Educational e FAQ TUTORIAL Investire in obbligazioni: prima di tutto conosci te stesso (5 lettori)

pacu83

NON SONO STATO IO...
Articolo di Alessandro Pedone 1 dicembre 2010
http://investire.aduc.it/articolo/titoli+stato+italiani+sono+rischiosi_18447.php

In questi giorni ed in queste ore, in cui i titoli di stato europei sono sotto il bersaglio dei mercati finanziari (quelli di Grecia, Irlanda, Portogallo in maniera pesantissima, quelli di Spagna, in maniera grave, quelli Italiani in maniera pesante, ma anche Francia e Inghilterra stanno vedendo allargamenti degli spread con il BUND sebbene in maniera lieve, se paragonati agli stati citati precedentemente) mi domandano sempre più spesso se i titoli di stato italiani siano rischiosi e quindi se è bene liberarsene.

Voglio dire immediatamente, in estrema sintesi e senza giro di parole, come la penso: vendere titoli di stato italiani oggi sarebbe, a mio modesto parere, un errore. Proviamo ad articolare meglio questo concetto.

Il termine "rischio" è una delle espressioni più ambigue. Per gli investitori con il termine "rischio" ci si riferisce alla probabilità di perdere soldi, per gli "esperti" lo stesso termine assume svariate sfumature, ma tutte riassumibili nel concetto di oscillazione dei prezzi.
Dal punto di vista dei gestori di fondi comuni d'investimento, e più in generale dei gestioni professionisti, i titoli di stato periferici sono diventati un'asset class decisamente rischiosa. Le probabilità che nel breve termine le oscillazioni dei prezzi di questi titoli aumentino sono chiaramente elevate. E' evidente che questi titoli sono "sotto assedio", finanziariamente parlando.
A fine dicembre, per molti gestori sarà il momento di trarre i bilanci sull'andamento dei loro portafogli rispetto ai famigerati "benchmark", ed avere in portafoglio molti titoli di stato europei dei Paesi periferici può essere, dal loro personalissimo punto di vista, una pessima idea.
E' possibile (io dico: probabile) che per il rendimento di lungo termine del portafoglio, avere questi titoli possa essere un'ottima idea, ma se le valutazioni di breve periodo vanno male, il gestore rischia seriamente di non essere lui a beneficiare, perché non sarà più il gestore di quel portafoglio.

Questo è uno dei tanti paradossi della finanza, gli intermediari finanziari raccomandano ai propri clienti di vedere le cose nel lungo termine, ma poi loro sono i primi ad estremizzare le valutazioni (e le scelte) di breve termine.

Ma torniamo al problema dei titoli di stato italiani, o meglio della sostenibilità del debito pubblico italiano. Il debito pubblico italiano è molto grande, ma sostenibile.
Sia chiaro, non sto sottovalutando il problema. Speriamo (ma purtroppo siamo un po' pessimisti in tal senso) che questa crisi finanziaria faccia finalmente capire alla classe politica che il rientro dal debito pubblico (attenzione: non semplicemente il contenimento del deficit, ma il rientro del debito pubblico) dovrebbe essere il primo punto di qualsiasi governo, qualunque sia il colore politico.
Naturalmente il debito pubblico è sostenibile prima di tutto se la nazione cresce economicamente. Se il rientro dal debito è compiuto in maniera troppo aggressiva, ciò potrebbe minare la crescita economica vanificando l'obiettivo. L'equilibrio non è facile da trovare, ma non v'è dubbio che i governi che si sono susseguiti negli ultimi decenni (ancora una volta, non è un problema di colore politico) non ci si sono neppure provati (salvo qualche piccola parentesi).
Sebbene la classe politica, complessivamente considerata, non stia apportando il suo contributo alla soluzione del problema del debito pubblico, la situazione attuale è del tutto gestibile.
Non è ragionevole, quindi, ipotizzare un default del debito pubblico italiano né qualunque forma di ristrutturazione dei titoli già emessi.

Abbiamo già scritto molto, in passato, su questo tema. Rimandiamo, per approfondimenti, in particolare a questi articoli:
- Il debito pubblico italiano è sostenibile?
- Esiste un forte rischio di default dei titoli di stato italiani?

