – nelle condizioni di criterio migliore – può arrivare fino a 7.500 dollari per richiedente. Ma proprio la scansione temporale scelta dal Treasury statunitense rivela il profilo da stress test dell’operazione: l’intero ammontare sarà disponibile appunto solo in gennaio a febbraio, mentre a partire da marzo scenderà e verranno applicati vincoli e paletti maggiori. Sempre nei primi due mesi del 2023, poi, è previsto anche un contributo di esenzione minore per chi acquista un’auto elettrica usata. Da marzo, questo credito d’imposta sparirà del tutto.

Perché questa mossa del Governo degli Stati Uniti dovrebbe essere tanto dirimente?
Una risposta ci arriva indirettamente da questo: dopo il -18% della settimana pre-natalizia, peggior risultato sui cinque giorni di contrattazioni dal marzo 2020, il market cap di Tesla è sceso dai 1.200 miliardi di inizio anno a meno di 400 miliardi. Di fatto, il controvalore di capitalizzazione bruciato in un anno dalla creatura di Elon Musk e simbolo riconosciuto della svolta green dell’automotive è stato maggiore dell’attuale market cap combinato dell’intero comparto a livello globale. Eppure, nessuno sembra averne preso atto.
Tesla per mesi e mesi è stata l’architrave stesso del Nasdaq e di fondi come ARK di Cathie Wood, il quale deteneva titoli dell’auto elettrica in quantità industriale.
Ma ecco che il capitalismo da social network ha regalato al mercato un saggio della sua capacità di dissimulazione. Utilizzando l’alibi dell’acquisizione di Twitter, Elon Musk ha scaricato miliardi e miliardi di azioni della sua creatura.
Quasi senza che nessuno se ne preoccupasse.
Anzi, nessuno se ne preoccupava.
Se non i poveretti che si ritrovavano con un titolo in caduta libera permanente in portfolio, pagato spesso cifre astronomiche.
Nel mondo della comunicazione social, l’importante però era il livello di democrazia che Elon Musk pretendeva di garantire a Twitter: Tesla era soltanto un orpello fra un viaggio spaziale, un esperimento di microchip e una disputa con Kiev su Starlink.
E il nostro eroe, conscio della stupidità che governa il mondo moderno, ne ha addirittura abusato.
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Elon Musk ha preso per i fondelli il mondo per un paio di mesi. Mentre il titolo Tesla sprofondava.
E quel calo deve far pensare. Perché al netto delle auto consegnate e degli sconti praticati, il gigante dell’auto elettrica rischia di essere il canarino nella miniera di un bluff più grande: quello cosiddetto ESG applicato all’automotive, un qualcosa che ha visto l’Unione europea inferire un colpo mortale al comparto con le sue draconiane deadlines per i veicoli tradizionali e la transizione forzata all’elettrico, appunto. E mentre i conti delle aziende sanguinano e le vendite restano aggrappate a continui programmi di incentivazione e sconto strutturale, ecco che ora l’America sembra pronta a lanciare il segnale di indietro tutta.

Se infatti fra gennaio e febbraio nemmeno 7.500 dollari di incentivo all’acquisto saranno sufficienti a far digerire agli americani l’alternativa alla pompa di benzina, ecco che il mercato prezzerà altro: la festa garantita da Greta Thunberg è finita.
In primis, l’intero carrozzone delle certificazioni verdi per i bonds. Insomma, il rischio è quello di un mercato che si faccia travolgere da un’ondata di greenwashing senza precedenti. E in tal senso, attenzione al voltafaccia a tempo di record di cui si è reso protagonista la scorsa settimana il Ceo di Toyota, il quale è passato da fustigatore della tiepidezza elettrica dei colleghi di fine settembre al ruolo di delatore dei dubbi dell’intero comparto sulla sostenibilità dell’approccio unicamente green all’automotive del futuro. Insomma, un clamoroso caso di mani in avanti.
Legato unicamente a una logica produttiva che si sposa a impostazioni politiche ormai spremute come limoni, fra bonanza ESG e Green New Deal dall’indebitamento allegro? Non solo. Il tempismo, come sapete, è tutto. E il fatto che sia esplosa proprio ora la vicenda del qatargate, fa pensare. Perché se Qatar e Marocco possono aver esercitato pressioni indebite e illecite per tutelare i propri interessi in ambito Ue, quante potrebbe averne poste in essere la lobby dell’auto elettrica – e, più in generale, green – per ottenere un cambio di politica industriale così drastico a proprio favore?

