TUTTI SONO CAPACI DI ASCOLTARTI, MA "SENTIRTI" E' UN'ALTRA COSA.

Già esiste questa porcata.

La legislazione attuale prevede che i cittadini stranieri comunitari residenti in Italia
e iscritti regolarmente alle liste elettorali possano esercitare il diritto di eleggere e di essere eletti,
con l'esclusione della carica di sindaco nelle elezioni comunali e circoscrizionali.
Ci si riferisce però ai cittadini comunitari.

Gli stranieri residenti in Italia sono circa cinque milioni e tra questi gli extracomunitari sono circa la metà.

Visto che gli italiani sono sempre più restii ad andare alle urne, la sinistra è partita a caccia dell'elettore perduto.
 
Nel Paese degli spioni la privacy è soprattutto una chiacchiera da bar di cui nessuno si preoccupa davvero.

Ma l'incrocio di un paio di norme che il Parlamento sta per avallare senza il minimo dibattito
e mescolate in mezzo a leggi-minestrone, sta per abbassare di parecchio il già tenue livello di riservatezza
che ci garantiscono internet e telefoni, aumentando la possibilità di essere tracciati,
fino a far sorgere l'ombra della sorveglianza di massa con timbro dello Stato, ma senza vaglio della magistratura.

Quel sito poco raccomandabile che abbiamo visitato, magari perché un amico ce lo ha suggerito via mail, l
a telefonata a un numero sconosciuto, anche se digitato per errore, il video che abbiamo guardato,
ma anche la foto pubblicata da un passante in cui compariamo per caso o il commento di un amico sulla nostra bacheca Facebook.

Le nostre tracce sulla Rete che raccontano ogni cosa di noi, anche se non necessariamente ci dipingono in modo veritiero,
sono uno strumento di indagine prezioso, se messe a disposizione di autorità legittime e competenti,
ma anche una merce appetibile per chi ne fa commercio con gli scopi più diversi, dal marketing allo spionaggio.

Questa mole di dati sta per rimanere inchiodata su internet per un tempo lunghissimo: sei anni.

Un emendamento firmato da deputati Pd e M5S prevede l'allungamento di quattro anni
rispetto all'attuale obbligo di conservazione dei dati in capo ai provider, la cosiddetta data retention.

Il tema avrebbe meritato un dibattito approfondito, invece è finito nella cosiddetta Legge europea,
il testo omnibus che viene approvato ogni anno per recepire in Italia le normative europee.

L'Europa ha in effetti varato nel 2017 una direttiva anti terrorismo,
che però prevede genericamente l'obbligo per gli Stati di dotarsi di «misure di indagine efficaci».

E sul fatto che i provider, spesso piccole aziende, siano in grado di custodire efficacemente per un tempo così lungo i nostri dati, c'è più di qualche dubbio.

«Più di qualcuno -commenta l'avvocato Luca Bolognini, presidente dell'Istituto italiano per la privacy- la corte di Giustizia europea nel 2014
ha definito sproporzionato il tempo di due anni e ora lo allunghiamo a sei.

Ed è innanzitutto molto dubbio che un periodo così lungo di conservazione dei dati sia utile alle indagini anti terrorismo.
 
E altrettanti dubbi sorgono sull'emendamento, presentato dal Pd Davide Baruffi,
con cui si dà all'Agcom il potere di ordinare ai provider di rimuovere i contenuti che violano il copyright.

Ma non basta: l'Agcom potrà anche ordinare di fare tutto ciò che è possibile tecnicamente per evitare
che lo stesso utente pubblichi di nuovo quel contenuto su altri siti.


Il che significa autorizzare una sorta di «pedinamento» sul web, senza avallo della magistratura,
attraverso una sofisticata tecnica che si chiama Deep packet inspection.

In sostanza una sorveglianza di massa.

«Equivale ad autorizzare un'autorità amministrativa, e non giudiziaria, a intercettare le persone - spiega Bolognini-
qui siamo addirittura al di fuori della Costituzione».

E la firma arriva dai partiti che gridavano allo scandalo per il datagate americano.
 
C’è qualcosa di oscuro e di ancora indecifrabile nell’attentato di Las Vegas in cui hanno perso la vita 59 persone
e che ha lasciato più di 500 feriti, tra leggeri e gravi, ricoverati nei vari ospedali della città.

Qualcosa non torna nelle indagini e quel qualcosa ruota tutto intorno alla strana figura dell’assassino,
Stephen Paddock. Un uomo sostanzialmente anonimo, sconosciuto alle forze dell’ordine,
senza alcuna preparazione in fatto di armi e con un passato e un presente abbastanza curioso.

