Obbligazioni perpetue e subordinate Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sulle obbligazioni perpetue... - Cap. 3

Mi sono ripromesso di limitare al minimo i commenti personali su certe questioni... visto che queste sono le soluzioni adottate, saranno senza dubbio le migliori possibili, no?

ognuno la può vedere dall'inclinazione che vuole ma se le soluzioni vengono adottate: 1) da chi ha innescato la crisi e 2) da chi dopo anni dimostra di non possedere ancora la ricetta corretta
il dubbio sulla qualità di "taluni aggiustamenti" è legittimo
io non sono fesso (anche se qualcuno lo crede): se perseverano a richiedere aggiustamenti di capitale vuol dire che esistono ENORMI PARTITE FUORI BILANCIO ( e non lo dico io eh ma basta guardarsi un pò di documenti ad es. del FMI o andarsi a vedere qualche siv che gestisce miliardi di euro con capitali ridicoli) fuori da ogni contesto regolamentare e costituiscono macigni al collo del sistema finanziario europeo che, zitto zitto, tenta di accollare al mercato.
Qualcuno ha eccepire su questo?
 
Buonasera, vedete margini di salita sopra 92-93 per la perpetua di Santander 6,25% XS1107291541? Ora vedo bid-ask 90,5-91,5 sulle borse tedesche, in buona ripresa negli ultimi 2 giorni, ci sono attese di news positive o eventi positivi per Santander nelle prossime settimane? Grazie a tutti vi seguo sempre.
 
Carige, Generali potrebbe convertire il 50% di un'emissione della banca da € 160 mln

Il Giornale riporta che Generali controlla circa il 50% dei bond tier 1 da 160 milioni di euro emessi nel 2008, le "€160,000,000 8.338 per cent. Perpetual Subordinated Fixed/Floating Rate Notes" (XS0400411681), aggiungendo che la compagnia assicurativa potrebbe essere interessata a una conversione dei titoli in azioni della banca ligure. Fermo restando che una eventuale conversione dei bond in azioni è subordinata a precise condizioni indicate nel prospetto del titolo quotato alla borsa del Lussemburgo, si può notare che la capitalizzazione di Carige ammonta oggi a 212 milioni di euro circa.
Quindi una conversione di circa 80 milioni di euro di debito renderebbe Generali un socio importante della banca che oggi fa riferimento alla famiglia Malacalza al 17,58% del capitale e ad altri soci minori.

Inevitabile il collegamento con l'operazione parallela in Mps, dove appunto Generali sta convertendo bond subordinati per circa 400 milioni di euro e diventerò azionista della banca senese da tempo in difficoltà come la stessa Carige. La storia di quest'ultima assomiglia a quella della banca senese visto il passaggio da una proprietà riferibile a una fondazione bancaria a soci privati (anche se oggi il primo azionista di Mps è per ironia della sorte lo Stato).

Va però precisato che le condizioni di Carige sono assai più stabili di quelle di Mps e che, seppure alle prese con crediti deteriorati da 7,7 miliardi di euro, il gruppo sta promuovendo un piano di consolidamento le cui tappe hanno una visibilità molto maggiore di quelle della banca senese.

Certamente però la presenza della maggiore compagnia assicurativa italiana nel capitale delle due banche che più hanno fatto parlare di sé negli ultimi anni in Italia (con la parziale eccezione di Unicredit forse) sarebbe un fatto nuovo e dirompente che potrebbe portare anche a nuovi scenari.

Di certo il bond tier 1 emesso nel 2008 e da 160 milioni di euro fa discutere da tempo. Il titolo ha risentito nei mesi scorsi nelle quotazioni degli shock collegati all'intervento sulle "good bank" inoltre il 15 gennaio scorso la Bce aveva respinto la richiesta della stessa Carige di una parziale riacquisizione di questo bond subordinato per il quale era stata sospesa la cedola.

