Analisi Intermarket Trend Mercati 2016

Al supporto

https://trendmercati.wordpress.com/2016/01/14/al-supporto/


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Questo grafico dice più di mille parole; lo avevamo indicato già alcuni giorni fa ed ora l’indice leader per eccellenza, nonostante in Italia si prendano in considerazione più DJIA e NASDAQ, e quello che segna il destino del mercato si è andato ad appoggiare la dove il destino del mercato con buona probabilità si verificherà.
La seduta odierna non puà essere considerata positiva. nuovo innalzamento dei cds delle obbligazioni Investment Grade, cioè delle obbligazioni più tranquille
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e inoltre debolezza significativa dei titoli tech e biotech leader del grande rialzo di questi anni e difensore degli indici USA in questi ultimi mesi. Amazon e Netflix hanno capitolato trascinando con se le speranze di molti investitori individuali.
Uno degli indici che misurano l’andamento dei titoli biotech ha capitolato sotto i minimi di agosto con buoni volumi andando a colpire un altro dei settori amati degli ultimi anni con buoni volumi in un ulteriore segno di capitolazione degli investitori individuali (cosi come confermato dal differenziale tra i volumi dello SPY e dello S&P500.
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Questa volta poi il mercato azionario ha ceduto nonostante i dati cinesi mostrino una certa stabilizzazione con i dati sull’import e sull’export migliori delle aspettative e positivi nella valuta locale ed al netto del calo dei prezzi petroliferi e nonostante l’oil abbia tentato di stabilizzarsi sui livelli attuali.
Ma ora siamo al punto, con molti mercati anche USA entrati ufficialmente in un bear market occorre la reazione dell’indice senior per scongiurare un pericoloso avvitamento complessivo. Certo è che storicamente correzioni superiori al 20% senza recessione sono eventi rari almeno negli USA (come il 1987) ma naturalmente nulla vieta che la recessione non avvenga nel corso del 2016.
Alcuni analisti prendono in considerazione la curva dei tassi per dimostrare che il rischio recessione non c’è .
Come molti sanno le ultime recessioni USA sono sempre state segnalate dal’inversione della curva dei tassi ma anche in questo caso non bisogna prendere tutto per oro colato e non bisogna pensare mai che esista un indicatore onnisciente. nel caso del Giappone ad esempio le recessioni si sono manifestate nonostante non ci sia stata nessuna inversione dei tassi per diverse volte durante il bear market secolare e la manipolazione della curva dei tassi della FED attraverso le politiche monetarie gioca un ruolo importante nell’attuale configurazione della curva dei tassi USA e rende perciò difficile prevedere l’adamento economico dal suo posizionamento.
Al contrario, come ci ha fatto notare un utente del forum Investire Oggi, alcuni analisti bearish vedono nel rialzo dei tassi della FED un errore di policy della FED che drenerà più liquidità del previsto e causerà un avvitamento dei mercati.
In poche parole questi analisti trovano delle somiglianze tra questa fase del ciclo economico e monetario e quella verificatasi intorno al 1936/1937 quando il rialzo dei tassi della FED fece deragliare l’economia USA in forte recupero dopo la grande depressione.
Nonostante i due movimenti economici ed anche dei mercati fossero molto diversi qualche similitudine si può verificare osservando il comportamento dei tassi a breve del periodo.
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ma nonostante questa similitudine e quella riscontrabile dal comportamento dei mercati:
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noi riteniamo ancora possibile, anche se impellente una reazione positiva dei mercati.
A tal riguardo non possiamo dare uno sguardo ad un paio di sondaggi sul sentiment degli operatori ed in particolare i due sondaggi più popolari tra gli operatori.
Cominciamo con la lettura dell’AAII. Nonostante un alta percentuale di neutrali, cioè di coloro che si aspettano una breve correzione ma non un bear market posizionati intorno al 40% il rapporto tra bull e bear si è posizionato su livelli interessanti per un recupero dei mercati.
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L’Investor Intelligence, uscito oggi invece, indica una situazione più netta con l’indicatore che è nei pressi di un segnale long di medio periodo. Anche allungano la visione il risultato non cambia se non che l’indicatore prima di realizzare il bottom potrebbe peggiorare ancora leggermente.
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Siamo ad un punto cruciale dei mercati, in cui si identificherà la strada delle prossime settimane sia per il breve che per il medio. Riteniamo che nonostante i danni il mercato potrebbe reagire positivamente ma occorre che la reazione sia nei prossimi giorni per confermare il nostro scenario di medio.
In caso contrario la reazione che si manifesterà sarà da incasellare in un bear market rally con tutte le considerazioni tattiche e di portafoglio da realizzare.
Concludiamo questo articolo con una riflessione geopolitica da fare collettivamente.
Le ultime correzioni dei mercati sono tutte cominciate come correzioni di matrice cinese ma sempre più si sono trasformate poi in correzioni globali. Oltre che a confermare la crescente importanza dell’economia cinese sui mercati globali occorrerebbe anche riflettere se fa più danni all’economia cinese una correzione dei mercati azionari del 30% o fa più male all’economia USA una correzione dei mercati azionari del 10%.
Una buona notte e domani grande attenzione ai movimenti dei mercati.
 
