Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo.

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Guardatevi dai fact-checkers.

Raccontano un sacco di notizie false.


Uno dei più gloriosi fact-checkers nostrani è il
Cicap (Comitato italiano controllo affermazioni pseudoscientifiche).

Ha avuto un ruolo benemerito finché l’ha buttata in politica.

Ne ho avuta esperienza diretta quando, circa tre anni fa, in occasione della bufala del global warming antropogenico (Gwa),
uno dei fondatori ed importante esponente del Cicap – tale Massimo Polidoro – se ne uscì dicendosi convinto della cosa.

E lo disse in modo volgare, con un video pubblicato su Youtube, ove criticava, anche con critiche ad hominem
che nulla avevano a che vedere con la questione del Gwa, alcuni professori universitari del ramo scientifico
(climatologi, geologi, geofisici, ma anche fisici, chimici, matematici, ingegneri) che – a torto o a ragione –

s’erano preoccupati di avvertire i massimi esponenti politici

che non vi sarebbe alcuna emergenza climatica in atto

e che il cambiamento climatico è un fatto naturale da sempre.



Come sappiamo, il Gwa ha ormai oltrepassato i confini della scienza e ha invaso quelli della politica.

Orbene, che Polidoro e il Cicap avessero preso posizione politica e della scienza non gliene importava nulla
è provato dal fatto che, dopo aver ascoltato lo sconclusionato pistolotto di Polidoro su Youtube,
mi presi la briga di scrivere a Polidoro per invitarlo ad un dibattito pubblico con me, ma lui si negò.

La scusa? Polidoro si dichiarava incompetente a dibattere sull’argomento.

Quindi, la sua posizione era politica.


La domanda che sorge spontanea è:

come mai la consapevolezza di essere incompetente

non aveva frenato il giovanotto dallo sproloquiare su Youtube?



Appunto: egli faceva politica e non scienza.

Parlar male del Cicap – ma non meritano altro – mi fa male, perché conosco tanti attivisti, lì dentro, che sono persone serie.

Ma le cose son cambiate: basti pensare che il Cicap ha premiato Enrico Mentana
«per il suo giornalismo scientifico in difesa della ragione», che solo a scriverla mi vien da ridere.

Mentana, la quintessenza della faziosità!
 
Altri novelli fact-checkers sono dei tizi di un’agenzia che si chiama Open,

che non ha il carisma storico del Cicap ma, quanto a credibilità siamo lì: quasi zero.


Ma come – direte – zero?

Il fatto è che su queste cose basta una volta per giocarsela per sempre la credibilità.

La mia regola è: dare a tutti una seconda possibilità, ma mai una terza.

Massimo Polidoro e il Cicap la seconda possibilità l’hanno avuta: accettare il confronto o rimuovere il video. Ma non l’hanno colta.


Vediamo questi di Open.

Ordunque, uno di loro s’è recentemente cimentato nella stessa impresa di Polidoro.

Si chiama Juanne Pili e ha pubblicato un pistolotto simile titolandolo
«La strana lettera dei 1200 scienziati che negano il cambiamento climatico».

Il giovanotto pretenderebbe di fare fact-checking su quella lettera, e il suo verdetto è: la detta lettera è disinformazione.

Ma vediamo quali sono gli argomenti a sostegno del verdetto.


Il pistolotto comincia così:

«La scienza e il consenso sul clima si fanno raccogliendo fonti, non firme».

Tanto per cominciare, le parole scienza e consenso cozzano, ma i fact-checkers cercano il secondo non la prima.

Poi, la scienza si fa raccogliendo fatti, non fonti.

Infine, Pili nulla ha da dire

1. su analoghe lettere di sedicenti climatologi che, invece, avvertono della crisi climatica e

2. sulle manifestazioni delle Gretine.

Lo stile è sempre quello: regole inflessibili coi nemici ma diversamente interpretabili con gli amici.


Segue la parte ove si riassume il pistolotto «per chi ha fretta», e recita così:

  1. La lettera dei 1200 non fornisce fonti a supporto.

  2. Tra i primi firmatari troviamo persone che non sono climatologi con attività legate al petrolio o al gas.

  3. Il consenso della responsabilità umana sul clima è al 99% tra i climatologi.
Se io fossi uno di quelli che avesse fretta, mi accorgerei subito che gli argomenti di cui sopra son fasulli come un aceto balsamico del Burundi.

