un,dos,tres,un pasito bailante by mototopo

: "L'apparente correzione degli ultimi mesi è forse il momento giusto perchè tutti noi ci si protegga dall'inflazione monetaria acquistandone un po', proprio come molte banche centrali."

"Be your own Central Bank", come dice James Turk!3 aprile 2013

Mentre frotte di analisti finanziari e qualche grande investitore USA si affrettano a spiegare che il "ciclo di rialzo" dell'oro è giunto al termine, nelle segrete stanze delle banche centrali e presso le cancellerie di alcuni paesi la storia che si racconta è completamente diversa.


Gli uni, abituati a studiare modelli grafici sono convinti che il prezioso metallo sia giunto a fine corsa, mentre gli altri stanno discutendo il rimpatrio delle riserve auree custodite soprattutto presso la Federal Reserve Bank negli USA e presso la Bank of England nel Regno Unito.


Cerchiamo di fare un po' di chiarezza per capire chi ha ragione. L'oro non è un "bene rifugio". L'oro è moneta; lo è stato per 4 mila anni e solo di recente (con la fine degli accordi di Bretton Woods il 13 agosto 1971) ha cessato questa funzione.


Le ragioni per le quali l'oro è stato da sempre utilizzato come numerario (potremmo chiamarlo Primo Numerario) sono sostanzialmente tre: è incorruttibile, per cui la quantità resta certa nei secoli; è fungibile, per cui in qualunque parte del mondo si voglia pagare per acquistare beni o servizi si troverà sempre qualcuno disposto a convertirlo in moneta locale; non è inflazionabile, per aumentarne il possesso non si può premere un tasto e produrlo ma bisogna organizzare uomini e mezzi (una attività produttiva che crea valore) per andare a cercarlo.


Queste tre caratteristiche rendono l'oro unico rispetto a qualunque metallo o altro materiale; il diamante ad esempio ha il problema della stima del valore (peso, colore purezza, ecc.) che non lo rende inadatto a fungere da numerario (misuratore) delle quantità e degli scambi economici.


Per tali ragioni l'oro veniva utilizzato nei pagamenti nazionali ed anche internazionali all'alba dell'apertura degli scambi commerciali tra diversi paesi. In queste occasioni piuttosto che venire trasportato dall'acquirente durante l'acquisto delle merci, per evitare il rischio di essere vittima di furto, l'oro veniva depositato in una banca che emetteva un certificato rappresentativo dell'oro depositato.


Il commerciante poteva a quel punto utilizzare il certificato emesso per garantire la quantità di oro depositato e pagare con la consegna del certificato stesso. La banca del venditore della merce e la banca dell'acquirente in un momento successivo si mettevano d'accordo per lo scambio sicuro dell'oro fisico o anche per la compensazioni tra le quantità di oro a debito ed a credito tra i due istituti (fungibilità dell'oro).
Con la nascita della banca centrale la funzione di custodia dell'oro è passata a quest'ultima istituzione che in cambio dell'oro depositato emetteva certificati che con il tempo sono diventati le monete e le banconote in circolazione in ciascun paese.


Oggi la moneta non è più legata alla quantità di oro depositata mentre il bilancio di tutte le banche centrali è composto sostanzialmente dalle stesse voci. Semplificando molto l'esempio si può dire che nell'attivo di bilancio si hanno: riserve auree, riserve valutarie (ad esempio per la BCE queste saranno i dollari USA, le sterline inglesi, lo yen giapponese, ecc.), titoli di stato (BTP, Bonos, Bund, ecc.) e da qualche anno anche junk bond (soprattutto nel bilancio della Fed americana a causa delle operazioni: TARP, TALF, QE1, QE2, QE3).


L'unica voce del passivo delle banche centrali, oltre il patrimonio della banca, è invece la moneta emessa (per la BCE tutti gli euro in circolazione e le riserve in eccesso delle banche commerciali), che è un debito della banca centrale.