Il concetto fondamentale è che l'Italia ha una gestione tecnica del debito pubblico, fatta dal tesoro, molto buona. La suddivisione per le scadenze e per il tipo di creditore (interno ed esterno) è solida, inoltre lo stock di risparmi degli italiani è decisamente buono. Tutti questi fattori rendono improbabile una carenza di liquidità del tesoro.
Il prossimo anno sono in scadenza circa il 18% dello stock complessivo (in linea capitale) di debito pubblico. Nel 2012, circa il 12%. Nel 2013, circa l'8%. Nel 2014, circa il 5%, ecc. Nei prossimi 10 anni scadrà poco più della metà del debito pubblico. Circa un'altra metà di debito pubblico scade fra 10 e 30 anni. Come si può vedere gli effetti dell'innalzamento dei rendimenti richiesti dal mercato per il debito pubblico italiano si ripercuoterebbero in maniera molto graduale sull'intero debito.
Questo rende molto difficile che la pressione speculativa in corso possa generare un danno talmente rilevante da mettere in pericolo l'equilibrio dei conti pubblici.
E' molto più probabile, a nostro avviso, che alcuni speculatori si brucino le mani.
 
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campo

Nuovo forumer
Come composizione del ptf (tds italiani, francesi e tedeschi) può andare bene ma io una piccola % la vedrei anche su qualche mercato emergente sempre ue. Il metodo bond laddering per le scadenze va bene, quello che mi lascia un pò perplesso è la percentuale del tasso indicizzato secondo me troppo alta.
Si, può essere, anzi, prendo atto visto che sto cercando di imparare.
Ho preso lo spunto dopo aver seguito le quotazioni da inizio anno a venerdì scorso:
Gli indicizzati corti hanno guadagnato qualcosina;
I fissi corti hanno perso qualcosina;
Gli indicizzati lunghi hanno perso vicino oltre il 4%
I fissi lunghi hanno perso fra il 3 ed il 4%
 
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campo

Nuovo forumer
.......continua;
Venerdì scorso, mentre osservavo questi cali di cui non si vedeva la fine, pensavo che se avessi dovuto scegliere, avrei preferito gli indicizzati, perchè (a mio avviso) danno una possibilità di recupero del capitale inizialmente investito (inflazione) che i fissi non danno.
Certamente, aver avuto già i titoli in portafoglio, un travaso fra lunghi e corti da venerdì a oggi avrebbe reso un bel surplus.
 

Baro

Umile contadino
.......continua;
Venerdì scorso, mentre osservavo questi cali di cui non si vedeva la fine, pensavo che se avessi dovuto scegliere, avrei preferito gli indicizzati, perchè (a mio avviso) danno una possibilità di recupero del capitale inizialmente investito (inflazione) che i fissi non danno.
Certamente, aver avuto già i titoli in portafoglio, un travaso fra lunghi e corti da venerdì a oggi avrebbe reso un bel surplus.
Guarda, io personalmente sui tassi variabili e indicizzati non sono mai stato entusiasta...Se l'inflazione, come sembrano le previsioni, risalirà una % del ptf è giusta (io non andrei oltre il 20%) ma non mi sembra che al momento ci sia una rincorsa all'aquisto di btpi o cct, lo testimonia anche il fatto che il prezzo di acquisto di questi titoli, anche dopo la notizia di Trichet di alzare i tassi ad aprile, non ne ha risentito particolarmente.
 
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Uriele

Nuovo forumer
Uriele
perchè Portogallo e non Grecia o Irlanda?
Perchè 2014 e non 2030?
Con che percentuale?
Comè costituito il tuo portafoglio? :)


Hank
chi è quello dell'avatar? :)

1) Perchè la valutazione del rischio che fà la mia bancarella è minore
2) Perchè mi sento in grado di fare "speculation" un 2014 lo potrei portare a scadenza.
3) Mah, la percentuale considerato la mia attuale propensione al rischio non dovrebbe superare il 4 - 5 %
4) guarda i miei primi post.
5) non so!
 

campo

Nuovo forumer
Guarda, io personalmente sui tassi variabili e indicizzati non sono mai stato entusiasta...Se l'inflazione, come sembrano le previsioni, risalirà una % del ptf è giusta (io non andrei oltre il 20%) ma non mi sembra che al momento ci sia una rincorsa all'aquisto di btpi o cct, lo testimonia anche il fatto che il prezzo di acquisto di questi titoli, anche dopo la notizia di Trichet di alzare i tassi ad aprile, non ne ha risentito particolarmente.
Diciamo che mi piacciono più i titoli a tasso variabile per la stessa ragione per cui se dovessi chiedere un prestito lo chiederei a tasso fisso. (più caro, ma più tranquillo).
A parte questa considerazione (per me fondamentale) ho visto che sulla lunga scadenza sia i btp che i btpi si sono mossi con volatilità circa uguale, creando le opportunità per aggiustamenti di portafoglio (leggi tradare tranquilli, a movimenti avvenuti, anzichè tradare cercando di prevedere i prezzi a venire).
 