  • Se scrivi una lettera, è normale che non metti la bibliografia.
  • Lo fai se scrivi un articolo scientifico.
  • Quindi la prima critica è inappropriata.

  • La climatologia è una branca della geologia e della geofisica,
  • e non v’è nulla di strano che geologi e geofisici siano coinvolti in attività legate al petrolio o al gas.
  • Chiarisco con un esempio.
  • Sarebbe da vedere con sospetto un farmacologo che affermi che i prodotti omeopatici non sono farmaci,
  • per il solo fatto che egli abbia attività legate alla produzione di farmaci allopatici?

  • Il fact-checker vuole insinuare nella mente del lettore una corruttela, ma avrebbe dovuto produrre il nome di firmatari corrotti.

  • L’insinuazione è una volgare mascalzonata, cui i fact-checkers sono usi.
  • Irrilevante è la presenza di non climatologi nella lettera.
  • Molti di questi raccolgono dati:
  • per esempio, chi esegue l’analisi delle proporzioni di O-16 e O-18 nelle carote di ghiaccio è, a tutti gli effetti, climatologo.
  • Ma i dati da costui raccolti possono essere lasciati alla interpretazione di molti altri uomini di scienza che climatologi non sono.

  • Un esempio chiarisce la cosa: io non sono né farmacologo né medico
  • ma, grazie alle mie competenze estranee alla farmacologia e alla medicina,
  • posso dirmi certo che un prodotto omeopatico non è un farmaco
  • e che esso non può guarire alcuna malattia
  • (o, comunque, non di più di quanto farebbe un qualunque placebo).

  • Lo stesso primo firmatario della lettera contestata – il premio Nobel per la fisica Ivar Giaever – lo dichiara senza dubbi:
  • «non è necessario neanche essere scienziati per rendersi conto che il Gwa è una balla colossale».

  • Sul punto 3 ci sono tre cose da dire:

  • a. Il consenso sulla bontà dei prodotti omeopatici è al 100% tra i medici omeopatici, il che non rende quei prodotti buoni farmaci;
  • b. tra gli italiani climatologi “certificati” ne conosco personalmente almeno tre di primissimo piano
  • (Renzo Mosetti, Franco Prodi e Nicola Scafetta) che hanno firmato la lettera:
  • fosse vero il valore 99% dichiarato dal fact-checker, in Italia dovrebbero esserci 300 climatologi, ma non ci stanno.
  • c. Fosse anche vero il valore 99%, esso non ha alcuna rilevanza: le parole “consenso” e “scienza” cozzano, abbiam già detto,
  • e per sostenere la validità di un’affermazione scientifica non è concesso addurre come argomento il fatto
  • che quella affermazione sia sostenuta dalla maggioranza degli scienziati (e neanche dalla totalità degli scienziati).
  • Juanne Pili non capisce come funziona la scienza e, d’altra parte, non è scienziato egli stesso: è un giornalista.
Quindi, lo stesso fact-checker Juanne Pili non ha alcun titolo
per sostenere di poter con competenza valutare i fatti che si propone di valutare.

L’unico argomento che egli possiede è: così dicono tutti, voce di popolo, voce di Dio.


Si dirà che s’è avvalso di tale Roberto Ingrosso, presentato nell’articolo di fact-checking come meteorologo.

Cercando in rete si trova che Roberto è uno studente universitario, all’università UQAM in Quebec, Canada.

Forse ha completato gli studi, non so.

E poi lo si trova nel comitato scientifico di un club privato – il Cetri, Club europeo terza rivoluzione industriale –

che auspica, cito da manifesto del Club, «una società a emissioni zero, rifiuti zero e chilometri zero»,

e il cui comitato scientifico «abbandona le dinamiche della competitività per abbracciare quelle della condivisione empatica».



Giuro, sta scritto così.


Con tutto il rispetto verso Roberto Ingrosso, forse Open avrebbe dovuto trovare una più corposa autorevolezza.


Mi piacerebbe confrontarmi pubblicamente con Roberto, quindi se mi legge faccia un fischio,
anche se per esperienza so che questi fautori del Gwa rifiutano ogni confronto.
 
