Cavallo di razza, il professor Franco Prodi.
Uno dei nove figli di Mario, ingegnere, e di Enrichetta, maestra elementare.
Il più noto dei fratelli è naturalmente Romano,
ma molti degli altri sono scienziati di valore e tenuti in gran considerazione.
Di tutti mi piace citare Giovanni, autore del testo sul quale, quand'ero studente, ho imparato l'analisi matematica,
e Giorgio, scienziato in oncologia, mente poliedrica, epistemologo e scrittore, e che, oltre che in medicina, era anche laureato in chimica.
Franco, invece, è fisico, ed è stato per molti anni forse l'unico professore di fisica dell'atmosfera in servizio in Italia.
Quindici anni fa m' ero riproposto di capirci qualcosa di più sulla questione climatica, di cui avevo due sole certezze:
1) l'origine antropica dell'attuale riscaldamento globale è una congettura che fa acqua da tutte le parti e
2) quella di governare il clima tenendo sotto controllo uno solo delle diverse decine di parametri che lo determinano
- il contributo antropico alla concentrazione atmosferica dell'anidride carbonica - è una pretesa priva di alcuna scientificità.
MARMOLADA - IL CROLLO VISTO DAL RIFUGIO
Professore, quanto giovane è la scienza del clima?
Glielo chiedo perché l'ex vicepresidente Usa, Al Gore, ebbe da dire che
«la scienza non ha null'altro da dire sull'argomento: il clima attuale è governato dall'uomo».
«La climatologia è nata insieme alla meteorologia e le si affianca necessariamente.
Essa nasceva infatti come trattazione statistica del dato meteorologico:
trattando statisticamente il dato meteorologico si definiscono anzitutto i climi delle località
(di vetta, di costa, di valle, continentale, insulare, etc), e questo per tutte le località del pianeta, per tutti i continenti.
Come è cresciuta la meteorologia negli ultimi due secoli, così è cresciuta la climatologia,
chiamata a rispondere a interrogativi fondamentali per l'umanità intera:
quale è stato il clima durante l'intera storia del pianeta e come sarà il suo clima futuro.
Fino alla tremenda e dirimente domanda attuale:
quali le basi scientifiche della conoscenza del clima e quali le possibilità di una previsione?
la dinamica del crollo sulla marmolada
Spiegazione e previsione sono infatti i due grandi momenti della vera scienza.
Se Gore ha detto la frase riportata ha detto un'estrema stupidaggine.
Ci sono cause naturali e cause antropiche dei cambiamenti ma le affermazioni dei Rapporti dell'Ipcc
- il comitato dell'Onu che vorrebbe studiare il contributo antropico al clima -
sono scientificamente infondate, i loro sono solo scenari, non previsioni sulle quali basare il destino dell'umanità».
Ha un commento da fare sulla valanga alla Marmolada?
«Viviamo certamente in un periodo di riscaldamento globale
e quindi è chiaro che ogni periodo caldo comporta una fase di ritiro di ghiacciai con fenomeni, del tipo di quello occorso recentemente.
Qualche anno fa ho visto i resti del crollo di una delle famose 5 Torri vicino al Falzarego.
La montagna purtroppo fa quello che deve
e dobbiamo essere consapevoli che nel passato i ghiacciai alpini sono stati anche più ritirati di oggi.
MARMOLADA - IL CROLLO VISTO DAL RIFUGIO 2
V'è a questo proposito un eccellente e accurato lavoro di Walter Kutschera della facoltà di fisica dell'università di Vienna
che mostra l'andamento ciclico del ritiro dei ghiacciai alpini degli ultimi 10.000 anni.
Il riscaldamento globale che stiamo vivendo è un fatto naturale e fa parte di cicli naturali.
Una componente antropica nei cambiamenti climatici c'è ma non è al momento quantificabile con serietà scientifica.
Altra cosa è l'inquinamento a livello planetario, che va naturalmente combattuto,
anche con accordi internazionali vincolanti:
ma la CO2 non è un gas inquinante».
Cosa sappiamo sull'influenza delle nubi sul clima?
«Lascio a colleghi specialisti di spiegare le cause astronomiche ed astrofisiche dei cambiamenti climatici.
A me, fisico dell'atmosfera, e delle nubi in particolare, è bastato vedere come sono trattate le nubi,
l'aerosol fuori da nubi ed i gas poliatomici nei loro modelli per farmi lanciare un grido di allarme.
Le nubi hanno un effetto diretto sul clima del pianeta:
la radiazione solare viene da esse riflessa,
mentre la radiazione infrarossa dalla superficie terrestre viene ritrasmessa al suolo.
Il loro effetto sulla radiazione dipende dalla loro fase (se di acqua o di ghiaccio), dalla loro altezza, dalla compresenza di altre nubi, dalla loro forma.
Certo l'attività umana immettendo in atmosfera particelle e gas
cambia anche la struttura e composizione delle nubi (effetto indiretto),
ma in maniera non quantificabile nei modelli attualmente in uso».
Lei sottoscrisse una petizione evidenziando che fondare politiche energetiche
con la pretesa di governare il clima avrebbe potuto essere quanto mai esiziale.
Vuole spiegare in breve il suo punto di vista?
«Ho sottoscritto una petizione insieme a scienziati italiani, ripresa da mille scienziati nel mondo,
mettendo in guardia le autorità politiche dalla supina accettazione delle raccomandazioni dell'Ipcc e dalla conseguente "lotta al riscaldamento globale".
Ma ormai questo pseudo Verbo è talmente diffuso che le richieste di nostri rappresentanti di colloqui
con le autorità politiche vengono ignorate sistematicamente.
Questo la dice lunga sul credito della scienza in Italia».
I fatti di questi ultimi mesi stanno dando ragione a quella vostra petizione, le pare?
La possibilità di importare meno gas dalla Russia avrebbe dovuto essere di sostegno con quelle politiche
e invece tutti stanno cercando di soppiantare il gas russo con gas da altri importatori.
«Non entro nel merito delle scelte di politica energetica che vengono fatte come reazione alle criticità generate da questa terribile guerra.
Certo questi avvenimenti mettono in crisi l'equazione Pil = energia.
La fine dell'era del fossile in tutte le sue forme si avvicina,
ma il "quando" avverrà questa fine è una informazione che, se esiste ed è attendibile, è nel possesso di pochi.
Credo che la ricerca debba rivolgersi alle forme possibili di sobrietà energetica».
Che opinione s' è fatto dell'odierna politica che ascolta Greta Thunberg
anziché uomini e donne che hanno studiato scienza, magari un'intera vita?
«L'ascolto accordato alla Thunberg e negato alla nostra petizione la dice lunga sul discredito del quale gode la scienza nel nostro Paese.
Penso tristemente che si sia raggiunto il punto di non ritorno.
E lo dico sulla base di altri importanti riscontri personali dei quali non è il caso di parlare in questo contesto».
V'è un certo grado di corruzione, se così può chiamarsi, nella comunità scientifica,
con troppi pronti a negare l'evidenza scientifica pur di compiacere alla politica dominante?
«Parlerei di una "giornalistura" che intimidisce anche scienziati di vaglia che non sono necessariamente dei cuor di leone.
A questo si aggiunge la disonestà intellettuale dilagante nel nostro campo, almeno nella fisica,
per la quale fisici importanti pensano di potere parlare di clima senza essersene veramente occupati.
Una cosa del genere in altri Paesi, negli Stati Uniti ad esempio, non succede».