Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo.

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La regina resta Giorgia Meloni:
Fratelli d'Italia nelle ultime due settimane è cresciuto addirittura dello 0,7%,
passando dal 21,5% al 22,2%.

FdI, al momento, è il primo partito.
 
Sotto sotto, vi devo dire che la storia delle concessioni governative sulle spiagge
da mandare in asta, non è forse il male peggiore.

Chiesto per domani a Forte dei Marmi.

Ombrellone - 2 sdraio - 1 lettino ..........Euro 70 al giorno.
Solo spiaggia. Niente piscina. Niente teli mare. Niente cabina.

???????????????????????????????????????????????????

Questi sono fuori di melone. 2100 Euro al mese.
Capisco che lavorano solo 4 mesi in un anno, ma ad agosto chissà cosa fanno pagare.

Probabilmente sono calibrati per arrivare ad incassare 10000 Euro all'anno
da 1 ombrellone. Moltiplichiamo per 40.......... Poi ci sono le tende.
 
A Parigi si è parlato di Wimbledon,
con tanto di giocatori che sono arrivati in conferenza stampa
chiarendo che della partita appena finita non gli importava granché,
o comunque non tanto quanto quello che succederà tra un mese in quel sobborgo di Londra.

L’antefatto lo sapete:

gli inglesi si sono ricordati che nell’800 facevano e disfacevano sterminando indigeni

che manco gli spagnoli e un’invenzione pienamente coloniale come quella di Church Road si è adeguata:

che i russi non si azzardino a superare le Doherty Gates.



La lenta ATP è incappata in un vocabolario e arrivata alla lettera “d” si è fermata sul verbo “discriminare”:

adottare in singoli casi o verso singole persone o gruppi di persone un comportamento diverso da quello stabilito per la generalità,
o che comunque rivela una disparità di giudizio e di trattamento.

Ha fatto due conti, si è ricordata che in fondo rappresenta tutti e ha preso cappello.

Ha deciso di boicottare il torneo come fecero nel 1973?

Non esageriamo,
erano gli anni ‘70, e poi l’ATP non era ancora un’istituzione.


Ha detto “vabbè, giocate pure, chi vuole.

Però niente punti nel ranking”.

In altri tempi sarebbe stato il minimo sindacale,
tant'è che la WTA ha deciso di fare la stessa cosa.


Oggi no,

Wimbledon ha fatto sapere che allora forse il montepremi si sarebbe abbassato, va a sapere se c’entra la guerra.

I giocatori che allora tanto vale andare a Formentera,
e persino Murray è sembrato per una volta non avere chiaro il problema,
visto che si è limitato a dire quello che conta per gli spettatori.

Fish gli ha opportunamente ricordato che sì ok, gli spettatori,
ma pare che servano i giocatori e a loro Wimbledon interessa,
ci mancherebbe, ma se si guadagna meglio altrove tanto vale…


Insomma comunque la pensiate la situazione rimane ingarbugliata.


Noi siamo estremisti e stiamo pensando al nostro boicottaggio personale,

perché insomma se dovessimo rispondere di quello che combinano i nostri governi

o non ci facessero lavorare per quello staremmo freschi.



Spesso ci chiedono cosa faremmo noi se l’Austria volesse indietro il Sud Tirolo, o Alto Adige,

per cui scatenammo una guerra mondiale, a proposito di coerenze.



Ad ogni modo, dopo esserci informati su dove sia,

ci siamo detti disposti a dare anche un pezzo di Veneto e Friuli.
 
Poveretti, ma finirà 'sta storia. Eh se finirà.



Niente mascherine al cinema e nei teatri

ma su treni, navi e aerei la protezione potrebbe rimanere obbligatoria anche dopo il 15 giugno.


È questo l’orientamento del governo in vista della scadenza del decreto sul Covid 19 del 15 giugno.

Attualmente le mascherine Ffp2 sono obbligatorie sui mezzi di trasporto a lunga percorrenza,
sul trasporto pubblico locale, nei luoghi dello spettacolo al chiuso,
nelle strutture sanitarie e a scuola fino alla fine dell’anno scolastico.