Nel rapporto di fact-checking, viene poi riportato per la temperatura degli ultimi 2000 anni, il grafico a hockey-stick,

che è il grafico prodotto da quelli che furono coinvolti nel noto scandalo del Climategate,

che truccarono i dati, cancellando dalla Storia del clima il periodo caldo medievale e, sostanzialmente, anche la piccola era glaciale.







L’andamento delle temperature globali secondo l’Ipcc è quello sotto

ed evidenzia un netto periodo caldo medievale, intorno all’anno 1000,

con temperature globali anche superiori alle odierne.




L’ultima mascalzonata nel fact-checking in parola è

la presentazione disonesta di alcuni “principali firmatari” della criticata lettera.


Per esempio,

Alberto Prestininzi è detto «geologo in pensione, membro del Cts per il Ponte sullo Stretto».

«In pensione» vorrebbe screditare il Prestininzi, forse come a dire “rincoglionito”; e dire “geologo” ne nasconde il valore.


Perché Alberto Prestininzi è professore ordinario di Geologia applicata alla Sapienza di Roma.

Non è chiara la rilevanza, nell’analisi di fact-checking, che il professore, tra le mille altre cose, abbia anche fatto parte del Cts per il Ponte sullo Stretto. Boh.


Alla fine di questo farsoso check di fatti, si cita la lettera della Società italiana delle scienze del clima (Sisc)

ai quali, naturalmente, non applicano la massima iniziale del pistolotto:

«La scienza e il consenso sul clima si fanno raccogliendo fonti, non firme»,

che è la cosa che la Sisc fa, peraltro anch’essa senza citare fonti bibliografiche.


Pili conclude consigliando, per chi vuol saperne di più, la lettura di un saggio di tali Naomi Oreskes e Erik Conway.

Due climatologi? Manco per sogno.

Due che non sono neanche scienziati.

Come Greta.


Ma, a quelli di Open, non scienziati che strologano di clima,

va bene finché dicono che esso è governato dall’uomo.



Inflessibili coi nemici e permissivi con sé stessi e con gli amici.


Son di bocca buona questi di Open e s’accontentano di poco.

Come i loro lettori, probabilmente.


......e gli esempi sul forum non mancano........ ahahahahahahahah
 
Per la cronaca, si tratta di "immigrato clandestino senza fissa dimora".

Stefania titolare del salone preso di mira, ipotizza che il soggetto entrato in azione non fosse in stato di alterazione.
Ci vuole, infatti, lucidità, sottolinea la parrucchiera, per entrare in un'area privata, danneggiare una vettura in sosta,
mettere fuori uso le telecamere di sicurezza e poi accanirsi, dopo aver sollevato il cappuccio della felpa,
per nascondere il proprio viso, con una mazza contro una vetrina antisfondamento, colpendola per ben nove volte.


"Non era "fatto", la sua intenzione era far casino.

Altrimenti perché era in giro con una spranga di ferro?

Dove l'ha presa?" domanda l'esercente, 44 anni, nel settore da quando ne aveva solo 15.

"Noi siamo venuti a Lecco due anni fa e abbiamo aperto un salone, direi, "bello"
nel senso che abbiamo regalato qualcosa anche a questa via" sottolinea, tra rabbia e delusione.
Se infatti le clienti hanno dimostrato di apprezzare la proposta, il contesto evidenzia una serie di debolezze,
con l'episodio di questa notte etichettabile dunque come la punta di un iceberg di insicurezza.

La riqualificazione del parcheggio della Piccola non ha sortito effetto "tranquillizzante"
per il permanere dei clandestini senza fissa dimora "alloggiati" sotto le falde del tetto delle stecche.

"Dopo i lavori, speravo in una situazione migliore" ammette Stefania.
"Le persone che passano di qua non sono assolutamente belle. Lo dico sempre.
Tanto che alla sera dobbiamo chiudere sempre la porta".

Non avrebbe però mai immaginato un danneggiamento come quello subito nottetempo,
un fatto gravissimo di cui è stata notiziata solo questa mattina da un "vicino".

"Mi ha chiamato dicendo "Stefy corri perché è successo un casino".

Quando mi ha detto "ti hanno sfondato la vetrina" ho pensato "è impossibile, è antisfondamento, non possono avercela fatta". Ed invece...".