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Hank

Contengo Solfiti

Riguardo il debito Italiano si è detto tutto quello che si poteva dire.
Ognuno si è fatto un’opinione … vedremo.
Non posso comunque fare a meno di considerare che se la nave Italia affondasse affonderebbero anche le imprese nelle quali lavoriamo, le attività che gestiamo … insomma sulla nave io ci sono che mi piaccia o no.

La parte più interessante dell’articolo è:
“Il punto di vista dei gestori dei fondi alle prese con i famigerati benchmark”
di quanto può coincidere (o assomigliare) con il punto di vista dell’investitore medio con vocazione cassettista e con la possibilità economica di portare a scadenza i titoli?
O meglio di quanto gli interessi del gestore coincidono con gli interessi dell’investitore?

:rolleyes:
 
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Baro

Umile contadino
Riguardo il debito Italiano si è detto tutto quello che si poteva dire.
Ognuno si è fatto un’opinione … vedremo.
Non posso comunque fare a meno di considerare che se la nave Italia affondasse affonderebbero anche le imprese nelle quali lavoriamo, le attività che gestiamo … insomma sulla nave io ci sono che mi piaccia o no.

La parte più interessante dell’articolo è:
“Il punto di vista dei gestori dei fondi alle prese con i famigerati benchmark”
di quanto può coincidere (o assomigliare) con il punto di vista dell’investitore medio con vocazione cassettista e con la possibilità economica di portare a scadenza i titoli?
O meglio di quanto gli interessi del gestore coincidono con gli interessi dell’investitore?

:rolleyes:
Presumo che i gestori siano gestori di fondi comuni di investimento...Io ho avuto un esperienza devastante con i fondi comuni e ho tratto una personalissima opinione :
- I benchmark di riferimento non li superano quasi mai.
- Il male dei gestori è che prendono le commissioni anche se il titolo è in perdita.
- Dovrebbero fare l'interesse dell'investitore ma forse con le commissioni ci vivacchiano su anche senza troppi sforzi.
-Difficoltà di fare analisi e previsioni circa il momento buono per acquistare.
 

Giontra

Forumer storico
1) Perchè la valutazione del rischio che fà la mia bancarella è minore
2) Perchè mi sento in grado di fare "speculation" un 2014 lo potrei portare a scadenza.
3) Mah, la percentuale considerato la mia attuale propensione al rischio non dovrebbe superare il 4 - 5 %
4) guarda i miei primi post.
5) non so!

Uriele
1) abbè!!
3) mi pare adeguata
4) visti
5) anch'io, poi ho chiesto

2) la domanda può sembrare retorica, ma non lo è.
In effetti sarebbe buona regola,
sopratutto in fase di costruzione di un portafoglio,
allocare la parte a rischio su scadenze brevi
o comunque non lunghe.
E' molto ben spiegato nella trattazione che
ha fatto Pacu.
Ma Portogallo, Grecia e Irlanda potrebbero rappresentano un'eccezione,
nel senso che si sta ventilando la possibilità
di una ristrutturazione del loro debito.
La ristrutturazione consiste in un taglio del valore nominale,
quindi il rimborso non avverrebbe più a 100 ma a 80-60-40.
Ora, un Portogallo 2014 4,375% costa circa 94,
un Portogallo 2037 4,1% costa 69,5.
In caso di rustrutturazione prima del 2014, a rimetterci di più
sarà il titolo pagato 94, quindi quello più corto.
Non dico che debba essere così,
dico che volendosi avvicinare ai titoli PIG,
questa considerazione andrebbe fatta.
Per poi decidere il contrario,
io p.e. sulla Grecia ho comprato quasi solo titoli corti. :)
 

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