Turchia taglia i tassi per indebolire la lira e favorire l'export
di Vittorio Da Rold
16 dicembre 2010
Sono sempre originali questi turchi, mai banali. Il taglio dei tassi di interesse è l'ennesimo atto della currency war (della guerra delle valute) in corso nei paesi emergenti. Mentre i cinesi hanno il cambio ancorato al dollaro come una sanguisuga), nessuno vuole rafforzare il cambio finché non si è fuori o quasi dalla crisi. Così giovedì sera la banca centrale turca ha ridotto i tassi di interesse dal 7 al 6,50% mentre l'inflazione frena e la Banca cerca di ridurre l'afflusso di capitali stranieri e ridurre il deficit delle partite correnti. Ora i tassi turchi sono al punto più basso mai toccato.
Una mossa controcorrente che si inquadra appunto nella più ampia "guerra della valute" in corso nei paesi emergenti che vedono arrivare a causa del Quantitative easing americano (cioè l'acquisto di titoli di stato da parte della Federal Reserve) di capitali in cerca di rendimenti più redditizi rispetto agli States che però rafforzano la valuta locale, in questo caso la lira turca, frenano l'export di Ankara e ne aumentano l'import di prodotti esteri mandando in rosso la bilancia delle partite correnti. È chiaro che la stabilità dei prezzi non è più la priorità della Banca centrale turca che ora guarda alla stabilità finanziaria. Una mossa simile a quanto fatto a Zurigo per ridurre la forza del franco. Un elemento su cui ragionare anche a Francoforte e soprattutto a Berlino.