Almeno ventimila euro la spesa da affrontare per sostituire la vetrata.

Ma a far male è la mancanza di reazione delle Istituzioni.

"I Carabinieri questa notte non mi hanno contattata.
Arrivata qui questa mattina ho chiamato io e mi hanno detto di passare in Caserma per la denuncia,
dinnanzi ad un salone completamente da ripulire".

"E dov'è il sindaco?

E gli altri enti?

Nessuno va da un commerciante a stringere la mano dopo un episodio del genere
?

A me vien voglia di chiudere.

Sono la mamma di quattro figli, io insegno loro l'educazione e la civiltà.
Non buttano una carta per terra.
Penso ci sia qualcosa da fare per questa città.
Ed invece mi ritrovo a dovermi scusare con le mie clienti per il disagio, a dover spiegare che non centriamo nulla".

Con l'autore del vandalismo - ferito, perché sulla vetrina sono ben evidenti delle tracce di sangue - ancora in libertà.
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Non me l'aspettavo proprio da Delpini. Grande.


Non c’è più religione. Davvero.

Ne sanno qualcosa i fedeli di Como, letteralmente scioccati dalle bordate lanciate dall’arcivescovo metropolita di Milano (dicasi Milano),
monsignor Mario Delpini, all’indirizzo del Papa, “reo” di aver promosso cardinale il vescovo della diocesi lariana Oscar Cantoni e non lui.

L’occasione gliel’ha offerta la celebrazione di sant’Abbondio, patrono di Como, ricorrenza che coincideva con la prima messa da porporato per monsignor Cantoni.

Complice anche il clima di festa, nessuno poteva immaginare quel che sarebbe accaduto nel momento in cui Delpini si è avvicinato al microfono per il saluto di rito.


«Ci sono state delle persone un po’ sfacciate – ha esordito – che si sono domandate perché il Papa non abbia scelto il metropolita (cioè lui, ndr)
per fare il cardinale e abbia scelto invece il vescovo di Como».

E già così è un fuor d’opera.

Ma il bello, si fa per dire, doveva ancora venire.

«Naturalmente – ha infatti continuato –, interpretare il pensiero del Santo Padre è sempre un po’ difficile».

E qui Delpini sfodera un vecchio detto secondo cui

«tre sono le cose che neanche il Padreterno sa»

e, tra queste,

«cosa pensino i gesuiti», l’ordine religioso da cui proviene Papa Bergoglio.


«Perché ha scelto il vescovo di Como come suo particolare consigliere ? Io ho trovato almeno tre ragioni.

La prima è che il Papa deve aver pensato che l’arcivescovo di Milano ha già tanto da fare,
è sovraccarico di lavoro, e quindi ha detto: bisogna che lavori un po’ anche a te. Questa è una delle ragioni.

La seconda probabilmente è che il papa ha pensato: quei bauscia di Milano non sanno neanche dov’è Roma,
è meglio che non li coinvolga troppo nelle cose del governo della chiesa universale.

Ma forse c’è anche un terzo motivo per cui ha fatto questa scelta.
Se mi ricordo bene il Papa è tifoso del River, che non ha mai vinto niente,
quindi forse ha pensato che quelli di Como potrebbero essere un po’ in sintonia perché si sa che lo scudetto è a Milano”.


 
Ecco la mappa mondiale dei paesi che devono più denaro alla Cina
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Il progetto della “Nuova Via della Seta”, che finanzia la costruzione di infrastrutture portuali, ferroviarie e terrestri in tutto il mondo,
ha creato un forte indebitamento dei Paesi partecipanti nei confronti della Cina.

Alla fine del 2020, tra i 97 Paesi per i quali erano disponibili dati,

il Pakistan (77,3 miliardi di dollari di debito estero verso la Cina),

l’Angola (36,3 miliardi),

l’Etiopia (7,9 miliardi),

il Kenya (7,4 miliardi)

e lo Sri Lanka (6,8 miliardi)

detenevano i maggiori debiti verso la Cina.


I Paesi con i maggiori oneri debitori in termini relativi sono stati Gibuti e Angola, seguiti dalle Maldive e dal Laos,
che ha appena aperto una linea ferroviaria con la Cina finanziata con un forte carico di debito.

