http://www.linkiesta.it/unicredit-italia
Ma a guardare meglio, i risultati sono meno rosei di quel che possa sembrare a prima vista. Gli interessi netti del trimestre sono scesi a 3,6 miliardi (-3% sul secondo trimestre e -6% sullo stesso periodo 2011), un dato che risalta alla luce dell’aumento dei prestiti (+1%, da 557 miliardi di giugno a 562 miliardi a fine settembre). Rispetto a giugno, i crediti deteriorati lordi sono cresciuti del 3,5% a 80,4 miliardi, mentre il grado di copertura (gli accontonamenti in percentuale sul totale) è leggermente sceso al 43 per cento. E se è vero – come ammette lo stesso Ghizzoni – che la ripresa non è dietro l’angolo, il flusso di svalutazioni sui crediti, o
provisions come le chiamano gli analisti, è destinato a rimanere alto.
Italia problematica. Le soddisfazioni di Unicredit arrivano soprattutto dall’estero, dalla Germania e in particolare dalle controllate dell’Europa centro-orientale (divisione Cee). Queste ultime hanno generato utili lordi per 535 milioni che si contrappongono alla perdita dell’aggregato italiano. Qui, fra maggiore costo della provvista e perdite su crediti, nel trimestre la divisione
corporate e investment banking ha perso 105 milioni (-175 milioni il rosso cumulato nei primi nove mesi), contro 53 milioni di utili lordi realizzati dalla private banking e il rosso di 18 milioni della divisione retail. È questo il fronte su cui gli investitori stanno ancora aspettando un’azione incisiva dall’amministratore delegato Ghizzoni: qualcosa sul fronte dei costi si comincia a vedere, ma è ancora troppo poco. Ecco perché se Ghizzoni vuole mantenere un rapporto “tranquillo” con i grandi soci dovrà accelerare sulla ristrutturazione e più in generale sul taglio dei costi, potendo fare ben poco sull’andamento del credito che risente della situazione complessiva dell’economia italiana.
Buongiorno