Poiché l'attivo di bilancio garantisce il passivo dello stesso (e quindi la solvibilità della banca centrale) e se guardiamo le voci stesse dell'attivo, si capisce subito che: essendo l'oro una frazione infinitesima della moneta emessa


(a tale riguardo si legga l'articolo e si guardino i filmati al link: http://www.goldnews.com/2011/06/02/fed-lawyer-alvarez-the-federal-reserve-does-not-own-any-gold-at-all/, dove il legale della Fed americana dichiara che l'istituzione che rappresenta non possiede più oro fisico ma certificati rappresentativi di un credito in once d'oro nei confronti del Tesoro americano);


essendo le riserve valutarie un debito delle altre banche centrali (affidabile se queste sono solvibili); essendo i junk bond spazzatura, l'unica voce dell'attivo che garantisce la moneta emessa (la tenuta stessa del sistema monetario) sono i BTP (o se si vuole i Treasury, i titoli di stato).


Ma i titoli di stato sono garantiti se il paese cresce, crea reddito quindi gettito che permette di rimborsare tali titoli. La moneta emessa è quindi garantita dal lavoro. Di ognuno di noi. Se l'occupazione scende il sistema monetario salta perchè viene meno la capacità di rimborso del debito.


Ora l'occupazione sta continuamente deteriorandosi da un quinquennio in tutte le principali economie. Allora forse hanno ragione la banca centrale del Venezuela, che vuole rimpatriare l'oro detenuto negli USA e nel Regno Unito (ammesso che esista ancora), oppure la Bundesbank, che anch'essa ha chiesto il rimpatrio delle riserve o i promotori del referendum svizzero che sarà votato tra qualche settimana per modificare la costituzione e rendere inalienabile le riserve auree che devono essere almeno il 20% del bilancio della Banca Nazionale Svizzera.


Negli ultimi 10 anni il prezzo dell'oro é salito in tutte le valute (ma in effetti non ha fatto altro che aggiornare il proprio valore monetario mentre le banche centrali continuavano ad inflazionare) e l'apparente correzione degli ultimi mesi è forse il momento giusto perchè tutti noi ci si protegga dall'inflazione monetaria acquistandone un po', proprio come molte banche centrali
 
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Cipro, concessioni sulle acque territoriali in cambio del salvataggio


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1 aprile 2013 |
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Autore Redazione | Stampa articolo
Fonte: http://www.clubcapretta.it/index.php?option=com_zoo&task=item&item_id=171&Itemid=206#.UVoADByR5_c
DI: REDAZIONE – LA TRATTATIVA SOTTOBANCO CON BERLINO E LA SVENDITA DELLE RISORSE NATURALI DI CIPRO



Si sa, nessuno da’ niente per niente.
E quando si prende, bisogna avere qualcosa da dare.
E quando non hai più niente da dare, finisce che paghi in natura.
Risulta infatti che, come garanzia sul prestito della bce, Berlino ha ottenuto il diritto di sfruttamento delle acque territoriali di Cipro per i prossimi 99 anni a partire da oggi.
Saranno infatti aziende tedesche che avranno il diritto di entrare nelle acque cipriote, per la prospezione e l’eventuale sfruttamento delle risorse petrolifere (come se nel mediterraneo ci facesse piacere, avere un’altra catastrofe in stile BP golfo del messico), per il possibile sfruttamento del giacimento di metano parzialmente condiviso con Israele e sufficiente per placare la fame di gas naturale europeo per 50 anni buoni, oltre che per lo sfruttamento delle notoriamente pescose e ricche zone FAO, conosciute soprattutto per la presenza del pregiato tonno rosso del mediterraneo, amato dai giapponesi, pescato, macellato e congelato direttamente in barca, spedito per via aerea in Giappone e battuto all’asta a carissimo prezzo al mercato del pesce di Tokio.
Almeno quel poco che ne è rimasto.
Insomma, grassi affari. Bel colpo, salvare Cipro.
Eric Mackerel, presidente dell’associazione tedesca marittimi commerciali, ha dichiarato: “nessuna trattativa sottobanco, Cipro ha deciso di aprire le sue acque territoriali allo sfruttamento commerciale,noi abbiamo fatto la nostra proposta ed abbiamo battuto le offerte di greci, francesi, inglesi ed americani perché la nostra proposta era la migliore“.
Guarda caso, proprio la proposta tedesca.
Saluti particolarmente felici quest’oggi
Felice Capretta & Redazione Club
 