Per i lavoratori sono obbligatorie nel settore privato e raccomandate in quello pubblico.


Il governo ha deciso di eliminare le mascherine nei cinema, nei teatri e nelle sale da concerto.
Non dovrebbe essere prorogata la norma che scade il 15 giugno
e dunque anche per gli spettacoli al chiuso potrebbe essere eliminato l’obbligo di coprire naso e bocca.


Per i mezzi del trasporto pubblico e per aerei navi e treni a lunga percorrenza
il governo potrebbe decidere di prolungare l’uso delle mascherine anche oltre il 15 giugno.
Sull’onda della Germania, che ha scelto di prolungare la mascherina sui mezzi di trasporto fino a settembre
anche l’Italia potrebbe decidere la proroga.


Il sottosegretario alla salute Pierpaolo Sileri e la sottosegretaria all’Istruzione Barbara Floridia
spingono per l’eliminazione delle mascherine a scuola,
ma gli scienziati del ministero della salute consigliano di conservare l’obbligo fino alla fine dell’anno scolastico, come già previsto.
Quindi, salvo decisioni a sorpresa dei prossimi giorni, gli esami di terza media e di maturità si terranno con le mascherine.
 
Il poveretto che ha scritto il sopra citato articolo, da perfetto ignorante, non sapeva che .......


La Germania, a partire da aprile, ha gradualmente abbandonato quasi tutte le misure di protezione anti-Covid,
lasciando un margine di autonomia ai Länder per tornare a implementarle in caso di picchi di contagio.

Una delle poche regole ancora in vigore riguarda l’obbligo di indossare la mascherina sui mezzi di trasporto pubblici.

Ora, il ministro dei Trasporti Volker Wissing (FDP) chiede di eliminare anche quest’ultima misura di prevenzione

su aerei, treni e autobus e invoca un approccio uniforme a livello europeo.



In particolare in materia di traffico aereo,
l’Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA) e l’autorità sanitaria dell’UE (ECDC)
hanno annunciato l’intenzione di ritirare, a partire da lunedì,
l’attuale raccomandazione generale circa l’obbligo di indossare la mascherina a bordo degli aerei.

Nel comunicato corrispondente si afferma tuttavia che le regole dei Paesi di partenza e di arrivo d
ovrebbero sempre essere rispettate e che tanto i passeggeri quanto gli equipaggi
dovrebbero comportarsi responsabilmente, indossando la mascherina in caso di sintomi come tosse o raffreddore
e rispettando le scelte altrui in materia di protezione dal contagio.


In Germania, al momento, la legge sulla protezione dalle infezioni
prevede l’obbligo di indossare la mascherina su aerei e treni a lunga percorrenza fino al 23 settembre.

Le regole che riguardano il trasporto pubblico locale sono invece fra quelle che i Länder possono determinare autonomamente.


Sulla proposta di Wissing si è espressa la compagnia di bandiera tedesca Lufthansa,
che invoca l’uso della mascherina solo su base volontaria,
come avviene al momento nei supermercati e nei ristoranti,
anche a fronte dell’elevata efficienza del sistema di filtraggio dell’aria in uso sugli aerei di linea.


Simile la posizione dell’Associazione delle imprese di trasporto.

“Da mesi gli stadi sono pieni, ai concerti la mascherina non è obbligatoria
e neppure nei centri commerciali e nei ristoranti, ma comunque le infezioni calano”

ha dichiarato l’amministratore delegato Oliver Wolff.

Di conseguenza, ha concluso, non c’è motivo di mantenere l’obbligo della mascherina sui mezzi di trasporto pubblici.


Il Ministero della Sanità, guidato da Karl Lauterbach (SPD) ha annunciato che,

alla luce delle nuove raccomandazioni delle autorità europee,

le autorità nazionali dovranno deliberare in merito alle regole da applicare in Germania.
 
