aggiornamento:
24 ottobre& 28 ottobre........, il 28 è stato anticipato di un giorno....., infatti il 29 del cm cade di sabato.
sono trascorsi circa 82 anni = 4 cicli da 20 ,5 anni ....., 3 cicli da 24 anni o 2 cicli da 41......., potrebbe kiudersi qualcosa di grosso con una secca discesa di un almeno un 40% dai valori attuali......,entro & non oltre la seconda decade di novembre, troncando ki aspetta ulteriori ribassi per il 2012 & 2013....
IL29'
La depressione ebbe effetti devastanti sia nei paesi industrializzati, sia in quelli esportatori di materie prime. Il commercio internazionale diminuì considerevolmente, così come i redditi dei lavoratori, il gettito fiscale, i prezzi e i profitti. Le maggiori città di tutto il mondo furono duramente colpite, in special modo quelle che basavano la loro economia sull'industria pesante. Il settore edilizio subì un brusco arresto in molti paesi. Le aree agricole e rurali soffrirono considerevolmente in conseguenza di un crollo dei prezzi fra il 40 e il 60%. Le zone minerarie e forestali furono tra le più colpite, a causa della forte diminuzione della domanda e delle ridotte alternative d'impiego. L'economista
John Kenneth Galbraith ha individuato almeno cinque fattori di debolezza nell'economia americana responsabili della crisi:
- cattiva distribuzione del reddito;
- cattiva struttura, o cattiva gestione delle aziende industriali e finanziarie;
- cattiva struttura del sistema bancario;
- eccesso di prestiti a carattere speculativo;
- errata scienza economica (perseguimento ossessivo del pareggio di bilancio e quindi assenza di intervento statale considerato un fattore penalizzante per l'economia).
Una seconda contraddizione interna all'economia statunitense era rappresentata dal sistema finanziario. Non furono posti limiti alle attività speculative delle banche e della
borsa valori, dovute alla volontà da parte degli acquirenti di detenere titoli, non tanto per ottenere dividendi e dunque profitti, quanto per aumentare il proprio capitale. Si comperava per rivendere, senza preoccuparsi della qualità dei titoli: all'aumento della domanda dei titoli si accompagnò quella delle quotazioni. A tutto questo va aggiunta la responsabilità dei rappresentanti delle holding che detenevano portafogli d'azioni e che quindi avevano interesse che i corsi dei titoli si alzassero. Per spingere i risparmiatori all'acquisto dei titoli, questi effettuavano dichiarazioni troppo ottimistiche. L'aumento del valore delle
azioni industriali, però, non corrispose a un effettivo aumento della produzione e della vendita di beni tanto che, dopo essere cresciuto artificiosamente per via della speculazione economica diffusasi a tutti i livelli in quegli anni, scese rapidamente e costrinse i possessori a una massiccia vendita, che provocò il crollo della borsa.
La situazione era poi aggravata dalla stretta interconnessione che legava il settore industriale a quello bancario. Infatti, nel momento in cui la borsa crollò, si diffuse un'ondata di panico devastante tra i piccoli risparmiatori i quali si precipitarono nelle banche nel tentativo di salvare il proprio denaro. Il ritiro del denaro dal mercato provocò una crisi di liquidità di ampie dimensioni e il fallimento di molte banche che trascinarono nella crisi le industrie nelle quali avevano investito. Molte di queste furono costrette a chiudere i battenti o a ridimensionarsi. I licenziamenti, operati dalle aziende in crisi, portarono a una elevata diminuzione delle domande di lavoro, bloccando quasi completamente l'economia americana. La produzione industriale scese di quasi il 50% tra il 1929 e il 1932. Tuttavia la causa principale che portò il crollo finanziario a diventare una depressione economica di enormi dimensioni fu la chiusura delle economie nazionali e coloniali. Così come nella
Grande depressione del 1873-95, furono i
dazi doganali a deprimere l'economia. Alcuni stati producevano beni in surplus che però altri stati non acquistavano, poiché venivano resi troppo costosi dai dazi all'
importazione imposti per favorire i produttori interni. Quindi quando in un paese produttore un dato bene raggiunge livelli di
saturazione, il prezzo scende tanto che non è più conveniente produrre quel bene, a meno di trovare nuovi mercati che possano assorbire parte delle merci. In assenza di nuovi mercati la produzione, pur mantenendo un potenziale valore, si ferma. Per fare un esempio riguardo alla
crisi degli anni 1873-95 il grano è il bene ideale: negli Stati Uniti vi era una
sovrapproduzione di grano dovuta all'ampiezza degli spazi coltivati estensivamente e alla bassa densità di popolazione. I progressi tecnologici consentivano di trasportare il grano su distanze sempre più lunghe, cosicché gli USA iniziarono a esportare grano in Europa, che lo acquistava a prezzo più basso rispetto a quello locale. Questo danneggiava i proprietari terrieri europei, i quali imposero ai governi i dazi per bloccare le importazioni dall'America. Ciò produsse le seguenti conseguenze:
- carenza di grano in Europa e quindi prezzi più alti;
- eccedenza di grano in USA con conseguente abbandono di terre coltivate e disoccupazione;
- mancato afflusso di beni dall'Europa all'America (coi quali veniva pagato il grano); tali beni potevano essere prodotti industriali o minerari o beni di lusso.
In definitiva:
- al popolo europeo veniva a mancare il nutrimento a basso prezzo;
- ai grandi coltivatori americani venivano a mancare quei beni "superflui" ma che erano l'incentivo alla produttività agricola;
- i coltivatori americani più piccoli e i dipendenti restano senza lavoro;
- i beni "superflui" che restavano in Europa andavano alle classi agiate (anche agricole) locali, che li potevano acquistare a prezzo più basso rispetto al prezzo che avrebbero pagato gli americani;
- i produttori europei di questi beni superflui vedevano anch'essi ridotte le loro entrate, il che li portava in alcuni casi al fallimento o al licenziamento dei dipendenti.