A gennaio, il presidente della Banca Mondiale, David Malpass, ha definito “insostenibile” il livello di indebitamento di molti Paesi.


Un tempo il Club di Parigi deteneva la maggior parte del debito dei Paesi a basso reddito
prima che venisse ristrutturato e in gran parte condonato dopo l’inizio del millennio per i Paesi in via di sviluppo.

Non è chiaro se tale processo sarà disponibile per il debito cinese.

Al 2020, la Cina aveva ufficialmente prestato circa 170 miliardi di dollari ai Paesi a basso e medio reddito, rispetto ai 40 miliardi del 2010.



I prestiti cinesi hanno tassi di interesse più alti
rispetto a quelli delle istituzioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale o la Banca Mondiale
o ai prestiti bilaterali dei Paesi del Club di Parigi, e hanno anche finestre di rimborso più brevi.

Il loro assetto è più vicino a quello dei prestiti commerciali per quanto riguarda le condizioni di rimborso,
la riservatezza e l’obiettivo di finanziare progetti infrastrutturali specifici invece di perseguire obiettivi di sviluppo in generale.
 
Comprate. Sì Sì comprate le auto elettriche.


Funzionari della rete elettrica californiana hanno lanciato un allarme preoccupante questa settimana,
consigliando ai clienti di prepararsi a potenziali blackout, dato che la rete dello Stato
si trova ad affrontare limitazioni di capacità durante il fine settimana del Labor Day.



“Le tre principali azioni di conservazione sono:

impostare i termostati a 78 gradi o più,

evitare di utilizzare grandi elettrodomestici e di ricaricare i veicoli elettrici

e spegnere le luci non necessarie.


Ridurre l’uso dell’elettricità in questo periodo alleggerirà la pressione sul sistema ed eviterà misure più drastiche,
tra cui interruzioni di corrente a rotazione”, ha comunicato ai clienti il California Independent System Operator (CAISO).



Si prevede che lunedì prossimo la rete della California supererà i 48.000 megawatt, il valore più alto dell’anno,
mentre una minacciosa ondata di caldo farà salire le temperature in tutto lo Stato di 10 gradi al di sopra della norma fino a martedì prossimo.




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“Se le condizioni meteorologiche o di rete dovessero peggiorare,
l’ISO potrebbe emettere una serie di notifiche di emergenza per accedere a risorse aggiuntive
e preparare i partecipanti al mercato e il pubblico a potenziali carenze di energia e alla necessità di risparmiare”,
ha avvertito l’operatore di rete della California.

Il fatto che la CAISO debba chiedere ai clienti di non caricare i loro EV durante l’attuale ondata di caldo implica che la rete è fragile.
Alla faccia della transizione energetica verde verso l’inaffidabile energia rinnovabile solare ed eolica, senza fonti fossili o nucleari
non c’è energia continua e sufficiente per una società moderna.

Senza le fonti fossili o nucleare non c’è mobilità elettrica:

le auto non si ricaricano con la buona volontà, ci vogliono reti moderne e fonti stabili e importanti.


Quindi, come farà lo Stato progressista, deciso a eliminare la generazione di combustibili fossili dalla rete,
atteso da solare ed eolico inaffidabili, a sostenere tutti i nuovi veicoli elettrici dopo che la scorsa settimana
i legislatori hanno approvato una nuova misura per eliminare tutti i veicoli a gas entro il 2035?



Il nucleare è l’unica risposta alla decarbonizzazione della rete elettrica con una produzione di energia sostenibile.


Alcuni paesi asiatici, come Corea, Giappone e Cina, lo hanno capito molto bene.
 
Mah......che dire. Troppi social. Realtà virtuale.
Mancanza di contatti fisici......e si cade così in basso.


Dicono che la fluidità sessuale sia innata.

Una tendenza, tutta moderna, che si è diffusa con la caduta dei pregiudizi sulla normalità binaria
aprendo all'idea di poter essere attratti sessualmente da ogni genere.

Analizzando i casi da vicino appare un'altra realtà:

essendo tutti più soli saremmo più portati ad attaccarci a chiunque, a prescindere dal suo sesso o dal suo genere.

Veniamo ogni giorno a sapere di inaspettati coming out da parte di persone che,
dopo aver cambiato look, gusti alimentari, modi di pensare e partiti politici, mutano l’orientamento sessuale.