Sulla scia dei grandi romanzi distopici tipo 1984 e Brave new world,
Mario A. Iannaccone ne ha fatto uno singolare ma altrettanto agghiacciante.


Ha immaginato cioè, in qual mondo ci toccherà vivere

se l’ideologia angloamericana detta woke dovesse stendersi e prevalere.


La cosa grottesca è quanto segue:

quando c’era l’Urss la gente scappava in Occidente;

ora, che fai, scappi in Russia?


Paradossi della storia, ma sempre sulla pelle dei poveracci.


In effetti, lo stretto legame che esiste in Russia tra il Trono e l’Altare, fin dai tempi del cesaropapismo bizantino,
fa sì che nella Terza Roma (come da allora gli ortodossi russi amano chiamarsi)
il clero sia sotto il controllo dello Stato, ma anche viceversa

: lo Stato deve fare i conti col consenso popolare che ha il clero.

Da qui, niente woke in Russia.


Tornando al romanzo, Iannaccone è un fior di ricercatore saggista
e, se fate un giro in internet, vedrete quanto sia capace di fare libri definitivi
(talmente completi, cioè, che nessuno può aggiungere una virgola),
tipo, per dirne uno, La rivoluzione psichedelica (Ares).

O, passando alla narrativa, il ciclo dei gialli dell’ispettore Brigante,
la cui ricostruzione storica (anni Sessanta) è semplicemente perfetta.


Il romanzo distopico di cui dicevamo è La Fuga (Il Timone, pp. 400, €. 21).

Vi si immagina una Milano tra mezzo secolo,

oppressa dalla Società Corretta,

il cui simbolo è un unicorno arcobaleno e il motto «Andrà tutto bene».


Tutta la vita è regolata da chip a cui niente-ma-proprio-niente sfugge,

compresi gli stati d’animo,

droni di sorveglianza

ed una polizia che se mostri segni di devianza ti porta nei campi di rieducazione.


I media sono parte integrante dell’asfissia.


I neonati possono essere ceduti alla Scienza

pratica incoraggiata e che fa acquisire crediti.

Dopo i cinquant’anni si può scegliere di essere terminati per cedere i propri crediti a chi si vuole.

Detti crediti sono attribuiti da sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale

in base alla scala di adesione entusiasta alla Correttezza obbligatoria.


Perciò la società è praticamente divisa in caste

contrassegnate da un diverso colore (arcobaleno)

e si può ascendere o calare nel punteggio.


La religione è permessa solo nel Vaticano per non offendere gli altri culti.


I protagonisti della nostra storia lavorano alla digitalizzazione dei libri

ed alla scelta di quelli che, in omaggio alla Correttezza, devono essere distrutti

(ogni riferimento alla c.d. cancel culture è puramente voluto).


Proprio a furia di leggerli si rendono conto che c’è stato un tempo in cui la vita non era così.


Grazie a uno scienziato che li isola informaticamente quanto basta per avere il tempo di scappare,

cominciano un’avventurosissima fuga per superare il Green,

il muro virtuale che divide il Mondo Corretto da quello abbandonato a se stesso.


Chi vive in quest’ultimo non ha nemmeno l’elettricità,

niente regole ed è il frutto di un calcolo:

le Autorità hanno giudicato che andare a stanarli costava troppo all’erario. Per il momento.


In questo ambiente tornato allo stato di natura

la sopravvivenza è problematica

ma si svolge tra i ruderi di quella che un tempo era stata una grande civiltà e almeno vi si respira.


Da qui la speranza con la minuscola può rinascere.


Qui, almeno, nessuno viene a toglierti i figli perché giudicati non sufficientemente «fluidi».


Buona lettura.
 
Nell’ampio dibattito che ha interessato i paesi anglosassoni negli ultimi anni sulle rivendicazioni delle cosiddette minoranze,
che si parli di orientamento sessuale o identità di genere, di origini etniche o di disabilità,
sono emerse diverse nuove parole che hanno poi cominciato ad affiorare nelle discussioni anche in Italia,
prima nelle nicchie e poi in modo sempre più trasversale.