Come si vede questo circolo vizioso nuoce a tutti fuorché a una ristretta minoranza, ma in una visione più ampia nuoce anche a essa nella crisi economica generale. Lo stesso circolo vizioso che causò la
crisi del 1873-95 è la causa principale di quella del 1929, ma con modalità differenti.
Tuttavia la causa principale che portò il crollo finanziario a diventare una depressione economica di enormi dimensioni fu la chiusura delle economie nazionali e coloniali. Così come nella
Grande depressione del 1873-95, furono i
dazi doganali a deprimere l'economia. Alcuni stati producevano beni in surplus che però altri stati non acquistavano, poiché venivano resi troppo costosi dai dazi all'
importazione imposti per favorire i produttori interni. Quindi quando in un paese produttore un dato bene raggiunge livelli di
saturazione, il prezzo scende tanto che non è più conveniente produrre quel bene, a meno di trovare nuovi mercati che possano assorbire parte delle merci. In assenza di nuovi mercati la produzione, pur mantenendo un potenziale valore, si ferma. Per fare un esempio riguardo alla
crisi degli anni 1873-95 il grano è il bene ideale: negli Stati Uniti vi era una
sovrapproduzione di grano dovuta all'ampiezza degli spazi coltivati estensivamente e alla bassa densità di popolazione. I progressi tecnologici consentivano di trasportare il grano su distanze sempre più lunghe, cosicché gli USA iniziarono a esportare grano in Europa, che lo acquistava a prezzo più basso rispetto a quello locale. Questo danneggiava i proprietari terrieri europei, i quali imposero ai governi i dazi per bloccare le importazioni dall'America. Ciò produsse le seguenti conseguenze:
- carenza di grano in Europa e quindi prezzi più alti;
- eccedenza di grano in USA con conseguente abbandono di terre coltivate e disoccupazione;
- mancato afflusso di beni dall'Europa all'America (coi quali veniva pagato il grano); tali beni potevano essere prodotti industriali o minerari o beni di lusso.
In definitiva:
- al popolo europeo veniva a mancare il nutrimento a basso prezzo;
- ai grandi coltivatori americani venivano a mancare quei beni "superflui" ma che erano l'incentivo alla produttività agricola;
- i coltivatori americani più piccoli e i dipendenti restano senza lavoro;
- i beni "superflui" che restavano in Europa andavano alle classi agiate (anche agricole) locali, che li potevano acquistare a prezzo più basso rispetto al prezzo che avrebbero pagato gli americani;
- i produttori europei di questi beni superflui vedevano anch'essi ridotte le loro entrate, il che li portava in alcuni casi al fallimento o al licenziamento dei dipendenti.
Come si vede questo circolo vizioso nuoce a tutti fuorché a una ristretta minoranza, ma in una visione più ampia nuoce anche a essa nella crisi economica generale. Lo stesso circolo vizioso che causò la
crisi del 1873-95 è la causa principale di quella del 1929, ma con modalità differenti.
La causa principale secondo Rothbard sarebbe stata la politica monetaria tenuta dalla
Federal Reserve a partire dalla sua creazione, nel
1913 (sebbene la Federal Reserve sia, come molte altre banche centrali, un organismo indipendente dal governo). La continua espansione del credito ottenuta attraverso tassi tenuti artificialmente bassi e il successivo inevitabile rialzo dei tassi avrebbe causato una reazione a catena che ha portato poi al famoso
giovedì nero.
In sintesi, secondo la Scuola austriaca le cause della crisi del '29 furono la politica inflazionistica (permessa anche dall'abbandono del sistema aureo classico) della Federal Reserve iniziata negli anni Dieci (ossia all'inizio della
Prima guerra mondiale) combinata con un eccessivo peso dello Stato culminato poi nel
New Deal roosveltiano, che secondo gli
austriaci non fu altro che la continuazione dell'interventismo del suo predecessore,
Herbert Hoover[1].
La crisi si propagò rapidamente a tutti i paesi che avevano stretti rapporti finanziari con gli Stati Uniti, a partire da quelli europei che si erano affidati all'aiuto economico degli americani dopo la Prima guerra mondiale, ovvero Gran Bretagna, Austria e Germania, dove il ritiro dei prestiti americani fece saltare il complesso e delicato sistema delle riparazioni di guerra, trascinando nella crisi anche
Francia e
Italia. In tutti questi paesi si assistette a un drastico calo della produzione seguito da diminuzione dei prezzi, crolli in borsa, fallimenti e chiusura di industrie e banche, aumento di disoccupati (12 milioni negli USA, 6 in Germania, 3 in Gran Bretagna). Va notato che la crisi non colpì l'economia dell'
URSS, la quale in quegli anni aveva inaugurato il suo primo
piano quinquennale con l'obiettivo di creare una base industriale moderna. Restarono inoltre immuni dalla crisi anche il
Giappone - che affrontò la crisi (inclusa la guerra) con misure inflazionistiche - e i Paesi scandinavi che, in quanto esportatori di particolari materie prime, non risentirono della riduzione della domanda dei loro prodotti.
Nel
1931 la Gran Bretagna abbandonò il
gold standard, imitata subito dai paesi scandinavi. Nel
1934 sterlina e
dollaro vennero fortemente svalutati.
la situazione attuale sembra simile se nn identica.....
Okkioooooooooooooooooooooooo.
OGGI da seguire il gaz...... provo un cip 3,29.
amen