Tags: Bundesbank, debito pubblico, Germania, Maastricht, Manfredi De Leo

L’eccezione tedesca nel collocamento dei titoli di stato

Scritto da Manfredi De Leo il 07 Dicembre 2011
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1. L’esito della recente asta dei titoli pubblici tedeschi ha sollevato un interessante dibattito intorno alle specificità del meccanismo di collocamento dei titoli pubblici che sembrano distinguere la Germania dagli altri paesi dell’eurozona. Il dibattito prende spunto dai dettagli presenti nel resoconto ufficiale della procedura d’asta, laddove si comunica che sono stati emessi tutti i 6 miliardi di euro di titoli inizialmente previsti dal governo, ma al contempo si afferma che – di questi – solamente 3,6 sono stati collocati presso investitori privati. Si tratta dunque di capire esattamente cosa è successo a quei 2,4 miliardi di euro di titoli residui, che sono stati dichiarati emessi, ma non sono stati sottoscritti dai partecipanti all’asta.
Il resoconto ufficiale dell’asta definisce quella particolare quota dell’emissione come “Ammontare messo da parte per operazioni sul mercato secondario”. Dunque il 40% dei titoli emessi è stato trattenuto con lo scopo di essere successivamente venduto sul mercato secondario: una quota consistente dei titoli è stata, in altri termini, emessa ma non collocata presso gli investitori privati. Una simile operazione sembra possibile solamente qualora si ammetta l’intervento della Bundesbank, che avrebbe sottoscritto una parte della nuova emissione – come suggeriscono numerosi commentatori[1]. Ciò significherebbe che la Germania opera al di fuori delle regole comuni dell’eurozona[2], ossia in deroga a quegli stessi principi che hanno impedito, ad esempio, alla Banca Centrale Greca di intervenire a sostegno dei titoli pubblici ellenici tra il Dicembre 2009 ed il Maggio 2010, quando la spirale nei tassi di interesse pretesi dai mercati finanziari internazionali in sede d’asta ha di fatto costretto Atene a ricorrere ad un prestito istituzionale, vincolato all’adozione delle cosiddette misure di austerità. L’“eccezione tedesca” alle regole europee sull’emissione di titoli del debito pubblico appare ancora più significativa se si considera che la pratica di trattenere una quota (anche consistente) dell’emissione “per operazioni sul mercato secondario” non costituisce affatto un’anomalia nelle ordinarie operazioni di collocamento dei bund, ma ne rappresenta piuttosto il regolare funzionamento: come illustrato dal seguente grafico, la Germania trattiene regolarmente una quota delle emissioni, esattamente come accaduto in quest’ultima, discussa, asta di bund decennali.
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Cercheremo di dimostrare che la Bundesbank sostiene attivamente il collocamento dei titoli pubblici tedeschi, esercitando un’influenza dominante sul prezzo dei titoli di nuova emissione, senza però ricorrere alla sottoscrizione degli stessi sul mercato primario, ma articolando il proprio intervento in modo tale da aggirare i divieti imposti dal Trattato di Maastricht, e praticare di fatto il finanziamento diretto del debito pubblico tedesco.
2.Iniziamo col dire che il dibattito sull’asta dei titoli tedeschi ha il grande pregio di restituire il meccanismo di emissione dei titoli pubblici – fatto di regolamenti, prassi e rapporti di forza tra governi, banche private nazionali e internazionali – ad un contesto istituzionale più complesso di quella ‘forma di mercato’ che gli viene attribuita dalle istituzioni europee, e che giustifica il divieto di acquisto dei titoli pubblici imposto alle banche centrali, chiamate appunto a non interferire con il regolare funzionamento del mercato del credito.
Vogliamo capire come sia possibile che un titolo pubblico venga emesso, ma non collocato. Precisiamo innanzitutto cosa si intende per collocamento: un titolo si definisce collocato quando viene sottoscritto per la prima volta. L’ufficio governativo responsabile dell’emissione dei titoli del debito pubblico tedesco è l’Agenzia per il debito (Finanzagentur), la quale gestisce le procedure d’asta e poi trattiene i titoli non collocati presso quella platea di investitori privati che hanno l’accesso riservato al mercato primario, platea costituita da una quarantina di banche e società finanziarie tedesche ed internazionali. L’idea, suggerita da molti commentatori, che i titoli non collocati vengano di fatto sottoscritti dalla banca centrale tedesca è stata immediatamente contestata, poiché sembra scaturire da una errata interpretazione del particolare ruolo svolto da quest’ultima all’interno del processo di emissione dei titoli. Come vedremo, sebbene sia effettivamente possibile confutare la tesi secondo cui la Bundesbank sottoscrive i titoli pubblici tedeschi direttamente sul mercato primario, la banca centrale tedesca può contare su altri e diversi canali per intervenire sui titoli di nuova emissione, con risultati assolutamente equivalenti all’azione diretta sul mercato primario.