Repubblica ha pubblicato in prima pagina un editoriale del giornalista statunitense Bret Stephens,
che era uscito pochi giorni prima sul New York Times, dal titolo “Perché l’ideologia woke fallirà”.


L’articolo dà per inteso il significato di woke, una parola che in realtà non si è mai davvero affermata nel dibattito italiano,
nel quale solitamente si fa ricorso ad altre espressioni che rientrano più meno nello stesso campo semantico,
come “politicamente corretto” oppure “cancel culture”.

Peraltro, negli stessi Stati Uniti l’aggettivo woke e il sostantivo wokeness sono parole sempre meno usate,
se non con una chiara connotazione dispregiativa:
a complicare ulteriormente la spiegazione non solo del suo significato, ma anche degli sviluppi nelle sue accezioni e usi.


“Woke” non è davvero traducibile in italiano – vuol dire qualcosa come “consapevole” –
ma indica, o almeno indicava originariamente, l’atteggiamento di chi presta attenzione alle ingiustizie sociali,
legate principalmente a questioni di genere e di etnia, e non ne rimane indifferente,
solidarizzando ed eventualmente impegnandosi per aiutare chi le subisce.


Nel Novecento l’espressione “woke” esisteva già ed era usata soprattutto tra gli afroamericani,
sia con l’accezione di “stare all’erta” rispetto a un pericolo, sia con quella più generica di essere a conoscenza di qualcosa.


La sua diffusione col significato attuale però risale allo scorso decennio,
quando fu usata nell’ambito delle proteste di Black Lives Matter
per esprimere il concetto a cui è stata poi associata negli ultimi anni:

cioè la consapevolezza su una serie di questioni e problemi legati al razzismo e al sessismo sistemico
– nel senso di radicati nelle istituzioni e nelle dinamiche sociali – della società americana (e per estensione di quelle occidentali).



Un termine quindi con un’accezione positiva, per chi lo usava riferendosi a un obiettivo e un’ambizione:
si definivano woke per esempio le persone – perlopiù della cosiddetta generazione dei “millennial”,
cioè i nati tra gli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta – che facevano attivismo in piazza e sui social network,
che partecipavano alle proteste antirazziste o alle marce per i diritti delle donne,
che sensibilizzavano sull’importanza di utilizzare un linguaggio rispettoso e inclusivo per riferirsi alle minoranze.


– Leggi anche: Cosa vuol dire “cancel culture”


Man mano che la diffusione della parola è uscita dalle proteste di Black Lives Matter, ha iniziato a essere usata in altri modi.



 
Con l’aumentare del coinvolgimento dei giovani americani nelle battaglie per i diritti,
woke è diventata un’espressione riferita spesso a persone che sono considerate “alleate” delle minoranze
ma che appartengono a categorie identitarie ritenute in una posizione di maggiore potere.

Per esempio perché bianche, di sesso maschile, eterosessuali, cisgender
(cioè che si riconoscono nel genere associato al sesso di nascita) o ricche,
tutte caratteristiche che nell’ambito dei discorsi su questi temi vengono associate spesso al concetto di “privilegio”,
inteso come vantaggio nella società contemporanea occidentale.


Più recentemente, però, woke è diventata sempre meno una parola rivendicata dalle persone che teoricamente dovrebbe descrivere,
e sempre più usata invece dai loro critici per indicare quella che considerano una pericolosa tendenza della sinistra,
dei progressisti e più in generale dei Democratici.

Con woke si intende solitamente quello che si identifica come un atteggiamento di dogmatismo intollerante e censorio,
applicato nei confronti delle parole e delle idee che vanno contro le più moderne sensibilità sulle questioni delle minoranze e dei diritti civili.



Woke quindi è diventato un termine perlopiù negativo,
usato con l’intento di ridicolizzare e attaccare i movimenti giovanili progressisti,
associandoli alle loro espressioni più intransigenti e aggressive, presenti principalmente sui social network.



