Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo.

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Il costo del lavoro per l’azienda è di 35.970 euro

Prendiamo ad esempio proprio il manifatturiero;
Il costo medio del lavoro nel settore dell’industria metalmeccanica e manifatturiera,
tenendo conto sia di operai che d’impiegati, è prima di tutto diminuito del 3,45% dal 2020.

Nel 2021 infatti, con un costo orario di 28,60 euro, l’Italia si è posizionata sotto la media europea che è di 29 euro.

Mentre l’anno precedente il costo del lavoro del settore manifatturiero superava di poco la media europea con 29,30 euro orari.

A titolo di confronto è utile guardare il costo del lavoro della medesima filiera negli altri Paesi:
in Germania è di 41,90 euro orari, in Francia di 39,8o, il 39,29% in più che in Italia.


Ma adesso sta progressivamente ritornando sui valore di due anni fa.

Nel primo quadrimestre del 2022 infatti è aumentato del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2021
e nel secondo quadrimestre del 2,9%.

Va peggio in Francia dove l’aumento del costo del lavoro per il settore metalmeccanico è del 3,1%
o in Germania dove è già stata superata la soglia del 4%.
 
Ma qual è lo stipendio di un metalmeccanico e quanto costa mediamente all’anno all’azienda?

Per scoprirlo ci viene in aiuto la Tabella della Direzione Generale dei Rapporti di Lavoro e delle Relazioni Industriali del Ministero del Lavoro
che mostra il costo medio orario per il personale dipendente da imprese dell’industria metalmeccanica privata
e dell’installazione di impianti aggiornata a giugno 2022.

Lo stipendio di un metalmeccanico è, in media, di 22.470 euro lordi.

Precisamente un metalmeccanico al livello più basso (D1) riceve in busta paga 19.371,08 euro all’anno,

mentre al livello più alto (B1) arriva a 25.700,36 euro.



Vediamo ora il costo per l’azienda.

Il costo medio annuale che un impresa del settore manifatturiero sostiene per una lavoratore metalmeccanico
(sempre soffermandoci sullo stipendio degli operai dal livello D1 a quello B1) è di 35.970 euro.

Nel dettaglio il costo del lavoro per un operaio metalmeccanico al livello più basso è di 31.044,80 all’anno
mentre al livello più alto arriva a 41.102,01.


Questo si traduce in un costo medio orario di 22,48 euro.

Al livello più basso la cifra oraria pagata dal datore di lavoro per ogni lavoratore è di 19,40 euro,

a quello più alto di 25,69 euro.



VORREI FARVI NOTARE.

Euro 19.371 in tasca all'operaio

Euro 31.044 il costo per l'azienda



Ci sono 12.000 euro che ballano. Il 38% TRENTOTTOPERCENTO che vola via.
 
.....e ci sono dei coglioni che parlano di "salario minimo".

19,40 Euro di costo orario per il lavoratore con il livello più basso.

TOGLIETE TASSAZIONE INVECE. 38% ripartiti fra contributi ed irpef.
 
Non sanno più a cosa attaccarsi.
Quando non ci saranno più i vecchi....saranno inutili.


Il mensile della Chiesa di Milano Il Segno
dedica la copertina di ottobre al “tabù omosessualità".

Un concentrato di tesi per normalizzare la condizione gay,
accettarla come "di natura" e "espressione di amore cristiano".

Le solite fonti: da Fumagalli a Padre Piva a suor Giuliana Galli
all'insegna del "nessuna condanna".

E il solito Moia che arriva pure a rimproverare alla Chiesa
di aver sbarrato la strada ai gay con una dottrina chiusa.

L'immagine è quella di una Chiesa aperta da tutti i lati.


Sì, così aperta che fa acqua da tutte le parti.
 
I “Giovani del Guado” oggi conta circa settanta persone di svariati orientamenti sessuali,
che scorrazzano tra parrocchie, oratori e associazioni presenti nella Diocesi di Milano
per farsi conoscere ed organizzare ritiri per dare spazio
«ai momenti di convivialità e alla preghiera, alla riflessione e formazione su vari temi»,
spiega uno dei coordinatori, Francesco Gagliardi.

Tra questi temi compare anche «la vita di coppia».

Iniziative che pare abbiano un grande successo e godano di molti aiuti:

«Cerchiamo di invitare teologi, biblisti, sacerdoti per aiutarci: li troviamo facilmente, sono molto disponibili.
Facciamo parte di una grande rete che ha ottimi contatti e ce li passa: oserei dire che siamo viziati».

La vita del cattolico non LGBT non è così facilitata,
specie se ha la sventura di essere etichettato come tradizionalista o conservatore;
non che ce ne dispiaccia, bisognerebbe però avere almeno l’onestà di rivedere la retorica della mancanza di “inclusività”.


Nella Chiesa si moltiplicano le attività per normalizzare la condizione omosessuale.