La Bundesbank agisce per conto dell’Agenzia per il debito tedesca in qualità di “banca custode e non di prestatore di ultima istanza”, come sostiene Isabella Bufacchi sul Sole 24 Ore del 26 Novembre 2011: i titoli trattenuti risultano in sostanza congelati presso la banca centrale tedesca, senza che questa corrisponda al governo alcuna somma di denaro in cambio, ossia senza che quei titoli risultino effettivamente sottoscritti. Spiega ancora la Bufacchi: “L`agenzia del debito tedesco riprende poi quei titoli invenduti e li ricolloca in tranche sul secondario, nell`arco di qualche giorno o in casi di mercati ostici di qualche settimana.” Dunque sembra, a prima vista, che la Germania non stia procedendo alla cosiddetta ‘monetizzazione’ del debito pubblico. A confermare questa interpretazione interviene anche la prestigiosa rivista The Economist, pubblicando sul proprio sito l’articolo Fun with bunds in cui, “per evitare che i bloggers passino molto tempo immersi nei meccanismi d’asta delle obbligazioni europee”, si affida la soluzione al dilemma alle parole di un rappresentate della PIMCO, una delle più importanti società private di investimento a livello internazionale: “La Finanzagentur ha emesso solamente 3,6 miliardi in cambio di liquidità. Loro hanno collocato 3,6 miliardi sul mercato ed hanno trattenuto 2,4 miliardi sui loro libri contabili. In futuro potranno vendere l’ammontare trattenuto sul mercato secondario, ottenendo la corrispondente liquidità. Potreste aver letto che la Bundesbank ha acquistato la quota dell’emissione che non è stata collocata in asta; ciò non è corretto. La Bundesbank non sta finanziando la Germania; opera semplicemente come un’agenzia per la Finanzagentur.”
La pratica dell’Agenzia tedesca per il debito, consistente nel trattenere una quota dell’emissione, viene dunque presentata, molto semplicemente, come un metodo per procrastinare il collocamento di quei titoli, in attesa di più favorevoli condizioni sui mercati finanziari: una mera questione di tempo, poiché i titoli emessi ma non anche collocati saranno, prima o poi, effettivamente collocati.
3. Dopo aver “passato molto tempo immersi nei meccanismi d’asta delle obbligazioni europee”, è forse possibile mettere in discussione la validità di questa lettura del problema, ed incentrare l’interpretazione del particolare meccanismo di emissione dei titoli pubblici tedeschi non tanto sul ‘quando’ i titoli trattenuti verranno sottoscritti, quanto piuttosto sul ‘dove’ quei titoli verranno poi, effettivamente, collocati.
La struttura istituzionale conferita generalmente agli odierni processi di emissione dei titoli del debito pubblico si fonda su una netta distinzione tra il mercato primario, dove i governi collocano i titoli di nuova emissione, ed il mercato secondario, dove i titoli già emessi possono essere liberamente scambiati. Tale distinzione è rilevante, all’interno della cornice istituzionale dell’eurozona, poiché il Trattato di Maastricht (comma 1 art. 101[2]) vieta esplicitamente alle banche centrali dell’eurozona l’acquisto di titoli del debito pubblico dei paesi membri solamente sul mercato primario: la BCE e le banche centrali dei paesi membri sono dunque lasciate libere di acquistare titoli del debito pubblico dei paesi membri dell’eurozona sul mercato secondario, e siamo certi che stiano operando in questo senso quantomeno a partire dal Maggio 2010, nel contesto del Securities Markets Programme[4]. Si noti come la chiara distinzione tra mercato primario e mercato secondario, ovvero la regola per cui sul mercato secondario possono essere scambiati solamente titoli già emessi sul mercato primario, sia il presupposto della logica seguita dalle istituzioni europee, le quali prevedono contemporaneamente il divieto imposto da Maastricht, che si riferisce al mercato primario, ed il Securities Markets Programme, che limita al mercato secondario la libertà di intervento delle banche centrali. Nelle parole dell’allora Governatore della BCE Trichet: “le nostre azioni sono pienamente conformi al divieto di finanziamento monetario [del debito pubblico] e dunque alla nostra indipendenza finanziaria. Il Trattato vieta l’acquisto diretto, da parte della BCE, dei titoli del debito emessi dai governi. Noi stiamo acquistando quei titoli solamente sul mercato secondario, e dunque restiamo ancorati ai principi del Trattato”.[5]
Alla luce di quanto detto circa la pratica – operata negli anni dalla Germania – di destinare una quota rilevante delle emissione ad operazioni sul mercato secondario, risulta evidente che, quando consideriamo il mercato dei titoli pubblici tedeschi, la distinzione tra mercato primario e mercato secondario si fa quantomeno labile: tramite la quota di titoli di nuova emissione regolarmente trattenuta dall’Agenzia del debito, infatti, la Germania è in grado di collocare i propri titoli del debito pubblico direttamente sul mercato secondario. Ciò è rilevante perché se il mercato primario dei titoli pubblici è esplicitamente riservato, in tutti i paesi dell’eurozona, ad un gruppo di investitori privati, sul mercato secondario operano – accanto agli investitori privati – anche le banche centrali dei paesi membri. Questo significa che il tasso di interesse che si determina sul mercato primario può essere spinto al rialzo