Per esempio le campagne portate avanti in diversi campus universitari americani
per allontanare professori accusati – spesso pretestuosamente o ingiustamente – di aver usato parole offensive,
oppure quelle che chiedono il licenziamento di personaggi pubblici di vario tipo
per via di dichiarazioni considerate controverse,
o che mobilitano grandi e bellicose masse di account contro qualcuno che abbia detto una cosa considerata disdicevole rispetto alle suddette sensibilità.


Queste dinamiche, che sono oggetto di riflessioni e studi anche preoccupati, soprattutto in ambito accademico,
fanno più precisamente riferimento al fenomeno della “cancel culture”,
e sono legate alle modalità con cui le piattaforme dei social network
hanno reso il confronto tra idee diverse spesso violento, intollerante e polarizzato.



Su questi aspetti è in corso un vivace dibattito anche tra progressisti e persone di sinistra
sui problemi che derivano da questo tipo di approccio al confronto politico e alla ricerca accademica.

Anche tra opinionisti liberal, la parola woke viene talvolta usata per riferirsi genericamente
a questo atteggiamento ritenuto in contrasto con i valori di tolleranza e dialogo a cui si ispira storicamente la sinistra.


Ma insieme all’intenzione offensiva, negli Stati Uniti i principali utilizzatori del termine woke
oggi se ne servono anche spesso come strumento di propaganda e polemica,
evocando con un termine efficace un pericolo disegnato come universale e prevalente,
“un’ideologia” estremista che governerebbe il pensiero progressista.


È una minaccia che sfrutta la particolare e minacciosa visibilità degli atteggiamenti e dei toni aggressivi e perentori
usati nelle polemiche virali sui social network, e ha permesso in più occasioni di mobilitare il complesso di persecuzione
e la reazione di parte dell’elettorato conservatore
(una pratica di comunicazione simile è quella, familiare anche in Italia, attivata dai predicatori contro “la teoria gender”).


Nel suo editoriale tradotto da Repubblica, Stephens usa la parola woke in senso evidentemente dispregiativo.

Nel suo editoriale, dice in sostanza che quella che chiama “ideologia woke”
non avrà successo in quanto movimento che «distrugge, divide gli americani, rifiuta e sostituisce i valori fondanti della nostra nazione»,
e che agisce «in modo prescrittivo, non per un vero dibattito o una vera riforma ma per indottrinamento e sradicamento».


Stephens se la prende in particolare con la “critical race theory”,
una teoria accademica che interpreta la storia,
la cultura e le strutture politiche statunitense
indagandone il ruolo nel razzismo sistemico della società.

Da tema di nicchia, recentemente la “critical race theory”
è diventata effettivamente un punto importante della campagna elettorale per il governatore dello stato della Virginia.


Quando non aveva ancora una connotazione così politicizzata,
anche l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama aveva criticato alcuni aspetti dell’atteggiamento di chi «si sente sempre politicamente woke»,
e ha «quest’idea di purezza, che non si debba mai scendere a compromessi».


Aveva invitato i giovani a superare questo approccio:


«Il mondo è incasinato, ci sono ambiguità, le persone che fanno cose molto buone hanno dei difetti, le persone contro cui combattete possono amare i loro figli e avere cose in comune con voi. Penso che un pericolo che vedo nei giovani e in particolare nei campus, accelerato dai social media, è l’idea che il cambiamento passi attraverso l’essere il più giudicante possibile verso le altre persone, e che questo basti.
Se twitto o uso un hashtag su come hai fatto qualcosa di sbagliato, o hai usato la parola sbagliata, allora posso sedermi e sentirmi molto bene con me stesso perché avete visto quanto sono woke? Ti ho sgridato. Non è attivismo. (…) Se tutto quello che fai è lanciare pietre, probabilmente non vai molto lontano. È facile fare così."
 
Ahahahahahahah

Ci sarebbero dei dissapori famigliari alla base della vicenda che ha portato quest'oggi un calolziese di 66 anni
a difendersi dalle accuse di danneggiamento nei confronti del nipote 28enne.