Carige aveva specificato in passato che il bond era stato collocato a un unico investitore primario istituzionale e mai proposto a privati direttamente dalla banca. In altre parole il retail non aveva subito danni dal blocco della cedola.
Altra la versione che aveva fornito l'associazione degli utenti dei servizi bancari e finanziari Adusbef che aveva denunciato la diffusione tra migliaia di risparmiatori del titolo. Il passaggio di Generali al 50% di questi bond (e non al 100%) potrebbe suffragare questa ipotesi.

Due temi insomma si accavallano: la trasparenza del mercato e dell'offerta dei bond subordinati bancari dopo i casi di Banca Etruria, Banca Marche, Carife, Carichieti etc. etc. da un lato e la possibilità che Generali convertendo i suoi bond in azioni rafforzi la propria presenza nell'affannato panorama del credito italiano modificandone inevitabilmente gli equilibri. Ammesso che di equilibri si possa parlare.
 
pensavo alla situazione che si e' creata questo anno ..(chiaro anche nel passato).... gli azionisti comperano le azioni dei ns istituti bancari .... è questi
prestano le ns azioni agli shortisti che le fanno crollare ........ ci guadagna la banca col prestito e commissioni ..e.. chiaramete gli shortisti ...... e chi ha avuto fiducia nel ns sistema finanziario se la va a prendere la dove non batte il sole.... vedendosi risucchiato i propri denari....poi si giustica il tutto con npl... bail in.... auc..... e alttre puttanate... sopratutto se uno si va a leggere cosa scruvevano i vari report a fine scorso anno....gli stessi che da un po menzionano quanto sopra .... riferito alle puttanate........ e poi gli Auc per le banche sono dei veri toccasana ..... con soldi degli azionisti coprono tutte le ruberie varie fatte .... non male anche perche ora nin le fanno neanche piu fallire..... quindi completamente impunite.....altro che toto u curtu
 
Ultima modifica:
Buonasera, vedete margini di salita sopra 92-93 per la perpetua di Santander 6,25% XS1107291541? Ora vedo bid-ask 90,5-91,5 sulle borse tedesche, in buona ripresa negli ultimi 2 giorni, ci sono attese di news positive o eventi positivi per Santander nelle prossime settimane? Grazie a tutti vi seguo sempre.

ne ho comprato un lotto a 88,78 il 18.11 la ritengo da cassetto
 
The 2016 EU-wide transparency exercise provides detailed bank-by-bank data on capital positions, risk exposure amounts and asset quality on 131 banks from 24 countries of the European Union (EU) and the European Economic Area (EEA). This exercise is part of the EBA's ongoing commitment to enhancing transparency in the EU banking sector.

The data, which is exclusively based on supervisory reporting, is published at the highest level of consolidation for the reference dates of 31 December 2015 and 30 June 2016.

The exercise has been coordinated by the EBA and carried out in close cooperation with the Competent Authorities (CAs) from all relevant jurisdictions. By disclosing comparable figures in a user-friendly format, the EBA aims to promote a greater understanding of capital positions and exposures in the EU banking sector and foster market discipline across the Single Market.

For the first time, the EU-wide transparency exercise is published along with the Risk Assessment Report (RAR) , which is based on a wider sample of 198 banks, of which 41 EU foreign subsidiaries of other EU banks. In the Transparency exercise database, as well as in the interactive tools, data is also disclosed for the bucket "All other banks", which includes the aggregated values for 26 banks which are in the RAR sample but not in the transparency exercise. These banks report to EBA at the highest level of consolidation and therefore their data contributes to the EU averages. The disclosure of figures for the rest of the sample allows users to reconcile Transparency data with respective figures for the EU in the RAR.


results - European Banking Authority
 
Chiuso il referendum, vanno affrontate le sofferenze delle banche
Dino Crivellari
4 dicembre 2016
Il Sole 24 Ore del 3 dicembre, giorno prima del referendum, ha dedicato più pagine alle sofferenze bancarie ed ai problemi delle banche che al referendum stesso. Non può essere un caso. Qualunque sia l’esito del voto referendario , il problema principale resta quello della crisi del sistema bancario che sembra non avere fine né soluzione. Diceva giorni fa un esponente governativo: «Con il Quantitative Easing di Draghi, la speculazione internazionale non può più attaccare gli Stati e allora attacca le banche, che sono piene di titoli di Stato e di sofferenze». E poi aggiungeva: «Il Governo non prevede alcun intervento pubblico a sostegno delle banche perché sarebbe politicamente controproducente e minerebbe il consenso degli elettori».

