Turchia
Paesi emergenti: Turchia
Da
LupoAlberto il 8 Settembre, 2009,

A giudicare dal grafico dell’andamento dell’indice DJ Turkey Titans 20 durante gli ultimi tre anni, si direbbe che il peggio sia ormai alle spalle, considerando il potente rally che si è sviluppato dopo i minimi di marzo 2009. Le attuali quotazioni sono superiori di circa il 120% rispetto ai minimi di novembre 2008 e solo il 15% al di sotto dei massimi storici segnati nel corso del 2007. Ovviamente, chi investe deve basare le scelte su considerazioni più approfondite rispetto a un rialzo già ben evidente dal grafico e quindi noto a tutti. Il mercato mondiale ha subito una fase particolarmente difficile nel quarto trimestre del 2008 e il primo trimestre del 2009; nel contempo, si può senz’altro affermare che la risposta governativa, da parte della maggior parte degli stati nel Mondo, sia stata molto aggressiva. Una delle conseguenze della politica monetaria espansiva e dell’ingresso di capitali pubblici nelle aziende e nelle banche ha indotto la crescente impressione che altri grandi “disastri” finanziari dopo Lehman Brothers non si verificheranno più, dando, in effetti, il via libera a tutti gli investitori istituzionali per incrementare il loro livello di rischio. Il ritorno della propensione al rischio creato da queste azioni governative è tra i motivi principali dell’evidente rialzo registrato in diversi mercati emergenti, con la Turchia tra i primi in classifica; ma guardando dietro la facciata dei rialzi degli indici azionari si presenta una realtà contrastante. Da un lato, la rinnovata propensione al rischio sta agevolando una certa flessibilità del Paese in termini di emissione di nuovi titoli di Stato; si stima che circa 5 miliardi di Dollari in titoli verranno emessi nella restante parte dell’anno, al fine di soddisfare le esigenze di cassa del governo. Questa situazione ha come sfondo il continuo abbassamento dei tassi d’interesse, che hanno raggiunto il 7,75% dopo l’ultima decisione della banca centrale del 18 agosto. Questo livello rappresenta un nuovo minimo storico per il Paese e costituisce il proseguimento di un percorso che ha visto l’abbassamento dei tassi per un 9% totale nel corso degli ultimi 10 mesi. A giudicare dalle dichiarazioni della banca centrale del Paese, i tagli continueranno nel breve termine, ma resteranno poi fermi per tutto il 2010. A livello strutturale, si può affermare che la Turchia sia poco cambiata in questi ultimi mesi; la situazione fiscale del governo continua a peggiorare a causa dei vari incentivi che si stanno applicando all’economia e l’ultima stima del Ministro dell’Industria del Paese, Nihat Ergun, ha evidenziato un deficit fiscale pari a 40 miliardi di Dollari per il 2009, ben sei volte superiore a quanto previsto nel budget iniziale. L’altra difficoltà irrisolta è quella del deficit delle partite correnti, un fenomeno ridimensionatosi a causa della crisi, visto che i consumi sono diminuiti e i prezzi delle materie prime importate si sono abbassati, ma sempre di entità notevole a 30,5 miliardi di Dollari per i 12 mesi fino al 31 marzo 2009. Il tasso di disoccupazione è salito al 13,6% nel mese di giugno, mentre l’economia in generale, secondo il FMI, dovrebbe subire una contrazione del 5,1% al termine del 2009 dopo un primo trimestre in cui ha segnato un calo del 13,8%, su base annua, segnando il maggiore crollo dell’attività economica del Paese da quando iniziano i dati statistici comparabili (1987). Questo scenario, accompagnato da una borsa in rialzo e in presenza di fondamentali meno convincenti, potrebbe far sorgere il dubbio che sia solo il momentaneo ritorno della propensione al rischio a sostenere la Turchia. Prima o poi, se i problemi strutturali rimanessero irrisolti, il Paese dovrà ricorrere a un altro accordo con il FMI, accettando la medicina amara che lo accompagna. Nel contempo, si può sostenere che una moderata ripresa dell’attività economica a livello mondiale possa portare notevoli benefici all’economia turca, dato che i costi della sua industria risultano nettamente inferiori rispetto alle imprese equivalenti in occidente. A tal proposito, si può portare l’esempio della società Eregli Demir ve Celik Fabrikalari T.A.S, che rappresenta il produttore di acciaio più importante del Paese (presente nell’indice con il 6,3% circa del totale), il suo posizionamento di mercato è ottimale e potrebbe riprendere a dare delle soddisfazioni. Dopo la perdita registrata nel primo semestre del 2009, le prospettive per il settore dell’acciaio in generale appaiono in netto miglioramento e queste indicazioni sulla ripresa industriale non potranno che apportare dei benefici a società di questo tipo e, più in generale, al tessuto produttivo del Paese.