A far credere che ci sia qualcosa di più di un semplice “pazzo” dietro questa strage, ci sono le parole dello sceriffo di Las Vegas,
che in conferenza stampa ha parlato di Paddock come di un soggetto che potrebbe essere “radicalised unbeknownst to us”,
e cioè radicalizzato ma all’insaputa delle forze dell’ordine, possibilmente legato a una certa militanza estremista.

Che cosa significa esattamente questo “radicalizzato” non è ancora dato saperlo, perché le indagini sono secretate
ed è impossibile sapere qualcosa di ulteriore rispetto a quanto trapela dalle parole di chi coordina le indagini.
Tuttavia, quello che è evidente già soltanto dalla lettura delle azioni poste in essere dall’autore della strage,
è che ci troviamo di fronte a un qualcosa di molto complesso, forse anche troppo per il solo Stephen Paddock.
E non è un caso se lo stesso presidente Trump abbia detto che “ci sono molte cose che si stanno scoprendo”.
 
Stephen Paddock è un soggetto che non è mai stato conosciuto dalle forze dell’ordine
come possessore di armi illegali né aveva mai frequentato alcun corso sull’uso di armi pesanti.

Aveva un passato impeccabile, quello di un ex impiegato di 64 anni oggi in pensione.
Un contabile che poi, a detta del fratello, aveva fatto fortuna con gli investimenti immobiliari,
che lo avevano reso un multimilionario e che ancora oggi rimangono altrettanto misteriosi.

Al mistero sui suoi presunti milioni di dollari, si aggiunge poi quello del cambio di ben 27 residenze negli ultimi anni.
Una vita movimentata per un pensionato senza problemi con la giustizia né con legami con organizzazioni o altri lavori che implicano spostamenti di città.

Può un uomo del genere aver messo a segno una strage così mostruosa e tecnicamente perfetta come quella del Mandala Bay Resort?
Sembra impossibile.

Parliamo di un uomo privo di addestramento militare che era riuscito da solo a modificare delle armi per renderle delle macchine da guerra.
Sono armi non di uso comune, ma armi potentissime, sofisticate e modificate in maniera professionale.
Dodici fucili utilizzati dall’attentatore erano stati modificati per renderli automatici.
E a questi 12 fucili, si aggiungono altre 35 armi da fuoco ritrovate sparse quale e là nell’albergo.

In tutto 47 armi: un numero impressionante di armi e munizioni cui si aggiungono anche gli esplosivi.
Tutti strumenti di morte portati tranquillamente nelle stanze d’albergo sena che nessuno se ne rendesse conto.
 
L’Fbi all’inizio ha parlato di un “lupo solitario”.
Eppure, come detto su Dagospiada Maria Giovanna Maglie, sarebbero addirittura quattro
i video amatoriali in cui si vede chiaramente che gli spari provenivano non solo dal 32esimo piano dell’hotel,
dove era asserragliato l’autore della strage, ma anche da un piano inferiore dell’hotel.

In molti pensano si tratti del quarto piano, lo stesso di cui alcuni testimoni hanno sentito parlare gli agenti intervenuti sul posto.

Poi un altro fatto misterioso: 45 minuti prima della strage, una donna si aggirava all’interno della sala dell’albergo
dicendo a tutti che presto sarebbero morti.
La security ha allontanato la donna, ma una ragazza, che festeggiava lì il suo ventunesimo compleanno,
ha parlato al Mirror
di una donna dai caratteri “ispanici”.
Donna dai caratteri ispanici che, casualmente, non è troppo dissimile dalla compagna di Stephen Paddock,
definita dallo sceriffo Joe Lombardo come “persona d’interesse”.

Lei può essere la chiave di questa indagine, soprattutto perché era nelle Filippine al momento del massacro e,
una settimana prima di compiere la strage, Paddock aveva inviato nel Paese asiatico 100mila dollari.

Ora è tornata in America per essere sottoposta agli interrogatori della polizia.

Ma quello che è evidente, è che la strage di Las Vegas è qualcosa di molto più profondo di quanto è stato detto fino ad ora.
La questione del “radicalismo” di Paddock di cui ha parlato lo sceriffo di Las Vegas deve far riflettere.
 
Possibile che non ci sia nessuno che si preoccupi per quanto sta accadendo ?
Assurdo. Assurdo. Assurdo.

Ex galeotti, sia liberati dagli istituti di detenzione con i provvedimenti di grazia in occasione del Ramadan,
che durante la festa della Repubblica, ma anche ex carcerati che hanno scontato la pena: ecco chi sono i tunisini in arrivo sulle nostre coste.

La Tunisia, insomma, riempie l'Italia di delinquenti.

Nel corso degli ultimi giorni i migranti sbarcati provenienti da Sfax o Zarzis sull'isola di Lampedusa sono stati almeno 300.
E nelle ultime ore, prima che il mare raggiungesse un livello di "forza 5", qualche altro arrivo si è registrato.