Steve Eisman, il manager della FrontPoint Partners diventato ricco speculando allo scoperto sui mutui subprime, avendo capito prima degli altri la crisi del 2007, ha sostenuto che lui «sta speculando al ribasso sui titoli bancari italiani, vendendoli allo scoperto, perché i bilanci delle banche non sono stati ancora ripuliti dagli NPL». Quando il giornalista Claudio Gatti gli ha contestato di essere considerato nemico dell’Italia si è difeso affermando: «Non ho certo creato io il problema degli NPL. Né sono stato io a consigliare il governo di aspettare a porvi rimedio. Se l’Italia l’ avesse affrontato anni fa , il problema non sarebbe ora così grande. Invece hanno continuato a rinviare la soluzione fino a quando si sono trovati con le spalle al muro».

Un esponente del Governo che io ho ascoltato è consapevole che Eisman e quelli come lui stanno speculando al ribasso sulle banche italiane e lo fanno perché non è stata ancora trovata una soluzione agli NPL? Evidentemente sì, ma sostiene che la soluzione il sistema bancario se la deve trovare da solo sul mercato. La Politica continua ad astenersi per paura di essere tacciata di “amicizia con le banche”. Eisman gongola e continua a speculare al ribasso sui titoli bancari italiani.

Strano che non ci si renda conto di alcune semplici considerazioni:

  • La stragrande maggioranza dei cittadini italiani ha interessi coincidenti con la messa in sicurezza del sistema bancario essendo depositanti, investitori, clienti affidati, mutuatari, ecc, di almeno una banca.
  • Le banche non possono sostenere da sole tutto il peso delle conseguenze di una crisi economica e finanziaria decennale: i 350 miliardi di crediti deteriorati, di cui 199 miliardi sono sofferenze, sono un problema nazionale, non solo delle banche.
  • Se le banche non tornano efficienti, chi sosterrà la timida ripresa? Chi finanzierà imprese e famiglie?
È evidente che la salute del sistema bancario, quale infrastruttura portante di ogni economia moderna, non è un tema di cui la Politica possa disinteressarsi lasciando che “il mercato si auto-regoli”. Il “mercato” è (anche) Eisman, e per quelli come lui, gli speculatori, è indifferente che le cose vadano bene o male, loro fanno scommesse e, se sono bravi , ci guadagnano sia in un caso sia nell’altro, vendendo o comprando allo scoperto a seconda della situazione. Non risolvono il problema: lo sfruttano. Quindi il “mercato” ormai non è più la soluzione. E comunque non può essere l’unica.Ciò nonostante si continua a ritenere che le banche debbano vendere sul “mercato” i propri NPL per tornare efficienti.

La situazione è chiara da tempo. Banca d’Italia, già nell’aprile di quest’anno, in un documento totalmente condivisibile (“Quanto valgono i crediti deteriorati?”) dimostrava senza dirlo esplicitamente la sostanziale impossibilità tecnica di percorrere tout court la strada della cessione delle sofferenze per la differenza incolmabile tra il tasso di rendimento preteso dagli hedge fund (15-25%) e il tasso di attualizzazione delle banche (4%) che determina il valore netto al quale la banca vende i crediti in sofferenza senza perdite.

