Val
Torniamo alla LIRA
Ahi ahi ahi Libertà dove te ne vai ?
Ha preso il via a Davos il World Economic Forum,
l’evento più celebre che raduna i politici e gli imprenditori più influenti per discutere su temi economici e di società.
Se da una parte l’evento di Davos è riconosciuto per il suo immenso prestigio,
non si può certo affermare che questa edizione sia iniziata con il miglior auspicio:
il Commissario per le e-Safety australiano, Julie Inman Grant,
si è fatta portavoce, infatti,
di un vero inno alla censura e alla rivisitazione dei diritti umani.
Video Player
“Penso che dovremo pensare a una ricalibrazione di un’intera gamma di diritti umani che si stanno manifestando online,
dalla libertà di parola all’essere liberi della violenza online”.
Limitare il diritto di parola:
questa l’idea e la direzione che, secondo la politica australiana,
dovrebbe essere promossa dalle élite mondiali auspicando a una maggiore sicurezza.
La logica sembrerebbe infatti quella, tipica di una mentalità probabilmente più vicina al Medioevo,
di privare le persone ad esprimere i loro pareri,
o meglio i pareri non in linea con quelli “dettati”, seppur celatamente, dal perbenismo politicamente corretto.
Frasi da non sottovalutare, considerata anche la portata di chi le ha espresse:
Grant sta, infatti, attualmente lavorando con il Consiglio per la politica di genere della Casa Bianca e con il Governo danese.
Immediate sono state le repliche a quella che può sembrare una manifestazione di autoritarismo giustificata dal desiderio di tutela dei popoli:
il giornalista canadese Andrew Lawton ha infatti riportato subito su twitter il video del discorso a Davos,
spiegando – senza se e senza ma – che era tutto vero sulla richiesta di arginare il diritto di espressione.
Sulla stessa linea l’account Gop della Commissione della Camera per la magistratura
che ha ritwittato commentando semplicemente con un duro “No”.
Le affermazioni di Grint sembrerebbero individuare il nuovo nemico nella libertà di parola,
trascinando così i buoni del mondo a indirizzare le masse verso una vera e propria censura
stabilita, evidentemente, da dei parametri convenienti per i piani alti.
Un assolutismo e un controllo pericoloso potrebbero celarsi nelle affermazioni dell’australiana,
non contraddette da nessuno durante il dibattito,
nonostante il forum più importante per il mondo dell’economia si mostri sempre ben disposto
– forse solo a parole – alle tematiche riguardanti il rispetto e la tutela dei diritti fondamentali,
oggettivamente calpestati in queste affermazioni.
Che il grande progressismo delle élite mondiali sia alla fine solo una questione di forma
e nasconda il desiderio di un ritorno alla mentalità figlia del secolo precedente?
Ha preso il via a Davos il World Economic Forum,
l’evento più celebre che raduna i politici e gli imprenditori più influenti per discutere su temi economici e di società.
Se da una parte l’evento di Davos è riconosciuto per il suo immenso prestigio,
non si può certo affermare che questa edizione sia iniziata con il miglior auspicio:
il Commissario per le e-Safety australiano, Julie Inman Grant,
si è fatta portavoce, infatti,
di un vero inno alla censura e alla rivisitazione dei diritti umani.
Video Player
“Penso che dovremo pensare a una ricalibrazione di un’intera gamma di diritti umani che si stanno manifestando online,
dalla libertà di parola all’essere liberi della violenza online”.
Limitare il diritto di parola:
questa l’idea e la direzione che, secondo la politica australiana,
dovrebbe essere promossa dalle élite mondiali auspicando a una maggiore sicurezza.
La logica sembrerebbe infatti quella, tipica di una mentalità probabilmente più vicina al Medioevo,
di privare le persone ad esprimere i loro pareri,
o meglio i pareri non in linea con quelli “dettati”, seppur celatamente, dal perbenismo politicamente corretto.
Frasi da non sottovalutare, considerata anche la portata di chi le ha espresse:
Grant sta, infatti, attualmente lavorando con il Consiglio per la politica di genere della Casa Bianca e con il Governo danese.
Immediate sono state le repliche a quella che può sembrare una manifestazione di autoritarismo giustificata dal desiderio di tutela dei popoli:
il giornalista canadese Andrew Lawton ha infatti riportato subito su twitter il video del discorso a Davos,
spiegando – senza se e senza ma – che era tutto vero sulla richiesta di arginare il diritto di espressione.
Sulla stessa linea l’account Gop della Commissione della Camera per la magistratura
che ha ritwittato commentando semplicemente con un duro “No”.
Le affermazioni di Grint sembrerebbero individuare il nuovo nemico nella libertà di parola,
trascinando così i buoni del mondo a indirizzare le masse verso una vera e propria censura
stabilita, evidentemente, da dei parametri convenienti per i piani alti.
Un assolutismo e un controllo pericoloso potrebbero celarsi nelle affermazioni dell’australiana,
non contraddette da nessuno durante il dibattito,
nonostante il forum più importante per il mondo dell’economia si mostri sempre ben disposto
– forse solo a parole – alle tematiche riguardanti il rispetto e la tutela dei diritti fondamentali,
oggettivamente calpestati in queste affermazioni.
Che il grande progressismo delle élite mondiali sia alla fine solo una questione di forma
e nasconda il desiderio di un ritorno alla mentalità figlia del secolo precedente?