da una carenza di domanda di titoli che non ha ragione di esistere sul mercato secondario, laddove l’azione della banca centrale implica una domanda potenzialmente infinita per i titoli pubblici: sul mercato primario, dove non operano le banche centrali, può sussistere una situazione di eccesso di offerta di titoli che conduce ad un rialzo nei tassi di interesse, quale quello osservato in Grecia nei primi mesi del 2010, ed in Italia a partire dall’Agosto 2011, mentre sul mercato secondario l’intervento della banca centrale ha il potere di creare tutta la domanda necessaria a spingere al ribasso il rendimento dei titoli pubblici. Pertanto, il semplice fatto che il collocamento dei bund di nuova emissione avvenga, in parte, direttamente sul mercato secondario ha un impatto significativo sul tasso di interesse dei titoli pubblici tedeschi, garantendo alla Germania un minor costo dell’indebitamento pubblico, a prescindere dalla possibilità (pure presente) che i titoli di nuova emissione collocati sul mercato secondario vengano sottoscritti direttamente dalla Bundesbank. La particolare struttura istituzionale del processo di emissione dei titoli pubblici tedeschi sopprime di fatto la distinzione tra mercato primario e mercato secondario, aprendo lo spazio per il finanziamento del debito pubblico tramite la banca centrale – spazio negato agli altri paesi membri dell’eurozona.
Il complesso meccanismo di emissione dei titoli pubblici appena descritto consente alla Germania di proporre, in asta, un tasso dell’interesse molto basso, come avvenuto il 23 Novembre: se gli investitori privati si rifiutano di sottoscrivere i titoli del debito pubblico tedeschi a quei tassi, giudicati poco remunerativi, lo Stato trattiene la quota dell’emissione non collocata e procede, successivamente, al collocamento di quei titoli sul mercato secondario, dove l’azione della banca centrale è in grado di orientare i livelli del tasso dell’interesse vigente, o addirittura di tradursi in un intervento diretto, con la Bundesbank che sottoscrive i titoli del debito non collocati sul mercato primario. In assenza di un simile meccanismo, i governi sono costretti ad accettare il tasso di interesse che gli investitori privati pretendono sul mercato primario, laddove la loro disponibilità a sottoscrivere i titoli pubblici rappresenta l’unica possibilità che lo stato ha di finanziare il proprio debito. L’“eccezione tedesca” può essere concepita come un metodo che permette di aggirare i divieti imposti dal Trattato di Maastricht, e viene da chiedersi per quale motivo gli altri paesi dell’eurozona non si siano dotati di un simile dispositivo, capace di arginare le pretese dei mercati finanziari internazionali sui rendimenti dei propri titoli pubblici.​
[1] Alesina e Giavazzi sul Corriere dela Sera del 24 Novembre 2011 affermano che “l’asta dei Bund è stata sottoscritta solo grazie alla Bundesbank che ha acquistato il 40% dei titoli offerti da Berlino.”. Lo stesso giorno, simili affermazioni compaiono sui più importanti quotidiani. Sul Sole 24 Ore Bufacchi sostiene che: “va scartata la maxi-quota, pari al 39% dei 6 miliardi, che è stata sottoscritta dalla Buba [Bundesbank] per essere rivenduta sul secondario per via del peculiare meccanismo usato fin dagli anni 70 nelle aste dei titoli di Stato tedeschi.”; Quadrio Curzio commenta che “senza l’intervento della Bundesbank poteva andare anche peggio” sul Messaggero; Tabellini afferma, sul Sole 24 Ore, che: “la Bundesbank di fatto continua ad agire come prestatore di ultima istanza quanto meno in via temporanea nei confronti dello Stato tedesco. I titoli non venduti in asta infatti sono stati assorbiti dalla Bundesbank, che da sempre svolge questo ruolo per garantire la liquidità dei titoli tedeschi.”
[2] “La banca centrale tedesca ha subito assorbito tutti i titoli invenduti. È esattamente ciò che la Bundesbank stessa non vuole che la BCE faccia con Italia e Spagna. […] ha comprato direttamente dal governo, un comportamento in apparenza illegale ai termini del trattato: finanziamento monetario del deficit.” Fubini, Corriere della Sera del 24 Novembre 2011.
[3] “È vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della BCE o da parte delle Banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate “Banche centrali nazionali”), a istituzioni o organi della Comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della BCE o delle banche centrali nazionali.” (Cfr. Versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità Europea, Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, 24/12/2002, corsivo nostro).
[4] “Nei termini definiti in questa Decisione, le banche centrali dell’Eurosistema possono acquistare […] sul mercato secondario titoli di debito […] emessi dai governi centrali o da enti pubblici dei Paesi Membri e denominati in euro.” (Cfr. Decision of the European Central Bank of 14 May 2010 establishing a securities markets programme, Official Journal of the European Union, 20/05/2010, corsivo nostro).
[5] Cfr. Speech by Jean-Claude Trichet, President of the ECB, at the 38th Economic Conference of the Oesterreichische Nationalbank, Vienna, 31 May 2010.
 