In quel documento Banca d’Italia negava che il SSM (Single Supervisory Mechanism), ovvero la Vigilanza bancarie europea, intendesse «forzare le banche a disfarsi rapidamente degli NPL sul mercato». E ,aggiungeva, «la riduzione dell’elevato stock di NPL sarà graduale», concludendo che un importante passo avanti è dato, tra l’altro, «dal varo del recente fondo privato denominato Atlante». Commentando questo documento, Prometeia, a giugno 2016, per la penna di Riccardo Tedeschi, perorava la creazione di un SPV (Special purpouse vehicle) di sistema che acquisisse gran parte degli NPL italiani per mitigare in applicazione della legge dei grandi numeri, il rischio delle tranche junior della relativa cartolarizzazione e facilitare così la raccolta dei fondi necessari per acquistare le sofferenze dalle banche.

Condivido sia le valutazioni di Banca d’Italia sia quelle di Prometeia. Ma mi chiedo come si possa pensare di avere tempo di smaltire NPL senza acuire la crisi delle banche e come si possa pensare a una bad bank di sistema senza l’aiuto della Politica.

Il nodo è come comprare tempo, liberando le banche dal peso delle sofferenze. La soluzione Atlante, sulla quale avevo inizialmente riposto molte speranze perché aveva un target di tasso interno di rendimento del 6%, e non del 15-25% come i fondi speculativi, procede al rallentatore. E non solo perché Atlante è stata dirottata verso il salvataggio delle banche venete, cosa non prevista, ma anche perché è abbastanza improbabile che gli investitori liquidi siano disposti ad investire al 6% quando gli hedge fund investono almeno al triplo. D’altra parte la speranza di mettere insieme investitori pazienti (di lungo periodo e tasso di rendimento contenuto) e investitori impazienti (di breve periodo e tassi di rendimento elevati) è necessariamente legata a provvedimenti regolamentari, normativi e fiscali che allineino gli interessi degli uni e degli altri, ma anche delle banche venditrici.

In altra occasione (WSI del 3 ottobre scorso) ho parlato, provocatoriamente, di “condono bancario”,cioè di mettere in condizione banche e clienti in sofferenza di “chiudere la partita” sulla base di reciproche concessioni concordate e regolamentate, ma anche favorite da regole fiscali adeguate (per esempio una sorta di super ammortamento delle perdite delle banche) e di favor debitoris per il cliente disponibile; ma anche di penalizzazioni per quelli, banche o clienti, ingiustificatamente recalcitranti. Questa soluzione ha bisogno della Politica. D’altra parte anche le considerazioni di Marco Onado, sempre sul Sole 24 ore del 3 dicembre (“Perché la soluzione deve essere europea”) , sono del tutto pertinenti, ma non possono prescindere da una chiara e concreta presa di posizione di regolatori e Istituzioni.

Temo però che l’Italia non possa attendere i tempi europei e che, almeno per una volta, debba prendere l’iniziativa proprio perché, come dice Eisman, è più in ritardo degli altri nell’affrontare il problema.

Allora ben venga la bad bank di Prometeia, che con la logica di Atlante mette insieme investitori pazienti e impazienti e consenta quello “smaltimento graduale” delle sofferenze auspicato da Banca d’Italia, BCE e SSM, utilizzando adeguati strumenti innovativi di sistemazione delle partite in sofferenza. Questo vuol dire, per esempio, mettere al primo posto la ricerca della soluzione transattiva tra banca e cliente secondo la regola del “quanto PUO’ pagare” e non del “quanto DEVE pagare”. Affidarsi a improbabili miglioramenti dell’efficienza della giustizia italiana è vano. Affidarsi solo alla cessione degli NPL ai fondi speculativi sarà solo uno spostamento del problema, non una soluzione, con gravi perdite per le banche e grandi guadagni per i fondi.

Non basterà. Bisognerà anche avere a disposizione (e lo scrive Banca d’Italia nel citato documento dell’aprile 2016 ) operatori specializzati nella gestione degli NPL, dotati di modelli organizzativi e logiche operative industriali adeguate alle dimensioni della materia prima (le sofferenze) da trasformare in denaro (gli incassi) nei tempi non brevi, caratteristici di questa industria, con costi compatibili.

