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Forumer storico
C'è del marcio a Wall Street
SEC, Goldman Sachs e riforma del settore finanziario
21 apr 2010
di ALFONSO TUOR

Wall Street sembra aver superato rapidamente l’inchiesta aperta dalla Sec contro Goldman Sachs. Infatti dopo il contraccolpo iniziale registrato venerdì scorso dalle azioni della più potente banca di investimento americana in caduta del 13%, che hanno trascinato al ribasso anche gli altri titoli bancari, tutto sembra essersi placato. Ieri, l’apertura di un’inchiesta contro Goldman Sachs anche da parte delle autorità di sorveglianza britanniche è passata pressoché inosservata. A tutto ciò hanno forse contribuito gli utili miliardari annunciati da JP Morgan, Bank of America e Citigroup, uno dei gruppi bancari americani più colpito dalla crisi, e i 3,46 miliardi di dollari di utili registrati nel primo trimestre di quest’anno dalla stessa Goldman Sachs. Ad attenuare l’influenza della grave denuncia è stata soprattutto la linea di difesa adottata da Wall Street: l’iniziativa della Sec sarebbe un’iniziativa dell’amministrazione Obama e dei democratici tesa a sbloccare l’iter parlamentare della riforma del settore finanziario attualmente al vaglio del Senato.
In particolare, l’obiettivo sarebbe quello di fiaccare la forte resistenza di Wall Street di trasferire nelle Borse il commercio di strumenti derivati, decurtando in questo modo pesantemente gli utili che le banche di investimento attive a New York realizzano in questo genere di attività. Questa interpretazione è stata suffragata dal grande risalto dato alla notizia che la decisione di avviare l’inchiesta contro la Goldman sarebbe stata sostenuta dai rappresentanti democratici all’interno della Sec ed avversata dai repubblicani.
Sebbene sia probabile che vi siano motivazioni politiche nell’iniziativa della Sec contro la più potente banca americana, sta di fatto che la truffa denunciata conferma che c’è del marcio a Wall Street, a tal punto da spingere i giornali specializzati a riferire che «gole profonde» sostengono che presto la Sec aprirà inchieste analoghe contro altre banche e addirittura ad indicare gli istituti (tra cui alcuni giornali inseriscono anche UBS) che prossimamente saranno al centro dell’attenzione delle autorità di sorveglianza americane.
L’attuale numero uno della banca, Lloyd Blankfein, aveva recentemente dichiarato che «Goldman Sachs fa il lavoro di Dio». Appare dunque interessante capire, grazie alla denuncia della Sec, attraverso quali meccanismi l’istituto realizza questo lavoro divino, accantonando la sua capacità di mettere i propri uomini nei posti chiave delle amministrazioni sia repubblicane sia democratiche. Basti ricordare i ministri del Tesoro Henry Paulson durante la presidenza Bush e Robert Rubin durante la presidenza Clinton (ambedue in precedenza Chief Executive Officer di Goldman Sachs). In buona sostanza, la Sec accusa Goldman Sachs di avere venduto uno strumento finanziario costruito espressamente per far perdere soldi a chi l’avesse comprato. In pratica, una truffa a danno dei clienti ignari che un Hedge Fund e la stessa banca avrebbero operato per massimizzare le perdite dello strumento venduto. Goldman Sachs si difende, sostenendo che i clienti, la tedesca IKB e l’olandese ABN-Amro poi assorbita da Royal Bank of Scotland, non erano degli sprovveduti ed erano perfettamente consapevoli dei rischi che correvano.
Entrare nei dettagli dell’operazione apre comunque uno squarcio sui meccanismi che hanno prodotto la recente crisi finanziaria e sui modi di operare di Wall Street. Nel 2007 John Paulson, gestore di un grande Hedge Fund che ha guadagnato miliardi scommettendo sul crollo del mercato immobiliare americano, chiede a Goldman Sachs di creare uno strumento finanziario contro cui speculare. La banca costruisce dei CDO sintetici, ossia delle Collateralized Debt Obligation che invece di essere garantite da un portafoglio di obbligazioni varie erano garantite da derivati (Credit Default Swap) sulle obbligazioni. Insomma uno dei vari strumenti attraverso i quali un singolo mutuo ipotecario dava origine fino a quattro strumenti finanziari, con la conseguenza che se il beneficiario dell’ipoteca avesse cominciato a non pagare, l’effetto della sua decisione si sarebbe moltiplicato per quattro sui mercati finanziari. Goldman Sachs, che a sua volta prevedeva il crollo della bolla immobiliare statunitense, inserisce nel CDO sintetico i Credit Defaul Swap (CDS) indicati da John Paulson, ossia le polizze assicurative sulle obbligazioni scelte tra quelle più a rischio, in cui erano stati impacchettati i mutui subprime, e le vende senza comunicare agli acquirenti che i CDS erano stati scelti da John Paulson e che sia il suo Hedge Fund sia la stessa banca svrebbero opererato sul mercato affinché questi CDO sintetici perdessero il massimo valore possibile. Ne discende un forte conflitto di interessi per Goldman Sachs. Non si tratta di un caso unico, ma di una prassi diffusa nel settore finanziario che non riguarda unicamente Wall Street. Bisogna riconoscere che negli Stati Uniti si ha talvolta il coraggio di alzare il velo su queste pratiche, mentre ciò non accade quasi mai in Europa. Se la giustizia americana darà ragione alla Sec, Goldman Sachs dovrà non solo rimborsare un miliardo di dollari ai clienti truffati, ma sarà passibile di pesanti sanzioni che potrebbero essere anche non solo di natura pecuniaria.
Questo caso mette in evidenza pure gli stretti legami operativi tra banche di investimento ed Hedge Fund. Anche se alcuni negano questo connubio, spesso emerge che, come in questo caso, i cosiddetti talenti che gestiscono gli Hedge Fund di maggiore successo derivano queste loro qualità innate da rapporti con il mondo bancario quantomeno molto discutibili. La fama e i miliardi guadagnati ad esempio da John Paulson non sono solo il frutto della corretta previsione del crollo della bolla immobiliare, ma soprattutto dei rapporti con Goldman Sachs, che gli aveva preparato il veicolo contro cui sparare e che in ogni caso avrebbe permesso di minimizzare le perdite anche se la previsione si fosse rivelata errata. Questo caso, quello dell’Hedge Fund Galleon Group, accusato di insider trading, e la clamorosa truffa di Madoff mettono in luce un connubio perverso tra banche di investimento ed Hedge Fund. Non avrebbe quindi senso regolamentare i primi senza regolamentare anche i secondi.
In conclusione, la vicenda Goldman Sachs così come i fatti che stanno venendo alla luce a Chicago nel processo sul fallimento di Lehman Brothers confermano che a Wall Street il marcio è diffuso.
 

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