L’eccezione tedesca nel collocamento dei titoli di stato
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29 marzo 2013 |
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Autore Redazione | Stampa articolo
Bisogna tenere conto di due cose per capire questo articolo, che non ha specificato
1. i titoli di stato sono considerati altamente liquidi nelle operazioni tra banche cioè alla stregua di moneta, sono moneta
2. la differenza tra mercato primario e mercato secondario è unicamente che il primo è l’oligopolio delle banche dealer che vanno alle aste pubbliche del debito con una sorta di diritto di prelazione sui titoli e un monopolio effettivo sugli stessi e sul loro tasso di rendimento (http://www.stampalibera.com/?p=59366)
Semmai dall’articolo sotto appare chiaramente che:
1. E’ la BUBA a stampare i TDS E NON LO STATO, a riprova dello scippo totale di sovranità degli Stati.
2. La BUBA, ma anche tutte le BC ivi compresa la BCE, si comporta come una vera e propria banca di investimento, o fondo avvoltoio secondo le parole della Kirchner: cioè specula in borsa, emette strumenti derivati e altri certificati strutturati e lo fa con i nostri TDS, che utilizza come moneta, ma i cui interessi sono “spalmati” dal verbo “to spread” sui popoli, di preferenza i cosiddetti PIIGS. E lo fa grazie ai differenziali di rendimento dei TDS e ai vari trucchi e sotterfugi che i paesi cosiddetti ‘forti’ utilizzano per derubare i cosiddetti paesi deboli o PIIGS.
Chiaro?
Nicoletta Forcheri
1/4/2013
 
Qualsiasi similitudine è puramente causale [N.F]
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31 gennaio 2013 |
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Autore Nicoletta Forcheri | Stampa articolo
Nella foto, la lista delle banche dealer del tesoro italiano, gli strozzini che per primi come spacciatori possono trattare e condizionare i nostri titoli del debito in cambio dell’immissione monetaria di cui il paese ha bisogno per funzionare. Sotto invece l’elenco delle maggiori corporations e banche che controllano la ricchezza mondiale, tratto dall’articolo http://www.imolaoggi.it/?p=40233
Qualsiasi similitudine tra di loro è puramente “causale”…

Si noti poi che di quelle poche banche dealer che non compaiono nella lista sotto (Citigroup, Crédit Agricole, Commerzbank, HSBC, banca IMI), che non ho sottolineato in giallo, non è stato ancora verificato da chi sono controllate, tranne per MPS di cui posso ragionevolmente dichiarare che è CONTROLLATA in maniera OCCULTA da AXA/MORGAN, e NON, come tutti stanno cercando di spiegare DALLA FONDAZIONE…
Semmai è vero il contrario e cioé che la Fondazione, il cui statuto è passato nel 2001 da istituto di diritto pubblico a SpA, e la cui banca è stata privatizzata e poi quotata in borsa nel 1999 (cfr. http://www.consob.it/main/emittenti/societa_quotate/query_infostoriche.html?firstres=0&hits=81&viewres=1&search=1&resultmethod=socquotadv&queryid=infostoriche&maxres=500&codconsob=135417), con la testa di legno Caltagirone, ad essere assoggettata al volere di questi. Ed è il PD da qualche decennio il loro fedele pedissequo servitore.
Si può quindi ragionevolmente rispondere alla domanda di sapere a chi sono andati i 17 miliardi di esborso all’estero dalle casse senesi. E a chi sono ritornate scudate in Italia le briciole di poco meno di 2 miliardi di commissioni. Non ditemi che è

così difficile arrivarci…
1 BARCLAYS PLC GB 6512 SCC 4.05
2 CAPITAL GROUP COMPANIES INC, THE US 6713 IN 6.66
3 FMR CORP US 6713 IN 8.94
4 AXA FR 6712 SCC 11.21
5 STATE STREET CORPORATION US 6713 SCC 13.02
6 JP MORGAN CHASE & CO. US 6512 SCC 14.55
7 LEGAL & GENERAL GROUP PLC GB 6603 SCC 16.02
8 VANGUARD GROUP, INC., THE US 7415 IN 17.25
9 UBS AG CH 6512 SCC 18.46
10 MERRILL LYNCH & CO., INC. US 6712 SCC 19.45
11 WELLINGTON MANAGEMENT CO. L.L.P. US 6713 IN 20.33
12 DEUTSCHE BANK AG DE 6512 SCC 21.17
13 FRANKLIN RESOURCES, INC. US 6512 SCC 21.99
14 CREDIT SUISSE GROUP CH 6512 SCC 22.81
15 WALTON ENTERPRISES LLC US 2923 T&T 23.56
16 BANK OF NEW YORK MELLON CORP. US 6512 IN 24.28
17 NATIXIS FR 6512 SCC 24.98
18 GOLDMAN SACHS GROUP, INC., THE US 6712 SCC 25.64
19 T. ROWE PRICE GROUP, INC. US 6713 SCC 26.29
20 LEGG MASON, INC. US 6712 SCC 26.92
21 MORGAN STANLEY US 6712 SCC 27.56
22 MITSUBISHI UFJ FINANCIAL GROUP, INC. JP 6512 SCC 28.16
23 NORTHERN TRUST CORPORATION US 6512 SCC 28.72
24 SOCIÉTÉ GÉNÉRALE FR 6512 SCC 29.26
25 BANK OF AMERICA CORPORATION US 6512 SCC 29.79
26 LLOYDS TSB GROUP PLC GB 6512 SCC 30.30
27 INVESCO PLC GB 6523 SCC 30.82
28 ALLIANZ SE DE 7415 SCC 31.32
29 TIAA US 6601 IN 32.24
30 OLD MUTUAL PUBLIC LIMITED COMPANY GB 6601 SCC 32.69
31 AVIVA PLC GB 6601 SCC 33.14
32 SCHRODERS PLC GB 6712 SCC 33.57
33 DODGE & COX US 7415 IN 34.00
34 LEHMAN BROTHERS HOLDINGS, INC. US 6712 SCC 34.43
35 SUN LIFE FINANCIAL, INC. CA 6601 SCC 34.82
36 STANDARD LIFE PLC GB 6601 SCC 35.2
37 CNCE FR 6512 SCC 35.57
38 NOMURA HOLDINGS, INC. JP 6512 SCC 35.92
39 THE DEPOSITORY TRUST COMPANY US 6512 IN 36.28
40 MASSACHUSETTS MUTUAL LIFE INSUR. US 6601 IN 36.63
41 ING GROEP N.V. NL 6603 SCC 36.96
42 BRANDES INVESTMENT PARTNERS, L.P. US 6713 IN 37.29
43 UNICREDITO ITALIANO SPA IT 6512 SCC 37.61
44 DEPOSIT INSURANCE CORPORATION OF JP JP 6511 IN 37.93
45 VERENIGING AEGON NL 6512 IN 38.25
46 BNP PARIBAS FR 6512 SCC 38.56
47 AFFILIATED MANAGERS GROUP, INC. US 6713 SCC 38.88
48 RESONA HOLDINGS, INC. JP 6512 SCC 39.18
49 CAPITAL GROUP INTERNATIONAL, INC. US 7414 IN 39.48
50 CHINA PETROCHEMICAL GROUP CO. CN 6511 T&T 39.78
Nicoletta Forcheri, 31 gennaio 2013
Riferimenti:
 