Anche questa non è una sfida impossibile. L’Italia ha già saputo dimostrare di saper realizzare una “macchina” di queste capacità che si è meritata l’apprezzamento massimo a livello mondiale. Peccato che oggi non sia più utilizzabile come servicer di sistema perché chi la possedeva ha pensato bene di cederla sul mercato al miglior offerente ed oggi è controllata da un player di massima grandezza che però investe in NPL al 15-25% di tasso di rendimento. Bisognerà, allora, ricrearla. Non ci vorrebbe molto. Sono italiane sia le idee che le professionalità, e l’investimento è sicuramente sostenibile.

Un altro spunto. Sempre sul Sole 24 Ore del 3 dicembre, Leonardo Maisano parla del mini calo di NPL in Europa. Il mini calo si è verificato anche in Italia: tra agosto e settembre, secondo il Supplemento al Bollettino statistico di Banca d’Italia, edizione novembre 2016. Le sofferenze lorde sarebbero scese da 200,1 miliardi a 198,9 miliardi. Inutile gioire: a 198 miliardi ci eravamo arrivati anche a ottobre 2015, ma già a gennaio 2016 eravamo tornati a 202 miliardi, scesi a 196 miliardi a marzo per risalire successivamente. Il fatto è che le sofferenze nette sono scese di molto poco, circa 300 milioni (da 85,4 a 85,1 miliardi), ma erano arrivate a 83,6 miliardi già quando a gennaio 2016 avevamo raggiunto il picco ricordato di 202 miliardi lordi. Questo significa che gli accantonamenti non sono cresciuti in proporzione. Anzi.

C’è un altro dato di cui si tiene conto raramente: dei 63,6 miliardi di prestiti bancari cartolarizzati (cioè venduti sul mercato) e cancellati dai bilanci delle banche, 54,8 miliardi sono sofferenze. È verosimile che il totale delle sofferenze del sistema finanziario italiano ammonti quindi a 252,8 miliardi complessivamente.

Un’altra cosa dovrebbe impensierire: i 150 miliardi di crediti deteriorati, diversi dalle sofferenze, la cui copertura di rischio è compresa tra il 20 e il 30%, quasi la metà di quella applicata alle sofferenze vere e proprie. A rigore si tratta di prestiti ad andamento irregolare, relativi a clienti in situazione di difficoltà temporanea, che non dovrebbero permanere in questo stato per più di 24 mesi. Al termine, o sono tornati in bonis o debbono essere classificati a sofferenza.

Su questa classe di crediti deteriorati e sui relativi criteri di classificazione si è giocato il giudizio che, dando torto a Banca d’Italia, ha mandato assolti i vertici di Banca Etruria. Purtroppo non è facile avere i dati di questa asset class, ma la diagnosi corretta sullo stato di salute delle banche italiane andrebbe fatta proprio sulla qualità e l’anzianità di queste “inadempienze probabili” che una volta si chiamavano incagli. Ci sono banche che annoverano tra queste posizioni anche quelle con fidi già revocati, e che quindi non potranno tornare in bonis, altre che hanno incagli pari alle sofferenze, situazione inverosimile.
Quante di queste posizioni sono sofferenze non dichiarate e quante passeranno a sofferenza entro breve? Rispondere a queste domande ci dà la vera cifra dello stato di difficoltà prospettica delle banche italiane. È un esercizio che, volendo, si può fare e può riservare sorprese. Per il momento questa opacità alimenta l’incertezza, non giova all’andamento borsistico delle banche e favorisce gli speculatori alla Eisman.

Anche per questo è arrivato il momento di prendere il toro per le corna e fare in modo che le banche e i loro clienti in difficoltà vengano finalmente affrancati dal peso degli NPL, frutto molto più della crisi che della mala gestione, che pure non è mancata. Tutti ne trarremmo vantaggio.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto