Donat-Cattin si accinse a risolvere il problema sanitario emerso nel giugno 1986 grazie a un'indagine delle USL (che avevano la funzione delle
ASL odierne) la quale denunciava l'elevata percentuale di
atrazina presente nell'acqua. Questo diserbante, usato intensamente in agricoltura, era penetrato nelle falde acquifere superando la soglia fissata dalla legge italiana e da una normativa CEE del 1980 pari a 0,1 microgrammi per litro, rendendo in questo modo l'acqua non più
potabile. Dopo aver concesso numerose proroghe nel corso di tre anni, bocciate dalla CEE e dal TAR, con un'ordinanza ministeriale Donat-Cattin aumentò di colpo le soglie consentite di atrazina di dieci volte, facendo poi lo stesso con le soglie del molinate, aumentate di 40 volte, e con quelle del
bentazone, aumentate di 165 volte (comunque notevolmente minori delle percentuali proposte nel 1987 dallo stesso Donat-Cattin). Quest'azione scatenò presto le critiche del PCI, dei sindacati, delle regioni , Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto,
[2][3] e soprattutto dei deputati dei
Verdi Michele Boato, Franca Bassi e
Anna Donati, i quali presentarono alla procura della Repubblica di Roma due denunce nei confronti del ministro della sanità: una per attentato alla salute pubblica e l'altra per omissione di atti d'ufficio