Il fenomeno coinvolge in particolare le donne etero, anche quelle con alle spalle un matrimonio e dei figli
che, ad un certo punto, sentono di avere affinità elettive e provano pulsioni verso amiche, vicine di casa, compagne di palestra: sono le lesbiche tardive.

L’argomento trova ampio spazio sulla stampa.

Leggiamo su uno dei periodici più liberal:

«Le così dette lesbiche tardive o late-blooming lesbians sono donne adulte che sperimentano un cambiamento emozionale nei confronti della sessualità;
può succedere a tutte le donne e a tutte le età, la scienza dimostra che è nel DNA dell'essere umano».

La Dottoressa Lisa Diamond, lesbica e autorevole insegnante di psicologia, specializzata negli studi di genere sessuale, afferma:
«Quello che sappiamo è che alcune donne (le separate, le divorziate quelle con una vita di coppia non appagante?)
vogliono avere una seconda possibilità nella vita, vogliono fare qualcosa di nuovo, che vada oltre il matrimonio, il lavoro e la famiglia».


Anche secondo il Journal of Sexual Medicine le donne bisessuali sono aumentate socialmente negli ultimi anni
(forse in proporzione al fallimento dei matrimoni?) e in percentuale, risultano decisamente in numero maggiore a quelle considerate unicamente lesbiche.

Sempre di più sono quelle che ammettono di essere sole,
impossibilitate ad impostare una relazione affidabile e stabile,
bisognose di attenzione e affetto, stanche, deluse
che dopo i fallimenti arrivano a convincersi che una donna le capirà e le amerà con sincerità.


«A 16 anni desideravo ardentemente avere un ragazzo e una casa tutta mia.
La natura mi aveva attrezzato psicologicamente per avere una relazione con un uomo,
ero sentimentalmente dotata di competenze per dividere la mia vita con un ragazzo.
Il mio corpo, sessualmente maturo, mandava chiari segnali ma per trovare un fidanzato (nessuno mi filava!)
dovetti attendere fino a 22 anni. Quando successe, coronai un sogno: avevo anche io un compagno.
Eravamo due ragazzi romantici. Rimasi incinta un anno dopo e me ne accorsi mentre eravamo in vacanza in Francia
mentre visitavamo i castelli della Loira.
Mi meravigliavo di quel miracolo ma il mio ragazzo mi comunicava che era troppo giovane per diventare papà e che quel bambino non lo voleva.
Abortii. Dopo pochi mesi ci lasciammo. Ebbi successivamente altre due storie veloci con uomini già impegnati con cui rimasi incinta. In tutto ho abortito tre volte».





 
In quegli anni, racconta Luciana, tra i colleghi c’era una collaboratrice con cui si trovava bene a parlare.

Era una donna con idee molto chiare, determinata e capace, mentre lei tirava a campare.

Con quella giovane scatta l’identificazione e l’innamoramento.

Ne nasce una relazione omosessuale che durerà circa tre anni.


Il primo periodo è entusiasmante:

quello stato, galvanizza Luciana la quale, per assomigliarle, assume anche gli atteggiamenti della compagna
(pensando che possano garantire, anche a lei, successo personale e professionale).
La finzione non tarda a bussare alla sua coscienza che porta a diverse incomprensioni;

Luciana ammette a sé stessa che per colmare la solitudine non basta più quella relazione
ed essere diventata una sua brutta copia ha aumentato la frustrazione.

«La mia vita era diventata ancora più dura, ero aggressiva, piena di rancore.
Quando ho preso coscienza di come stavo, ho deciso che andava troncata quella storia omosessuale.
Sono entrata in analisi, trovando fortunatamente una persona che è stata in grado di aiutarmi a capire me stessa».

L’esperienza di Luciana conferma la tesi delle corpose osservazioni della studiosa Diamond:

viviamo in un’epoca in cui la donna deve poter scegliere di fare tutto ciò che vuole con il proprio corpo
senza sentire la responsabilità delle proprie azioni sulle quali non esiste alcun stigma sociale.
Anche l’orientamento sessuale, è il frutto di una decisione, frutto di quella libertà di scelta estrema predicata dalle femministe.



L’osservazione trova poco spazio e una forte censura sui media:

si accetta che una persona entri nel mondo omosessuale

ma si oppone a divulgare i percorsi che possano portarla ad una riconversione inversa, da omosessuale a etero.