Si tratta di giovani, tutti tra i 17 e i trent'anni, che nel loro Paese avevano commesso reati di grande o piccola entità.
Si va dallo spaccio di stupefacenti ai furti e alle rapine.
Manovalanza della criminalità locale, insomma, che si sposta verso l'Europa per fini ancora da stabilire, ma senz'altro dubbi.

Tutt'altro che gente che muore di fame o scappa dalla guerra. Insomma, niente migranti economici, ma veri e propri pregiudicati.

Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo, nel ragusano, scrive una lettera allarmata al ministro Minniti.

«Il fenomeno migratorio che parte dalla Tunisia desta preoccupazioni per possibili infiltrazioni di potenziali soggetti appartenenti a cellule jihadiste».

Dell'argomento si è interessato di recente anche l'eurodeputato della Lega Nord Angelo Ciocca,
il quale, ha detto alla stampa di essere stato informato della cosa dall'ambasciatore italiano in Tunisia.

«Hanno una propensione a delinquere - ha raccontato -, tanto è vero che molti sono scappati dal centro di prima accoglienza e sono andati in un paese per commettere dei furti».

Secondo l'Osservatorio del Medio oriente, «dei 1.583 tunisini che hanno visto una riduzione della pena, 412 sono stati rilasciati».
Ma a questi vanno aggiunte le centinaia di residenti in quelle terre, dove la microcriminalità fa registrare percentuali da capogiro.
 
Poi c'è anche qualcuno - mosca rara - che pensa (prima di parlare), cosa che il suo collega non fa.

E c'è un'altra polemica, legata ai migranti e alla loro permanenza in Italia.

A innescarla il presidente della Cei, cardinal Gualtiero Bassetti il quale, sul rinvio della legge sullo Ius soli ha chiarito:

«Ci vuole un'opera di accoglienza, integrazione e accompagnamento; poi naturalmente si può arrivare anche al diritto di cittadinanza.
Non basta la nascita. Secondo me così si fa torto anche a chi nasce, mentre la cittadinanza è qualcosa che ci si conquista con un inserimento progressivo».

Bassetti sembra rispondere al segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino,
che lo scorso 29 settembre aveva detto che
«rimandare vuol dire soltanto perdere tempo, cercare di non pagare il prezzo per un'approvazione così importante».
 
Una bolla di sapone.
La storia dell'estate, tutta da leggere sotto l'ombrellone, che tanto ha fatto discutere nel luglio scorso, finisce con la richiesta di archiviazione per «nessuna apologia di fascismo».

La Procura di Venezia ha infatti chiesto il proscioglimento per Gianni Scarpa,
l'imprenditore sessantaquattrenne veneziano, gestore dello stabilimento balneare Playa Punta Canna di Sottomarina di Chioggia.
La spiaggia era stata ribattezza come «spiaggia fascista».
Scarpa aveva affisso alcune immagini di Mussolini e slogan che si richiamavano al Ventennio fascista,
ma per il pubblico ministero si è trattato di «articolazione del pensiero».
Ossia Gianni Scarpa con le foto di Mussolini, i richiami all'ordine e alla disciplina e le altre
«stravaganze» dello stabilimento balneare, non ha commesso alcun reato. Non si trattava dunque di apologia e violazione della legge Scelba.

Il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi e la sostituto procuratore Francesca Crupi hanno quindi presentato la richiesta di archiviazione.
Adesso la palla passa ai giudici, saranno loro a decidere.

Uno dei cartelli «incriminati» e di cui poi il prefetto lagunare aveva chiesto subito la rimozione era: «Manganello sui denti».
Le scritte come «ordine, pulizia, disciplina» sancivano le regole che vigono all'interno dello stabilimento balneare e che hanno sempre garantito un aspetto decoroso alla spiaggia.

«Dicono che inneggio al regime e sono fascista? Io non sono fascista,
io sono amante della pulizia, dell'ordine e della disciplina.
Essere etichettato come fascista per questo mi sembra esagerato.
I miei clienti mi sostengono. Per terra non c'è nemmeno una cicca.
Nessuno si lamenta. La mia è una spiaggia bellissima, pulitissima e ordinata.
E poi a casa mia sono liberissimo di esprimere le mie idee».
 
Concordo pienamente.

"Un'altra cosa che mi fa incazzare. Molte categorie vengono attaccate ma mai nessuno si è offeso.
Però biogna stare attenti a non offendere i gay. Ci sono i gay intelligenti e i gay coglioni.
Come ci sono gli etero intelligenti e quelli coglioni. Non abbiamo fobie in italia, siamo un popolo meraviglioso...".

...e poi ci sono i gay con la puzza sotto il naso. I peggiori li stiamo vedendo in tv
 

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