Che si stia avvicinando il redde rationem per certe scelte di sostenibilità ambientale che invece sottendevano finalità meno nobili e più prosaiche? D’altronde, colpire il Qatar rappresenta la nemesi perfetta: se la missione era coprire qualche spintarella di troppo per il green, mettere nel mirino un produttore fossile del Golfo appare geniale. Forse troppo, però.

Attenzione ai primi due mesi del 2023. Perché se l’America ha imposto al mondo la pantomima elettrica, sventolando la bandiera di Tesla come si fa con i reparti d’élite sul campo di battaglia, ecco che ora potrebbe battere per prima in ritirata. Lasciando altri in prima linea a farsi massacrare dal mercato. Indovinate chi?
 
Chinese EV giant BYD set for surge in 2022 profit as sales jump

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Stock Markets 1 hour ago (Jan 30, 2023 09:11AM ET)




Chinese EV giant BYD set for surge in 2022 profit as sales jump
© Reuters. FILE PHOTO: The logo of BYD is pictured at the 2022 Paris Auto Show in Paris, France October 17, 2022. REUTERS/Stephane Mahe/

USD/CNY
-0.51%

TSLA
-4.50%

BYDDF
+0.56%

(Reuters) - China's BYD Co (OTC:BYDDF), the world's biggest seller of battery electric vehicles (BEVs) and plug-in hybrids, expects its 2022 net profit to be more than five times the amount it booked a year earlier, it said on Monday.
With sales of 1.86 million cars, it expects a net profit of 16-17 billion yuan ($2.37-$2.52 billion) versus 3 billion in 2021, an exchange filing showed.
The company said it had it achieved strong sales growth and significantly improved profitability and had "effectively relieved the cost pressure brought about by the rising upstream
raw material prices".
The Shenzhen-based automaker stopped producing combustion engine vehicles last April.
Sales of its Qin and Han sedans, BYD's best-selling models, increased by 82.6% and 132.2%, respectively, in 2022, while those of Tesla (NASDAQ:TSLA)'s Model 3 fell by 17.5%, according to the China Passenger Car Association.

BYD still trails Tesla in terms of global sales of fully electric cars by almost 400,000 units, though the Chinese company is planning to ramp up sales quickly at home and abroad with its new series of BEV products such as its Seal model.
($1 = 6.7498 Chinese yuan renminbi)
 