È importante la testimonianza di Francesca,
una ragazza che tempo fa era riuscita a far pubblicare su un giornale locale bresciano la sua esperienza:

«Ho scoperto di essere lesbica quando lavoravo negli ambienti universitari.
Mi occupavo di scienze sociali perciò, un po’ per lavoro, un po’ per interesse, iniziai a frequentare movimenti femministi.
Provenivo da un ambiente sociale e famigliare segnato da un forte clima di individualismo
(ognuno deve sapersela cavare da solo e bene), perciò non fu difficile per me sposare ciò che il femminismo radicale insegna:

la donna basta a sé stessa e l’uomo rappresenta un nemico.


Nei numerosi circoli culturali che frequentavo, notavo che i dibattiti, l’arte, le presentazioni librarie, la moda,
la comunicazione, gli eventi avevano un filo comune che tesseva l’immagine della donna di oggi:

difenditi e aggredisci per sopravvivere al maschio dominatore e trova solidarietà e protezione nelle donne.

Nella mia realtà mi confrontavo spesso con uomini in crisi con la propria mascolinità,

intimoriti dall’aggressività della donna e incapaci di gestire e prendere decisioni».



«Conoscevo donne stanche (tra cui io stessa) di condurre relazioni con uomini simili a bambini impauriti e immaturi.
In questo scenario, la complementarietà uomo-donna si stava trasformando in divergenza prima
e ribaltamento poi della mascolinità e femminilità.
Con il tempo, iniziai a provare sempre più sfiducia verso gli uomini,
mentre cresceva una forte complicità con le donne che fece emergere la mia omosessualità.
Ero certa che solo un’altra donna potesse comprendermi e darmi quella protezione che io come donna desideravo.
Poco alla volta, però, iniziai a sentirmi svuotata.

Oggi rispondo: chi usa la sessualità come tema politico è mosso da interessi che sfruttano la sofferenza delle persone.

Al minimo dubbio sulla condizione omosessuale, mi sentivo rispondere:
"tu sei così, è la tua vera natura, non devi sentirti in colpa".


La presa di coscienza di quanto fosse alterata la realtà che stavo vivendo

mi permise di iniziare un percorso che mi ha portato a riconnettermi con la mia identità, anche sessuale, di donna.


Oggi so che la mia omosessualità è stata la conseguenza di un modo di percepire falsamente la mia identità,

secondo una realtà artificiale nella quale mascolinità e femminilità assumono caratteri indistinti, liquidi, sostituibili e ribaltabili».



La bisessualità, che all’interno della galassia LGBT rappresenterebbe il 40%,
è marginalizzata e vista con sospetto soprattutto dal mondo gay e dalle lesbiche
che la considera un’espressione di repressione sessuale.


Si legge nel Bisexual Manifesto:

«Siamo stanchi di essere analizzati, definiti o, peggio ancora, non essere considerati affatto.
Siamo frustrati dall’isolamento e dall’invisibilità che ci sono imposti
perché ci si aspetta che scegliamo di essere omosessuali o eterosessuali.
La monosessualità è un dettato eterosessista usato per opprimere gli omosessuali
e negare la validità della bisessualità, che è un’identità completa e fluida».


Questa impossibilità di essere accettati porta le persone con un orientamenteo sessuale "bi" a soffrire di minority stress,
il malessere che coinvolge le persone appartenenti a minoranze.

Secondo lo studio Who I Am, pubblicato sull’Australian Journal of General Practice lo scorso marzo, (ripreso in Italia da The Vision)
su un campione di circa 2500 persone bisessuali, il 58,7% ha avuto episodi di autolesionismo
e il 77,6% ha pensato almeno una volta di suicidarsi. Una su quattro ci ha provato.


La Fondazione HRC di Hillary Clinton in collaborazione con altri enti ha invece rilasciato il report Health Disparities Among Bisexual People,
che evidenzia come le persone bisessuali siano soggette a tassi più alti di obesità, fumo, cancro e malattie sessuali.


Una valutazione che dà valore a quanto affermato dalla ex lesbica Francesca:

«chi usa la sessualità come tema politico è mosso da interessi che sfruttano la sofferenza delle persone».
 

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