L'uomo, secondo la Procura della Repubblica di Lecco avrebbe rigato l'auto del parente: una Porsche del valore di 180mila euro.


“io non l'ho nemmeno sfiorata la macchina.
Stavo andando in quel bar per bere un caffè,
ma quando ho riconosciuto il veicolo di mio nipote
me ne sono andato perché non volevo vederlo”.
 
Il plot tocca la psicologia profonda di matrice junghiana, là

dove a quello “reale”

si oppone un mondo che non è (soltanto) virtuale ma piuttosto nascosto, archetipico, sotterraneo

(la parola da utilizzare sarebbe ctonio, ma non vorrei eccedere): il Sottosopra.


Se ci si pensa, ogni narrazione tende alla distinzione fondamentale tra Male e Bene.

Nella civiltà contemporanea però il Male lavora in incognito,
mostrandosi sempre più spesso nelle vesti della sua controparte.

Confusion will be my epitaph”. Così profetizzarono 50 anni fa i King Crimson.


In effetti, il Sottosopra rovescia ogni logica, è l’occulto che imprigiona o rapisce innocenti dodicenni.

Come diceva San Paolo, in tutte le narrazioni post-romantiche

“ciò che si vede proviene da ciò che non si vede”.

Ogni cosa è divenuta segreta e insieme evidente, come La lettera rubata di Edgar Allan Poe.


Il nuovo relativismo rende tutto identico: l’Idiota è il Genio.


Diventiamo anonimi e molteplici come pixel allineati, parte di una Matrix dal codice sconosciuto.


La letteratura per ragazzi.

Non intendo le bojate pazzesche che, invece di trasportare nei cieli i giovani,
li vogliono inchiodare alla loro condizione subalterna, facendo loro preferire l’ignoranza e l’incoscienza
alla volontà di sapere e alla coscienza.

Fuggite ragazzi!

Scappate dal corso di karate norvegese,
fate banda tra di voi, date un calcio agli istruttori adulti: imparate da soli,
leggete Huckleberry Finn di Mark Twain.
Leggete Il giornalino di Gian Burrasca o Pinocchio (non censurati!),
L’isola del tesoro, La linea d’ombra, Jane Eyre, Anna Karenina, L’Idiota.


Passiamo al cinema più recente:

Pippi Calzelunghe e tutto il filone di Steven Spielberg, soprattutto i Goonies,
là dove si suggerisce ai ragazzi di tornare a “fare banda”,
esortandoli a scappare di casa di pomeriggio dopo la scuola:
ragazzi, lottate per abolire il Tempo Pieno!

Chiedete il Tempo Pieno autonomo, per leggere liberamente.
E per vivere nelle strade e nella natura le sacre Avventure che Dio
o la natura ha dato a ogni adolescenza che sia tale.


Stranger Things: un manuale d’uso per le giovani generazioni.


Milano è la città del Sottosopra, in Italia?

No, forse è quella più funzionale, più “Meta”,

quella più distante dalla realtà (il fashion),

dove molti adulti non sanno più da che parte hanno il sedere.



Vedo una picnolessia collettiva.

L’irruzione di cinema-serie-talk-show nella “realtà” continua, e in tempo di guerra allontana altre immagini crude e reali.


Perché film come “Essi vivono” di John Carpenter
e “La Conversazione” di Francis Ford Coppola
sono stati allontanati dal popolo vedente?

Perché su Sky Cinema vediamo sempre i soliti 70 film
, alcuni dei quali sono stati riproposti 200 volte?


Non sostengo che ci sia un complotto che non vuole che la gente “veda”.
Non sostengo la teoria della Società dello Spettacolo.


Sostengo però che nessuno potrà vedere o sapere ciò di cui non ha avuto contezza.


Contro l’ignoranza nemmeno gli dei possono nulla”: ecco cosa dico.


La paura ha bisogno di isole isolate. Sennò che gusto c’è?
 

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