I mercati sono così nervosi da richiedere un nostro monitoraggio costante: aggiorniamo il nostro indicatore COdVO per vedere la situazione

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già una segnalazione di eccesso il 12 gennaio, ora si ripete con il close del 13 gennaio aggiungendo anche la 'violazione ripetuta' segnalata con il cerchio in rosso, e in VIX ancora sopra la sua media dell'ultimo trimentre; COdVO aveva già segnalato eccesso fin dalla prima seduta del 2016, ben prima che il VIX si impennasse. Eulero resta negativo, ma non al suo massimo, e Herakles è alla sua quarta segnalazione negativa anche se di impoti modesti. Se gli indicatori di tren sono iniziano quindi a diventare pessimisti, è la volatilità eccessiva a segnalare il possibile rimbalzo: andando indietro all'agosto 2015, si vede come la discesa è del tutto simile sia nella velocità della discesa, che nelle indicazioni di COdVO: e si vede appunto anche la reazione positivadel mese di settembre, proprio intorno ai prezzi ora segnati dal mercato.




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Se andiamo indietro nel tempo, in un grafico dal 2004 ad oggi in cui abbiamo lascisto solo le indicazioni di rimbalzo per chiarezza, vediamo come COdVO abbia trovato i punti in cui il mercato ha corretto un eccessivo rimbalzo: da notare però, a causa del tempo necessario per la soluzione della tensione, il crollo del 2008 dato che la correzione si è fatta attendere molto ed ha generato una sequenza di segnali prima di fare un primo rimbalzo nel novembre e poi segnare un minimo definitivo. Da notare che COdVO è correlato ma mai identico al VIX, con segnalazioni più precise e meno frequenti. Possiamo quindi dire che la presenza dei supporti e la tensione della volatilità rendono sempre più probabile un rimbalzo nelle prossime sedute, se nessun altro nuovo motivo di preoccupazione turba gli operatori. Siamo quindi in attesa della capitolazione di una fetta di operatori ancora incerti, ed all'intervento di qualche fenomeno esterno che rassereni gli animi.

Eventi possibili per cambiare il sentiment sono non immediati ma abbastanza vicini : oggi pomeriggio la BCE con il monetary policy meeting, che darà la prima indicazione delle reazioni delle banche centrali a questa perturbazione, martedì 19 i dati sul PIL della economia cinese, giovedì 21 ancora la BCE sui tassi, ma forse soprattutto mercoledì 27 la FED con la decisione sui tassi e monetary policy statement (abbastanza prevedibili) e lo speech , da cui trarre la definitiva opinione sulle reazioni delle banche centrali alle oscillazioni del mercato.

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Guardando all'Europa, la situazione è simile a quella dello SP500: il DAX qui sopra ha tutte le segnalazioni di eccesso, ed anche se è più lontano dai supporti, nella giornata di oggi si è avvicinato anche lui alla quota 9400-9500 che ha rappresentato la fine della correzione della scorsa estate, con la volatilità implicita VDAX in rialzo ai livelli di settembre ma con la media della volatilità più alta, a rendere meno forte il mean reverting. Anche qui, attesa di una ultima tornata di panico e attesa di un punto d'appoggio su cui costruire il rimbalzo, ed anche qui una situazione che ancora si può guardare positivamente ma che, se peggiorasse, potrebbe aprire un bear market pronunciato.

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Concludiamo con il FTSEMIB : qui sia EULERO che HERAKLES sono più pessimisti, e COdVO contunua a dare un segnale di eccesso ma con un minimo di ripresa già iniziato, negato nella mattinata di oggi (stiamo scrivendo alle ore 12.30) che porterà a nuove segnalazioni di eccesso; superati i supporti di agosto-settembre, che avevano frenato la discesa di metà dicembre, la voltilità implicita è tornata a letture abbastanza elevate. Qui occorre trovare temi di ripresa nei mercati esterni e in possibili eventi macroeconomici che supportino una visione più favorevole per il nostro listino, penalizzato sia dalla congiuntura globale che dalle preoccupazioni nazionali in alcuni comparti, primo fra tutti il bancario.
 
