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Il Fondo Volontario pronto con 220-370 milioni, domani i consigli
di Fabrizio Massaro
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Una rete di salvataggio si sta aprendo per Carige, l’istituto genovese da tempo in crisi e che entro dicembre deve trovare nuovi capitali su richiesta della Bce e poi aggregarsi con un’altra banca. Il sostegno arriverebbe dal Fondo Interbancario Volontario, un soggetto privato cui partecipano le banche italiane, seppure nato dal fondo interbancario (Fitd) istituito dalla legge per la tutela dei depositi fino a 100 mila euro. Di fatto la creazione del Fondo Volontario è stata in questi anni l’escamotage per sostenere le banche in crisi evitando però l’azione diretta del Fitd, che l’Europa equipara a un aiuto di Stato. L’intervento del Fondo Volontario — con uno stanziamento tra 220 e 370 milioni di euro per sottoscrivere un bond subordinato di Carige — servirebbe a puntellare il capitale della banca genovese presieduta da Pietro Modiano e guidata da Fabio Innocenzi, in carica da neanche due mesi dopo uno scontro tra azionisti che ha visto imporsi ancora la famiglia Malacalza, azionista al 28%. La ragione è evitare il rischio di nuova crisi bancaria che sarebbe devastante per il sistema creditizio e per il governo, già pressato tra uno spread a 300 punti — insostenibile a lungo, come ha ammesso il ministro dell’Economia, Giovanni Tria — e la bocciatura della manovra da parte della Commissione Europea. «Carige e Popolare di Bari non sono in dissesto o a rischio di dissesto», ha messo in chiaro Tria il 31 ottobre. La banca ligure ha comunque un problema di capitale, rilevato dalla Bce già a giugno. Servono almeno 200 milioni in obbligazioni subordinate — le prime ad essere azzerate dopo le azioni in caso di messa in risoluzione — per rispettare i livelli complessivi di capitale (il «total capital ratio»). A questa carenza si è aggiunto lo stress test della Bce. Il risultato non è pubblico ma la banca sarebbe scesa sotto il minimo di legge del 5,5% di patrimonio. Bisognerà quindi vedere se basterà il bond o se invece servirà un aumento di capitale, dopo quello da 550 milioni andato in porto a dicembre 2017 tra molte difficoltà. In quell’occasione era dovuto intervenire un veicolo pubblico, la Sga, bad bank al 100% del Tesoro, sottoscrivendo il 5% del capitale a 1 centesimo ad azione. Oggi Carige in Borsa vale 206 milioni e il titolo sceso è a livelli infinitesimali: 0,0037 euro, -80% in undici mesi. Malacalza dovrebbe sottoscrivere per circa 50 milioni il bond, una quota potrebbe prenderla il finanziere Raffaele Mincione, socio al 5%, il resto andrebbe al Fondo. Il tasso sarà elevato, circa il 10%, ma sempre meno del 20% circa che bisognerebbe offrire al mercato, ammesso che si trovino investitori. Già in primavera la banca aveva provato ad emettere il bond ma non aveva trovato sottoscrittori. Carige affronterà il tema domani nel consiglio convocato anche per i conti del trimestre. Sempre lunedì, verso mezzogiorno, dovrebbe riunirsi il Fitd, i cui vertici anche ieri erano al lavoro, per deliberare l’investimento-ponte. Ancora una volta saranno insomma le banche sane a farsi carico di quelle in difficoltà, andando ad aumentare il costo delle crisi per il sistema bancario, calcolato dall’Abi in oltre 12 miliardi in tre anni. Soldi privati, non pubblici.