L’articolo presenta l’opera di “accompagnamento” del gesuita padre Pino Piva a Bologna
e le iniziative di don Gabriele Davalli, il direttore dell’Ufficio famiglia della diocesi felsinea,
quello della benedizione della coppia gay “sposatasi” civilmente a Budrio.
Si parla del gruppo Zaccheo, voluto dal vescovo di San Severo, Mons. Giovanni Checchinato:
tutto all’insegna del superare i preconcetti e andare al di là degli stereotipi.


Al di là anche dell’insegnamento della Chiesa?


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La domanda viene rivolta a don Aristide Fumagalli
,
zelante sostenitore della nuova linea morale della Chiesa post-Amoris Laetitia,
quella del bene possibile attraverso il male reale.

Il teologo risponde che «la dottrina del Magistero non esclude che la persona omosessuale
possa corrispondere alla vocazione cristiana all’amore, ma nega la legittimità morale di un amore
che volesse esprimersi anche sessualmente».

Bene.


Tuttavia, nel suo saggio L’amore impossibile. Persone omosessuali e morale cristiana,
sostiene l’idea di un’identità omosessuale che non può e non dev’essere riconsiderata, ma riconosciuta ed accettata.

Secondo la presentazione che ne ha fatto Luciano Moia, per Fumagalli «la condanna degli atti o omosessuali,
“non contempla la possibilità, sconosciuta sino all’epoca contemporanea,
che gli atti omosessuali corrispondano alla natura della persona ed esprimano l’amore personale”.

Non quindi atti dettati da «idolatria religiosa ed egoismo edonistico» – le due condizioni che li rendono inaccettabili –
ma “espressione di amore personale cristiano”.

Fumagalli parte da un dato scientifico che non si può ignorare.

Oggi gli studiosi sono in gran parte concordi nel considerare l’omosessualità
“espressione di una condizione esistenziale che costituisce e pervade, similmente all’eterosessualità, l’identità della persona”».


Anche Moia trova nell’articolo spazio più che sufficiente per pontificare,
esibendo tutto un frasario che più stereotipato non si può.

Prima se la prende con la Chiesa, che avrebbe esercitato «per troppo tempo […]
un forte controllo delle coscienze, evitando una crescita educativa».

In questo modo, «ha chiuso la strada a qualsiasi spazio di discernimento personale
e per troppo tempo ha continuato a proporre una dottrina “chiusa”,
senza accorgersi che l’insistenza su norme morali, ormai dichiarate inattuali dal tribunale della storia,
rischiano di mettere in sordina l’annuncio cristiano».

La dottrina della Chiesa viene accantonata dal “tribunale della storia”
– chissà cosa ne pensano nel “tribunale di Dio” -,
e i suoi insegnamenti sulla questione derubricati a «dispute dottrinali e contese pastorali»,
che a giudizio di Moia, non devono essere risolti dal Magistero, ma dal discernimento esercitato dai laici.

La strada che conduce a «costruire una dottrina da museo e schierarsi tutt’intorno per difenderla»
dev’essere abbandonata a pro di «un giardino di relazioni» che accolgano le persone.

Questo nuovo atteggiamento pastorale «è profondamente cambiato quasi ovunque
grazie al magistero di Papa Francesco, che ha aperto la strada anche a uno sviluppo della dottrina».


Dulcis in fundo, spazio alla testimonianza di una donna.

Tale suor Giuliana Galli, delle suore del Cottolengo, che, quasi alla soglia dei novant’anni,
ha tirato le orecchie alla nota consorella che aveva allontanato due modelle,
mentre posavano scambiandosi un bacio saffico, attirandosi così una valanga di sbeffeggiamenti
da parte di quegli stessi media che poi invitano a non giudicare.

Anche Suor Giuliana difende quella «posizione nella vita non riconosciuta e ritenuta vizio o malattia, mentre è un modo di essere e di vivere».
«Un percorso alternativo, che va rispettato», per il quale bisogna deporre ogni rigidità.
«Io non ho negazione da fare, né condanna da dire», conclude la religiosa.


E l’articolista trae l’originalissimo insegnamento morale della questione:

«L’atteggiamento giusto, in ogni contesto: misericordia, non giudizio».


Slogan passpartout per continuare ad aprire i vari lati della Chiesa.
 
Il passo evangelico riferito all’esecuzione di Giovanni Battista,
per la sua drammaticità e il suo valore simbolico,
ha lasciato un’ampia traccia nella memoria collettiva.

Rappresentato per ben due millenni in migliaia di dipinti, è uno dei temi più frequenti dell’arte occidentale:
l’impressionante contrasto tra l’austero predicatore ebreo e la crudele e influenzabile Salomé, ne è senz’altro la ragione profonda.


Nell’immaginario popolare medievale, Salomé ha incarnato la figura di una strega, bella, abile, seducente e perfida.

In quell’epoca c’era la credenza che Salomé e sua madre Erodiade fossero state trasformate in streghe
in seguito alla decapitazione di San Giovanni Battista e vagassero come spiriti immondi a infastidire gli uomini, in particolare la notte di San Giovanni.

La Notte di San Giovanni è conosciuta come “notte delle streghe” o “notte dell’impossibile” e cade tra il 23 ed il 24 giugno.