Livelli di controllo

https://trendmercati.wordpress.com/2016/01/14/livelli-di-controllo/


Breve aggiornamento della giornata.
Gli indici europei hanno restituito l’over performance dei giorni precedenti con i titoli del settore automotive colpiti pesantemente.
Gli indici USA hanno sfruttato il supporto indicato ieri per effettuare un buon rimbalzo che però non ha indicato una potenziale strada fermandosi la dove si doveva fermare e cioè sulla prima resistenza dinamica incontrata.
E’ evidente che dopo oramai diversi mesi di incertezza, con un mercato del credito che comincia a diventare competitivo in termini di rendimento ma a diventare preoccupante in termini di rischio, lo stress sui mercati si è accentuato.
Ora abbiamo come punti di controllo dello S&P500 al ribasso il livello indicato ieri ed al rialzo quello che indichiamo oggi. Al rialzo incontreremo poi altre resistenze ma vediamo domani cosa farà il mercato anche in considerazione che lunedì il mercato sarà chiuso.
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Come riflessione notturna vi lascio questo grafico che indica con la riga rossa la fase in cui è cominciata la politica restrittiva della FED cosi come è misurata anche dalla Federal Reserve di Atlanta e di cui vi abbiamo già parlato. Nell’estate del 2014, poco dopo essere diventata la nuova presidente della FED Janet Yellen ha cominciato a parlare di politiche restrittive legate ai dati macroeconomici USA. Come potete notare c’è una forte correlazione tra l’andamento del “tasso ombra” di Atlanta e l’andamento del dollaro USA pesato per gli scambi commerciali e l’andamento del petrolio.
I problemi che ora si riverberano nella correzione dei mercati globali sono partite in quelle settimane.

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Dove siamo?

https://trendmercati.wordpress.com/2016/01/18/dove-siamo/

Nell’outlook del 2016 avevamo sostenuto la possibilità di un bottom importante per il primo trimestre del 2016 con poi nuova ripartenza del mercato con buon potenziale di crescita prima di nuova negatività nel secondo semestre del 2016.
Naturalmente era una possibilità.
L’accelerazione intervenuta ad inizio dell’anno ci ha fatto pensare che non c’era da aspettare molto in quanto gli indici si sono avvicinati velocemente ad importanti aree di supporto con un intermarket in deterioramento molto spinto.
la scorsa settimana abbiamo ipotizzato la possibilità di un minimo con ripartenza che avremmo valutato poi.
In realtà ci sono state solo un paio di finte ma la tendenza del mercato ha continuato ad essere negativa con una accentuazione del movimento sulle componenti più deboli (petrolio e paesi e trend correlati, HY e sua influenza sulle altre componenti dl credito ecc…) e con i leader che hanno mostrato chiari scricchiolii della propria tendenza rialzista.
In realtà anche l’indice azionario che seguiamo con più attenzione perché il più liquido del mondo e cioè lo S&P500 non ha effettivamente ceduto alcuni supporti importanti di medio periodo ma certo li ha messi in discussione.
Per questa ragione tentiamo di riprendere la nostra analisi e disegnare gli scenari futuri alla luce dei movimenti effettuati in considerazione che domani i mercati USA sono in festa per cui lasceranno il resto dei mercati per un giorno a misurare le forze senza la componente più importante.
Cominciamo con un resumé delle nostre precedenti ipotesi e con l’analisi delle ragioni della correzione per poi proseguire con le ipotesi di scenario per il futuro.
Come sa chi ci legge da un po’ di tempo la nostra ipotesi di scenario è che il restringimento monetario della FED messo in piedi da giugno/luglio 2014 e che da per valido il detto Tapering = Tightening sta manifestando ora alcuni dei suoi effetti negativi.
Notiamo con una certa soddisfazione che anche economisti di grido come Martin Feldstein si stanno avvicinando a questa ipotesi.
In ogni caso questa strategia che vuole essere comunque un restringimento monetario moderato atto ad eliminare gli effetti più estremi delle bolle speculative ha manifestato fina da subito degli effetti che ora sono al centro della discussione dei mercati.
Tra questi possiamo annoverare alcuni temi che fanno parte dei nostri commenti dall’estate del 2014:
1)Rafforzamento del dollaro che ha causato un calo delle materie prime nel momento in cui il principale consumatore di materie prime sta traslando la sua economia da una economia di investimento ad una economia di consumi (con le implicazioni valutarie viste in quest’ultimo anno). Fenomeno accentuato dagli effetti sull’offerta di tutti gli investimenti produttivi del settore minerario ed energetico effettuati dopo la metà dello scorso decennio a seguito del boom dei prezzi delle materie prime.
2)Riduzione della liquidità su alcuni mercati causata direttamente dal QT ma anche dalle politiche di controllo del portafoglio di investimento proprio delle banche d’affari e commerciali mondiali con rapido aumento degli spread delle obbligazioni HY e con il solito rischio contagio verso le altre asset del settore. Aumento che è cominciato proprio a metà del 2014 a conferma della causa univoca del trend.
3)Il rafforzamento del dollaro a via via causato dei problemi di gestione valutaria e monetaria ai paesi che avevano deciso un forte legame con la valuta americana. Tra questi la Cina ha visto prima ampliare la banda di oscillazione ed in un secondo tempo legare le sorti del proprio cambio ad un paniere di valute legate alla componenete dell’export piuttosto che al cambio verso il dollaro. Movimenti che di fsatto hanno messo incertezza al mercato sulla reale crescita cinese.

Se quindi è vero che il restringimento monetario della FED è andato a colpire alcune asset class e ne ha risparmiato qualcun’altra (almeno fino alla metà di quest’anno quando i tremori cinesi sono diventati timori globali), occorre andare ad analizzare queste asset class per valutarne la situazione complessiva e quindi orientare gli investimenti nella maniera più efficacie.
Lo faremo nei prossimi commenti sul blog.
 
Situazione petrolio

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Se a metà del 2014 parlare di un eccesso di offerta del petrolio e di un settore HY shale a rischio default sembrava una provocazione dopo un anno e mezzo il tema è diventato un tema chiave del mercato.​
Con la fine delle sanzioni iraniane una nuova ondata di offerta è pronta ad invadere i mercati mondiali ed a causare quello spike al ribasso di prezzo previsto da molti degli analisti ma solo adesso e dopo pesanti aggiustamenti delle aspettative.​
A nostro avviso adesso il prezzo è fin troppo basso rispetto al reale potenziale della materia prima ed al fatto che comunque la domanda mondiale è in crescita nonostante lo sviluppo di energie alternative (che comunque con petrolio a questi livelli faranno molta fatica).​
Ma a questo veniamo dopo.​
la prima cosa che possiamo verificare è che in questi ultimi mesi il prezzo del petrolio si è correlato in maniera molto intensa con l’andamento dei mercati azionari mondiali.​
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Sebbene sia evidente che sui listini sia presente una componente di titoli esposti alla crescita delle materie prime la loro percentuale rispetto ai listini è relativamente bassa e non dovrebbe influenzare cosi tanto l’andamento dei mercati.
La seconda ipotesi che si fa strada in queste settimane è che la correzione del petrolio sotto certi prezzi è più distruttiva per l’economia mondiale che costruttiva in quanto la distruzione di capex e produzione è superiore ai benefici derivanti dai bassi prezzi energetici, visto che molti paesi hanno, sul prezzo dei suoi derivati, delle imposte; molto spesso i paesi con deficit pubblici più elevati.
Noi siamo più per la terza ipotesi che però non deve per forza escludere le altre ma che riteniamo più plausibile e quindi ci da anche maggiori possibilità di fare una valutazione complessiva del mercato.
La discesa del prezzo del petrolio causa a molti stati nazionali fortemente dipendenti dalle esportazioni del petrolio dei problemi di gestione dei bilanci costruiti su livelli di prezzo del petrolio molto più alti degli attuali, oltre che causare dei problemi alle valute domestiche soprattutte se le stesse sono legate all’andamento di un dollaro che si sta rafforzando.
In questa situazione chi gestisce le riserve valutarie del paese ma soprattutto chi si trova a gestire la liquidità dei fondi sovrani di questi paesi si trova costretto a liquidare parte delle proprie posizioni costruite sui titoli più liquidi in giro per il mondo per sostenere la valuta domestica ed i piani di investimenti previsti.
Tenuto conto che la liquidità gestita da questi fondi sovrani è enorme:
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Una vendita anche modesta dei propri asset può creare una fuoriuscita di capitali difficile da bilanciare soprattutto se questi flussi prendono il sopravvento e quindi causano la diffusione virale della paura.
JPMorgan ha stimato che con il prezzo medio del 2015 i SWF hanno dovuto vendere asset per circa 10 miliardi di dollari sui mercati procedendo come sempre con quelli più liquidi.
Il fondo sovrano dell’Arabia nel periodo maggio/ottobre 2015 ha venduto 1,2 miliardi di dollari di azioni. Nello stesso periodo il fondo sovrano norvegese, fondo che nel suo picco massimo deteneva circa l’1% dei mercati azionari globali ha venduto 1,1 miliardi di dollari di azioni.
JPMorgan stima che ad un prezzo di 31 dollari al barile medi i SWF dovranno vendere circa 75 miliardi di azioni nel 2016. Una cifra che non può non avere un impatto sui mercati azionari alle prese con una restrizione di liquidità condotta dalla banca centrale della valuta di riserva per eccellenza.
A nostro avviso quindi sarà la ripresa del prezzo del petrolio che porterà con se anche un recupero dei mercati azionari perché in questo caso i venditori automatici di azionario spariranno e i cacciatori di bottom saranno soli e potranno permettere al mercato di costruire un movimento di inversione.
Poiché però il trend ribassista e molto forte bisogna essere prudenti ed attendere che il movimento si verifichi prima di posizionarsi ancora o di aumentare l’esposizione sia su un mercato che sull’altro.
Ci sono segnali di esaurimento del trend dato dall’accelerazione del movimento delle ultime sedute, dal fatto che il movimento sia al test della trendline ed anche leggermente sotto ed al fatto che la cancellazione dell’embargo all’Iran sia oramai un fatto e non più una news da scontare sugli scenari futuri.
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La prossima settimana potrebbe essere una settimana di minimo per il petrolio e quindi lo potrebbe anche essere per tutti i trend collegati ma come detto per un investitore prudente è necessario osservare prima l’inversione e poi operare. Diverso il discorso di un trader in base alla propria propensione al rischio.
Se siamo riusciti ad individuare l’eventuale ragione della correlazione OIL/mercati azionari non possiamo però escludere da questa analisi l’influenza che l’andamento del petrolio ha avuto in questi ultimi anni sull’economia USA
Molti dei posti di lavoro costruiti negli USA fino a metà del 2014 erano correlati all’andamento del mercato petrolifero interno e solo successivamente altri settori si sono sostituiti. Questo deve far riflettere su cosa potrebbe essere per l’economia USA, ma anche per l’economia mondiale, visto il peso dei consumatori USA sulla stessa, un andamento eccessivamente negativo dello stesso.
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Abbiamo imparato che la produzione USA è tendenzialmente più cara delle produzioni dei paesi del Golfo e degli altri produttori dell’OPEC salvo rare eccezioni. ma il boom finanziario sottostante, la capacità di coprire la produzione dal rischio di ribasso dei prezzi ha fino ad ora consentito alla produzione USA di non perdere eccessiva produzione complessiva come abbiamo illustrato in precedenti articoli:
https://trendmercati.wordpress.com/2016/01/13/cina-ed-energia/
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Eppure questi temi sembrano anche se lentamente manifestare tutti gli effetti deleteri di una bolla speculativa e quindi la possibilità che parte di questa produzione sia finalmente eliminata dal mercato per creare maggiore equilibrio tra domanda ed offerta.
Molte delle imprese shale sul mercato non hanno più coperto la produzione e questo nonostante la curva dei futuri poteva consentire di vendere la produzione a termine a livelli ancora elevati, questo perché molto probabilmente l’operazione non era comunque profittevole in considerazione che l’acquisto della copertura aveva comunque un costo.
Il leverage cioè il rapporto tra il debito netto e la capacità di generare reddito mano a mano che il prezzo scende sta esplodendo (ed abbiamo preso in considerazione un report di fine anno quindi che non ha preso in considerazione la nuova ondata ribassista):
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Il prezzo medio a cui viene venduto il petrolio USA ed in Canada ancora di più, anche quello di maggiore qualità (cioè il light) è storicamente più basso del prezzo quotato sul mercato dei futures, anche se ultimamente lo spread si è ristretto:
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E’ evidente che il settore è in distressed e questo si è trasferito recentemente anche alle banche maggiormente esposte sul settore. i recenti dati trimestrali di Bok financial, di Regions Financial e Wells Fargo hanno evidenziato un aumento degli accantonamenti per perdite su credito legate al settore anche se al momento il livello delle stesse è basso ed il livello del credito al settore, abbastanza gestibile e non pari a quello dei mutui subprime.
Ma se ci fosse un contagio alle compagnie petrolifere considerate HG allora il problema potrebbe ampliarsi anche in considerazione che le aziende HG sono quelle con meno copertura sulla produzione futura.
Inoltre il rischio che paesi con pressi produttivi elevati possano patire delle fasi di dislocazione dei capitali è altrettanto alta.
In ogni caso sembra che la Fed di Dallas si sia preoccupata della situazione attuale del settore ed abbia chiesto alle istituzioni finanziarie di non quotare più le obbligazioni ed i prestiti al settore mark to market per poter procedere ad una liquidazione ordinaria degli asset e preservare il settore dal collasso produttivo. Questa mossa rallenterebbe ulteriormente il declino della produzione di potrolio USA.
In ogni caso le quotazione delle obbligazioni HY del settore sono molto disastrate e la percentuale di default del settore è in crescita sostenuta e riteniamo che il trend non si arresterà.
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Conclusioni:
Dal punto di vista tecnico e del sentiment il petrolio potrebbe rimbalzare, magari dopo un ulteriore sell off seguito alla notizia della fine dell’embargo iraniano.
Se poi la distruzione produttiva tra i paesi e settori produttivi più cari dovesse concretizzarsi allora immaginiamo una stabilizzazione dei prezzi si livelli superiori ma non un forte rialzo a causa del fatto che un rialzo dei prezzi ripresenterebbe gli eccessi produttivi attuali almeno finché la liquidità del settore non evaporerà ulteriormente. Certamente il crollo degli investimenti può avere il suo effetto se unito alla bassa produttività delle produzioni canadesi e USA. Sicuramente l’andamento attuale è un problema di offerta ma occorre essere obiettivi ed analizzare che anche nel passato nonostante la crescita dell’offerta il petrolio ha visto il suo prezzo crescere e non diminuire per cui l’impatto sul prezzo del sentiment complessivo del mercato ha una sua notevole rilevanza ed una eventuale costruzione di un bottom avrebbe effetti positivi oltre le reali aspettative attuali.
 
Obbligazionario HY


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Se il petrolio ha reso incerto i mercati azionari causando un flusso di vendite che ha avuto un suo seguito dagli investitori di momentum, sicuramente il suo impatto ha avuto una notevole importanza sull’andamento delle obbligazioni HY USA.
Come abbiamo detto anche nel passato il peso delle obbligazioni HY energy nel paniere delle obbligazioni HY USA è cresciuto fino all’anno passato e questa crescita, nella fase di correzione ha reso più debole l’indice.
Molte delle obbligazioni shale ricomprese nell’indice sono ora quotate a livello distressed e il rischio di default su un certo campione delle emissioni è molto alto:
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Nel settore la bolla del settore energy sembra ancora più rilevante di quella dei titoli TMT che si finanziavano prettamente tramite equity:
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La cosa positiva, fino a questo momento era che l’influenza dell’andamento delle obbligazioni HY non avev colpito tutto il settore delle obbligazioni corporate che in questi anni si è espanso in maniera davvero importante e quindi potrebbe causare delle difficoltà al sistema finanziario nonostante le scadenze siano orientate a lungo termine.
Complessivamente il settore HY USA ed europeo esclusi i titoli più rischiosi che quotano quindi sotto 80 di prezzo nominale e esclusi i titoli del settore nergy ha valutazione ancora tutto sommato sui minimi di periodo.
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Va però detto che il rialzo del rendimento delle obbligazioni tripla CCC nel passato ha sempre causato un aumento dei rendimenti complessivi delle obbligazioni HY ma soprattutto si è verificato in momenti di stress dei mercati così come c’è sempre stato un settore o mercato che ha trascinato il rialzo complessivo dei rendimenti.
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Anche questo settore come il resto del mercati fortemente correlati alla presenza di liquidità globale hanno cominciato a correggere da giugno/luglio 2014 ma diversificando poi gli andamenti con le obbligazioni HY emergenti rimaste sempre più elevate mentre le obbligazioni HY USA hanno solo subito l’influenza shale e quelle europee si sono rialzate moderatamente e soprattutto durante le fasi di accelerazione negative dei mercati.
L’ultimo sell off dei mercati ha poi causato un peggioramento dell’andamento anche delle obbligazioni sovrane emergenti alle prese, chi più chi meno con il positivo andamento del dollaro che drena liquidità ai paesi più indebitati.
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Concludendo la disamina del settore, nonostante la debolezza causata da alcuni settori e mercati è evidente che per un investitori mediamente investito nel settore la possibilità di far performance è stata limitata dalla debolezza di diversi mercati mentre molto meglio è andato chi ha fatto bond picking sul settore. Ma la situazione è in deterioramento e ulteriori ribassi dell’OIL e dei mercati con forza del dollaro verso le valute emergenti porterebbe ad una ulteriore gamba ribassista per cui anche questi mercati sperano in un recupero del prezzo delle materie prime.
 
Mercati azionari

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Avendo fatto una rapida disamina delle condizioni intermarket che hanno causato la correzione ed i suoi effetti veniamo ora ai mercati azionari.
A nostro avviso, probabilmente anche a causa delle reminiscenza dei movimenti degli ultimi 15 anni, con le bolle speculative succedutesi senza soluzione di continuità, il mercato ha cominciato a vendere anche in anticipo rispetto alle reali situazione del mercato. In questa sezione non parleremo della Cina ma è evidente che i timori sulla Cina, a nostro avviso sovrastimati, hanno contribuito alle vendite generali.
Com’è, come non è, molti dei mercati principali mondiali sono ora alle prese con correzioni che viaggiano tra il 10% dei mercati più forti ed oltre il 40% per i mercati più esposti alla debolezza delle materie prime e dal rallentamento emergente.
Segno che comunque la debolezza del ciclo ha interessato un po’ tutti gli attori sul mercato.
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Questa tabella è la ragione per cui, nonostante riteniamo possibile un minimo importante nel primo trimestre del 2016 da dove poi ripartire per un recupero importante siamo ora un po più negativi sugli scenari futuri, tenuto presente che eravamo già negativi sul medio lungo termine nell’outlook presentato.
Il rimescolamento delle carte e la violenta correzione di inizio anno ci potrebbe anche far riconsiderare l’intero scenario anche di medio lungo termine ma staremo a vedere nelle prossime settimane.
Questo non toglie che secondo i nostri modelli la Cina cresce più di quanto stimato dai mercati e le materie prime sono state bastonate oltre quanto i fondamentali giustificano.
Naturalmente però bisogna rispettare anche l’analisi tecnica e questa ci dice che nell’ultima settimana molti indici si sono complicati la vita e serve un pronto recupero per recuperare dei livelli chiavi.
In realtà lo S&P500, il nostro indice di riferimento, i livelli indicati l’altro giorno non li ha ceduti totalmente anche se li ha testati con una intensità preoccupante. Riteniamo che le condizioni di ripartenza, soprattutto se gli indicatori di sentiment dovessero mostrare un ulteriore indebolimento potrebbe verificarsi anche se con qualche seduta di ritardo.
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Va detto che il supporto dinamico della trend che sorregge il rialzo dal 2008 risulta attualmente passare sotto i 1800 punti e quindi con ancora una distanza di sicurezza importante considerate anche le condizioni di iper venduto attuale. Il suo test nelle prossime sedute potrebbe indicare un minimo importante. Quello è lo spazio massimo che riteniamo percorribile al ribasso nella fase attuale, nel caso di un sell off tipico dei bear market seguito poi da un potente bear market rally.
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Il DJIA invece la sta testando ora invece con una costruzione della trend differente ed insieme a questa trend di lungo periodo sta testando anche dei supporti più di breve periodo ma con uguale valenza anche se su scala temporale inferiore.
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Diversa la situazione delle small cap USA, storicamente con valutazioni più elevate di quelle dell’indice principale e quindi più soggette a fasi correttive violente. In questo caso la correzione è già entrata in un bear market ciclico ed i livelli perforati devono essere recuperati con urgenza per non significare una situazione di allarme più marcato.
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In questo contesto parecchio negativo non abbiamo parlato dell’Europa perché secondo la vulgata del momento dovrebbe essere maggiormente isolata dal contesto negativo e dovrebbe poter sovraperformare sia i mercati emergenti che quelli USA.
Per il momento però i mercati europei dall’inizio dell’anno hanno sotto performato in valuta locale il mercato USA principale.
In particolare mettiamo qua l’andamento delle big cap europee e poi dell’indice allargato.
L’euro stoxx 50 su base monthly mostra il cedimento di alcune resistenze importanti. Essendo su base mensile ha ancora due settimane per negare la figura che se cnfermata avrebbe un messaggio negativo per l’intero contesto finanziario europeo.
L’indice allargato che comprende anche azioni del Regno Unito mostra una fase correttiva simile a quella del 2011 ma al momento più lunga nella durata ma meno intensa nella profondità. Anche in questo caso la rottura weekly non depone a favore dell’andamento dell’indice. Abbiamo però dei supporti importanti nel sottostante che potrebbero fare da importante barriera.
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Come detto la situazione si è ulteriormente degenerata e questi grafici mostrano proprio questa condizione.
Nel frattempo però le condizioni di sentiment e di partecipazione hanno ulteriormente degenerato anche se le loro letture cominciano ad essere estreme ma non così estreme se davvero siamo oramai in un bear market ciclico.
In ogni caso riportiamo alcuni dati del sentiment cosi come misurato dal DSI che indica delle letture molto basse per indici azionari e materie prime.
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Ma come detto alcuni indicatori sono già in condizione per indicare un potenziale rimbalzo mentre altri devono ancora peggiorare un pochino. A nostro parere una seduta negativa potrebbe bastare per segnare un minimo di pessimismo magari corroborata da dati cinesi in buon recupero e materie prime, soprattutto energy con un definitivo sell off seguito alla fine dell’embargo iraniano.
Non vi posto le messe di indicatori a nostra disposizione per non intasare e rendere illeggibile il commento ma su richiesta sono a vostra disposizione.
Concludendo la disamina degli indici ed in particolare dello S&P500 non possiamo non aver notato che fino ad oggi la correzione, pur avendo mostrato sedute negative, non ha mai ecceduto nei ribassi. In poche parole non si è ancora realizzata una seduta profondamente negativa, magari il 3% ed oltre e poi un recupero nel durante a negare il movimento. Sono queste solitamente le sedute che danno il la al recupero anche momentaneo dai bear market e decretano la fine della fasi correttive. Al momento questo movimento si è concretizzato solo in delle reazioni a dei supporti ma mai profonde nel prezzo tali da segnare un cambio di tendenza nel sentiment degli operatori.
Letture ancora più estreme negli indicatori di partecipazione ed una seduta come sopra descritta ci diranno che il mercato ha voglia di recuperare almeno parte delle perdite, con un occhio al petrolio che essendo fortemente correlato al mercato azionario potrebbe dare il la alla reazione dei prezzi.
 
grazie Giorgio per l'aggiornamento
i temi preoccupanti non mancano e la struttura tecnica sembra davvero compromessa , però non è forse troppo telefonato questo bear market americano (già perchè su emerging è già bello tosto e forse qualche europeo fuori dal bear market non ci è ancora uscito), ormai ne parlano tutti, basta fare #bearmarket e c'è un consenso unanime su un crollo epocale stile 2008
va beh forse è una mia speranza, troppo contrarian....comunque ho trovato una voce fuori un pò dal coro oggigiorno che ritiene la correzione usa post rate hike nella norma :