La bancarotta della città di Stockton prefigura quella degli Stati Uniti

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di REDAZIONE



Proponiamo in ANTEPRIMA per L'Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell'articolo When the government goes bankrupt — what Stockton's plight means for America di Andrew P. Napolitano, ex giudice della Corte Superiore del New Jersey, commentatore e opinionista presso Fox News Channel, ha scritto sette libri sulla Costituzione americana. (Traduzione di Luca Fusari)


Che cosa succede quando un governo va in bancarotta? Pochi anni fa questa domanda sarebbe suonata come un esercizio ipotetico in una classe scolastica di legge e avrebbe incontrato un po' di derisione. Ma oggi si tratta di una prospettiva realistica e terrificante che molti aventi rapporti finanziari con i governi in America dovranno porsi, rispondendosi a denti stretti.


All'inizio di questa settimana, un giudice federale ha accolto l'istanza di fallimento di Stockton, in California, una città di circa 300.000 abitanti a nord-est di San Francisco, nonostante le obiezioni di coloro i quali avevano prestato soldi alla città. Ai finanziatori (chiamati obbligazionisti) e loro assicuratori è accaduto che la città ha smesso di pagare interessi sui loro prestiti (obbligazioni). In questo contesto, un bond è un prestito fatto a un comune, che paga al prestatore un interesse esentasse restituendogli il capitale quando dovuto. I finanziatori istituzionali di solito ottengono un'assicurazione di rimborso, che però impegna la compagnia di assicurazione.


Le date di scadenza di molti di questi titoli sono arrivate, e gli obbligazionisti e i loro assicuratori volevano che Stockton rimborsasse i prestiti. Ma la città non ha il denaro con cui fare i rimborsi. Ha preso denaro in prestito agli obbligazionisti durante i buoni periodi finanziari, quando le sue proprietà immobiliari generavano entrate fiscali più grandi di quelle odierne, e quando i suoi consulenti prevedevano un flusso di entrate senza fine per le casse della città. Il flusso atteso di quel denaro, l'inclinazione naturale di chi è al governo di voler dare via i soldi ad altri, e le manipolazioni messe in atto da chi detiene il potere, hanno premiato i loro amici e sé stessi con ricche pensioni, producendo nella città un generoso trattamento pensionistico ai propri dipendenti. È politicamente più facile offrire futuri pagamenti pensionistici generosi ai dipendenti comunali che aumentare i loro stipendi oggi. La promessa di pagare una pensione qualificata ai pensionati al loro ingresso nel ...


Inviato da iPhone
 
confermato cosa accada da black star in caso di fallimento. se e ' una banca,ci saltano fuori ,ma se' e' il sistema,scordatevi i soldi,col giochino della riserva frazionaria all1% o accendono le stampanti in caso di run bank.o ci si dimentica di averli posseduti.(ps ricordo che noi abbiamo solo il possesso dei ns soldi,nn la proprieta')
 

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