Italia più povera di 20 anni faindagine Bankitalia segnala un calo del reddito medio reale dal 1191 al 20120. Aumentano i poveri tra il 2008 e il 2010 e la ricchezza si concentra di poco
L’ultima indagine della Banca d’Italia, che ha monitorato i bilanci delle famiglie italiane del 2010, offre spunti interessanti, per capire non soltanto le dimensioni della crisi economica in Italia, ma anche per confrontarla con quella degli anni precedenti e comprenderne l’evoluzione.
E il primo dato è agghiacciante: il reddito medio lordo, in termini reali, risulta nel 2010 inferiore a quello del 1991 del 2,4%. In sostanza, oggi mediamente una famiglia guadagna in Italia meno di venti anni fa, se teniamo presente il tasso d’inflazione. Tuttavia, si chiarisce nella stessa indagine che nello stesso lasso di tempo è diminuito il numero dei componenti medio delle famiglie, mentre esso è risultato in aumento tra il 2008 e il 2010, passando da 2,5 a 2,53.
Reddito annuo delle famiglie
In particolare, il reddito medio netto annuo è stato nel 2010 per una famiglia di 32.714 euro, pari a 2.726 euro al mese. La ricchezza media netta per famiglia, ossia la somma dei valori di attività reali e finanziarie detenute, al netto delle passività, è stata pari a 163.875 euro. Questa è risultata essere leggermente più concentrata, rispetto a due anni prima, quando il 10% delle famiglie deteneva il 44,3% della ricchezza complessiva, dato che passa al 45,9% nel 2010 e che comunque non mostra livelli anomali, specie se rapportato agli indici delle altre economie in Europa e in tutto l’Occidente.
Cresce, invece, di un punto percentuale il numero dei poveri, pari al 14,4%. Tra gli stranieri, la percentuale è altissima, al 40%. Questa cifra è data dal numero di quegli individui, che hanno un reddito annuo inferiore alla metà della mediana, pertanto, convenzionalmente, nel 2010 risultava povero chi possedeva un reddito inferiore a 1.400 euro mensili. Su questo punto, va fatto un ragionamento, perché le cifre non sempre fotografano in sé la situazione reale del Paese. Il dato di riferimento è, infatti, nazionale. Tuttavia, sappiamo che il costo della vita varia di realtà in realtà, da città a periferia, da regione in regione, tra nord e sud. Considerare povero un individuo con reddito inferiore a 1.400 mensili potrebbe essere un dato veritiero in molte realtà urbane del centro-nord dell’Italia, ma potrebbe avere scarso significato in molte realtà meridionali.
Ricchezza nord – Ricchezza sud
E’ questo il motivo per cui, ad esempio, al sud risulta mediamente povera una famiglia su quattro, contro una su venti del nord. Pur ammettendo che esiste certamente un problema povertà nel Meridione, esso non sarebbe, tuttavia, di queste dimensioni, se si considerassero dati più localizzati, aderenti alle caratteristiche economiche almeno della regione in cui si vive. Questa precisazione si rende necessaria per un’economia così duale come l’Italia.
Tornando alla ricchezza, sul lato delle passività, troviamo che esse sono costituite in larga misura proprio dai mutui immobiliari e riguardano soprattutto la fascia di famiglie con reddito medio-alto, tipicamente con capo-famiglia di età inferiore ai 55 anni e con lavoro autonomo. La percentuale delle famiglie indebitate è del 27,7%. Quelle indebitate per acquisto o ristrutturazione di immobili sono l’11,4% dei nuclei familiari.
Investimento casa
E che la casa sia l’investimento per eccellenza per gli italiani lo dimostra anche il numero piuttosto alto delle famiglie che vivono in immobili di proprietà, pari al 68,4%, mentre solo il 21% vive in affitto, il 7,4% a titolo gratuito (ad es., la casa dei genitori), il 2,8% in usufrutto e lo 0,3% a riscatto. Questi dati dimostrano che negli ultimi 30 anni è costantemente diminuito il numero delle famiglie in affitto, mentre è cresciuto quello di chi vive in case di proprietà. Riguardo al triennio 2008-2010, si è osservato un leggero calo di quanti vivono in affitto, in case di proprietà o a riscatto, pari allo 0,3% ciascuno, mentre è cresciuta dello 0,9% la percentuale delle famiglie che vivono in usufrutto o a titolo gratuito.
Altro dato che suggerisce anche una diversificazione della crescita è quello che riguarda al modo in cui sono aumentati i redditi reali tra il 1991 e il 2010. Per i lavoratori dipendenti, il loro reddito “equivalente” è cresciuto solo del 3,3%, mentre per i lavoratori autonomi del 15,7% e per i pensionati e altri in condizioni non lavorative dell’11,5%. Questi dati tengono conto del numero dei componenti delle famiglie.
Dal punto di vista delle famiglie: meno guadagno, più spesa
Ma le famiglie come considerano la propria condizione reddituale? Nel 2010, il 29,8% reputava il proprio reddito insufficiente a coprire le spese; il 10,5% lo considerava più che sufficiente, mentre un largo 59,7% segnalava una situazione intermedia.
Lancia l’allarme l’Adoc, che sottolinea come i dati di Bankitalia dimostrino che le famiglie italiane percepiscono un reddito medio del 40% (39,6%) inferiore alla media europea. E la cosa è più grave, secondo l’associazione, perché in Italia il costo della vita è più alto che altrove e sottrae l’83% del reddito, contro l’appena 43% della Germania, il 58% della Francia e il 68% della media europea.
In pratica, da noi si guadagna di meno e si spende di più e questo determina in prospettiva una caduta della capacità di risparmio.