AUTO ELETTRICA?
NO GRAZIE.
da Facebook

Da un anno sono possessore di una auto Full Electric di ultima generazione: una Peugeot E-208 con una batteria da 50 KWh.
Mi sono fatto convincere dalle fandonie raccontate sul fatto che le auto elettriche sarebbero molto più convenienti di quelle con motore termico. Ebbene, posso dire con certezza, scontata sul mio portafogli, che le auto elettriche sono una colossale fregatura.
L'Unione Europea, non ho ben capito con quale logica e per quale interesse, spinge fortemente per la conversione totale della mobilità dal termico all'elettrico. I principali argomenti per convincere gli utenti a passare all'elettrico sono la scelta ecologica ed il risparmio.
Quanto alla valenza ecologica dei motori elettrici, non ho gli elementi per affermare se sussiste veramente ma ho seri dubbi anche in considerazione dell'enorme problema relativo allo smaltimento delle batterie esauste.
Per quanto riguarda invece la assoluta antieconomicità delle auto elettriche, e, problema di non secondaria importanza, la loro faticosissima fruibilità, ebbene qui ho solo certezze, raggiunte dopo un anno di calvario, sia pratico che economico.
Innanzitutto voglio spendere una parola sulla indegna malafede speculativa rappresentata dal costo addebitato all'utente per la energia erogata dalle colonnine pubbliche.
A fronte di un costo medio della energia domestica pari ad € 0,52/KWh, ho dovuto riscontrare che per le ricariche alle colonnine pubbliche viene praticato un costo pari ad euro 0,89/KWh, ovvero quasi il doppio.
Riguardo poi alla infruibilità delle auto elettriche, faccio presente che i motori elettrici di nuova generazione necessitano di batterie con una capacità di almeno 40kwh, che, a causa della rilevanza di tale capienza, necessitano di essere ricaricate quasi esclusivamente presso i punti di ricarica veloce visto che, con una ricarica lenta, per raggiungere il 100% ci vorrebbero almeno 14 ore.
Quindi il problema della scarsissima disponibilità di punti di ricarica pubblici viene enormemente acuito dalla necessità di accedere esclusivamente ai punti di ricarica veloce, che sono circa il 20% della totalità.
Da ciò deriva che se devi fare un viaggio, o ti prendi due giorni per fare 400 km oppure ti fermi almeno un paio di volte per ricaricare nelle postazioni di ricarica veloce, con una attesa per ogni ricarica di minimo un'ora (purtroppo anche la storia che con 20 minuti si raggiunge l'80% della ricarica è un'altra fandonia: ce ne vogliono almeno 40).
Si aggiunga poi che sulla rete autostradale italiana i punti di ricarica veloce sono rarissimi, il che significa che ogni volta che si ha bisogno di ricaricare si deve uscire dall'autostrada e percorrere a volte diversi chilometri aggiuntivi per raggiungere la postazione.
In sostanza un viaggio che con un motore termico richiederebbe tre ore di percorrenza, con un motore elettrico, se si è fortunati a trovare le colonnine funzionanti e libere, se ne impiegano almeno sei!
Veniamo ora alla tanto sbandierata "economicità" delle auto elettriche.
Mettiamo a paragone una piccola utilitaria con batteria da 40kWh ed autonomia di 170 km (che è la reale autonomia su percorso extraurbano rispettando i limiti di velocità, alla faccia della autonomia di 350 km dichiarata dalla casa), con la stessa utilitaria con motore termico a benzina e Gpl:
A) un "pieno" di energia effettuato collegandosi ad una utenza domestica costa € 20,80 (€ 0,52 x 40kwh = € 20,80);
B) un "pieno" di energia effettuato collegandosi alle colonnine pubbliche costa € 35,60 (€ 0,89 x 40kwh = € 35,60);
C) un pieno di 40 litri di benzina costa € 74,40 (€ 1,86 x 40lt = € 74,40);
D) un pieno di 40 litri di Gpl costa € 29,44 (€ 0,736 x 40lt = € 29,44).
Nel paragone va considerato un "piccolo particolare": con un pieno di energia si percorrono al massimo 170 km, mentre con un pieno di benzina si percorrono almeno 680 km (considerando un consumo medio di 17 km/l) e con un pieno di Gpl se ne percorrono 560 (calcolando un consumo di 14 km/l).
E qui casca l'asino:
- costo a km di una ricarica domestica = € 0,122 (€ 20,80 ÷ 170km = € 0,122)
- costo a km di una ricarica pubblica = € 0,217 (€ 35,60 ÷ 170km = € 0,209)
- costo a km di un pieno di benzina = € 0,109 (€ 74,40 ÷ 680km = € 0,109)
- costo a km di un pieno di Gpl = € 0,052 (€ 29,44 ÷ 560km = € 0,052).
Quindi, tirando le somme, un pieno di carica elettrica alla colonnina costa il quadruplo di un pieno di GPL.
Il tutto senza considerare che una auto elettrica costa il 30% in più rispetto ad una pari modello termica e che una auto termica può durare anche 15 anni mentre una auto elettrica all'esaurimento delle batterie o della garanzia sulle medesime (dopo non più di 8 anni) vale zero.
Alla faccia delle "scelte ecologiche" per le quali subiamo pressioni da anni: facile così, tanto paga Pantalone.
A questo punto si può giungere ad una sola conclusione: va bene il Green, il rispetto dell'ambiente, l'etica ambientalista, va bene tutto, ma non a spese nostre, non costringendoci a spendere il quadruplo, e, soprattutto, non speculandoci sopra perché quando si tratta di mettere mano al portafogli la gente non è stupida.
 
Ultima modifica:
la FDA ha approvato la sperimentazione umana dei microchip

Via libera della FDA per la sperimentazione umana dei chip di Neuralink​

 

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