"While concerns about China, a strong USD, collapsing Commodity/Oil prices, global growth, etc. are being tossed around as reasons for this bout of Equity market weakness (and why it will continue), it is worth remembering that an Equity market correction is actually the usual when the Fed first hikes
• Above we look at the 6 periods when the Fed first started hiking rates going back to 1986 and not including the most recent one last month. We ignore hikes prior to 1986 given many of these were part of the fight against Stagflation
• What happened during initial Fed hikes in these prior periods?:
– December 1986 – SPX corrects down 5.33% before uptrend resumes
– March 1988 – SPX corrects down 6.22% initially though the ultimate high to low correction into
May 1998 is -8.73%
– January 1994 – SPX corrects down 9.73% over the next two months
– March 1997 – SPX corrects down 9.98% over during the “one and done” hike
– June 1999 – SPX corrects down 10.73% though markets remained volatile and did not bottom
out until October. There had also been a correction down of 7.17% prior to the hike.
– June 2004 – SPX corrects down 7.47% having already been in a choppy market in the prior
months
• So, on average, Fed hikes are accompanied by corrections in the SPX of 8.7%. As it happens, the post-Fed hike correction this time around has so far been 8.7%. Typical.
• This is not to say the correction is over at this point. It is only to note that Equity market corrections are quite typical after initial Fed hikes but after the initial jitters pass markets return to trading to the bigger backdrop (which in most cases ultimately meant a resumption of the Equity rally)

cosa ne pensate ? qualche possibilità esiste?
 
grazie Giorgio per l'aggiornamento
i temi preoccupanti non mancano e la struttura tecnica sembra davvero compromessa , però non è forse troppo telefonato questo bear market americano (già perchè su emerging è già bello tosto e forse qualche europeo fuori dal bear market non ci è ancora uscito), ormai ne parlano tutti, basta fare #bearmarket e c'è un consenso unanime su un crollo epocale stile 2008
va beh forse è una mia speranza, troppo contrarian....comunque ho trovato una voce fuori un pò dal coro oggigiorno che ritiene la correzione usa post rate hike nella norma :

"While concerns about China, a strong USD, collapsing Commodity/Oil prices, global growth, etc. are being tossed around as reasons for this bout of Equity market weakness (and why it will continue), it is worth remembering that an Equity market correction is actually the usual when the Fed first hikes
• Above we look at the 6 periods when the Fed first started hiking rates going back to 1986 and not including the most recent one last month. We ignore hikes prior to 1986 given many of these were part of the fight against Stagflation
• What happened during initial Fed hikes in these prior periods?:
– December 1986 – SPX corrects down 5.33% before uptrend resumes
– March 1988 – SPX corrects down 6.22% initially though the ultimate high to low correction into
May 1998 is -8.73%
– January 1994 – SPX corrects down 9.73% over the next two months
– March 1997 – SPX corrects down 9.98% over during the “one and done” hike
– June 1999 – SPX corrects down 10.73% though markets remained volatile and did not bottom
out until October. There had also been a correction down of 7.17% prior to the hike.
– June 2004 – SPX corrects down 7.47% having already been in a choppy market in the prior
months
• So, on average, Fed hikes are accompanied by corrections in the SPX of 8.7%. As it happens, the post-Fed hike correction this time around has so far been 8.7%. Typical.
• This is not to say the correction is over at this point. It is only to note that Equity market corrections are quite typical after initial Fed hikes but after the initial jitters pass markets return to trading to the bigger backdrop (which in most cases ultimately meant a resumption of the Equity rally)

cosa ne pensate ? qualche possibilità esiste?

Un po' di schizofrenia c'è... un mese fa erano tutti per un 2016 positivo o quasi ora sono tutti depressi...
Per quanto riguarda la statistica sopra riportata l'ho letta anche io e che dire, campione statistico limitato e situazioni ben differenziate da una volta all'altra.. e la situazione macro attuale in molti dei casi precedenti non esisteva.
Noi sosteniamo che adesso non siamo al primo rialzo dei tassi ma le politiche di QT ci sono già da diverso tempo per cui la situazione è molto più in la che nelle precedenti fasi monetarie ma anche che ci sono altre forze non uguali alla politica monetaria USA ma che cercano di avere propria dignità che tentato di controbilanciare, al momento senza riuscirci anche per dei dubbi sulle stesse a nostro avviso eccessivi.

Ora però con la correzione fatta un po di rensimento da diverse asset class è stato estratto per cui se il circolo vizioso tra tassi USA, moneta USA, materie prime, mercati emergenti e poi resto dell'economia dovesse invertirsi o quantomeno consolidare potremmo vedere una decente reazione.
Poi l'entità della stessa la valuteremo nel tempo
 

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