È considerata dalle credenze popolari la notte magica per eccellenza, r
icca di significati esoterici, di usanze e di riti dalle presunte virtù purificatrici.

Astrologicamente è il momento in cui il sole raggiunge il suo punto più alto
e rappresenterebbe un’allegorica vittoria della luce sulle tenebre, del bene sul male.

I pianeti, secondo la tradizione, caricherebbero di energie positive le erbe e le pietre esposte ai loro benefici influssi.


In modo particolare, la rugiada che si forma durante quella notte
si dice sia ricca di proprietà mistiche e prodigiose e la tradizione narra
che raccogliere erbette di campo bagnate dalla rugiada di San Giovanni e prepararne decotti o mangiarle,
sia un potente rimedio per scacciare ogni forma di negatività.

Addirittura, le si attribuiscono incredibili virtù terapeutiche.

Tra le più note ci sono: l’iperico, chiamato anche erba di san Giovanni,
l’artemisia, la verbena, il ribes rosso, e anche aglio, cipolla, sambuco, lavanda, camomilla, mentuccia, ortica, salvia e rosmarino.

In diverse parti d'Italia è ancora viva questa tradizione
e una volta c'era anche l'usanza di mettere un mazzetto di "erbe di san Giovanni" fuori dalla porta di casa per tenere lontane le streghe.


Tra queste erbe c’erano anche le noci acerbe, che servivano alla preparazione del nocino.
Questo liquore era particolarmente “gettonato” dalle streghe perché per le sue caratteristiche
era ideale per “coprire” il gusto dei decotti e dei “filtri”,
che si presentavano sempre in forma liquida e potevano essere somministrati - all’insaputa del destinatario - proprio diluendoli nel nocino.


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A Benevento esiste un grande noce
che fin dai tempi dei Longobardi fu teatro di riti non solo pagani ma anche religiosi.

Le leggende narrano che intorno a questo grande noce si svolgessero anche le famose danze delle streghe.

Durante il sabba le streghe raccoglievano erbe per creare pozioni magiche con le quali incantare gli uomini,
allontanare il malocchio e la negatività o portare la felicità: questa festa dava loro l’opportunità di essere più fate che streghe.


Ma la notte di San Giovanni ispira anche altre tradizioni gastronomiche.

A Parma si preparano dei tortelli ripieni di ricotta ed erbette,
fatti con una sfoglia di pasta preparata rigorosamente con uova freschissime.

Si condiscono semplicemente con burro e parmigiano e sono gustati all’aperto,
per godere di tutti gli altri influssi benefici della magica notte.

Se, a causa del maltempo si è costretti a mangiare all’interno della casa, si lascia aperta la porta.


Nel centro Italia si mangiano “le lumache di san Giovanni”.
Nel Medioevo, a causa delle loro corna, venivano identificate con il demonio, perciò venivano eliminate la notte di san Giovanni.
La tradizione dura ancora oggi.
Cotte con un soffritto di aglio e cipolla vengono condite con salsa di mentuccia, maggiorana, origano e prezzemolo.
Questo piatto era beneaugurale e simboleggiava la vittoria del bene sul male.


In Puglia si preparano “i maccheroni di San Giovanni”, piatto antico “modernizzato” nel Settecento
con l’aggiunta del pomodoro al misto di aglio, acciughe, capperi, olive, prezzemolo, erbette e pecorino stagionato che le condiscono.


Oltre ai cibi, ci sono anche altri preparati tradizionali per evocare la notte di san Giovanni.

“L’olio di San Giovanni”, è un olio naturale che grazie alle sue virtù benefiche
è usato soprattutto per curare gli inestetismi della pelle.

Ha un’azione cicatrizzante, antisettica, emolliente ed antinfiammatoria.

Facile da preparare in casa si ottiene dalla macerazione dei fiori dell’iperico.

Come da tradizione il 24 giugno vengono raccolti i fiori che si mettono a macerare nell’olio
sotto l’esposizione della luce per un intero ciclo lunare.

Si ottiene così un ottimo rimedio naturale per chi soffre di pelle secca, e per chi ha problemi di psoriasi.

Inoltre, è un antirughe straordinario.


L’iperico, o “erba di san Giovanni” era utilizzato per curare le ferite dei crociati e veniva ritenuta benefica.

Con l’oscurità si raccolgono le nuove erbe per comporre il “mazzetto di San Giovanni” che scaccia il malocchio
e, se messo sotto il cuscino prima di andare a dormire, porta sogni belli e premonitori.

Il mazzetto di san Giovanni è composto da 7 erbe diverse:
l'iperico, detto anche scacciadiavoli, contro il malocchio,
ma anche l'artemisia per la fertilità,
la ruta, la mentuccia, il rosmarino, il prezzemolo, l'aglio, la lavanda.

Erbe legate al buonumore, alla prosperità, all’allontanamento del maligno e delle negatività.


Comunque fosse, san Giovanni, il meraviglioso predicatore, colui che battezzò il Redentore
e che fu punito per la sua integrità da due donne malvagie e crudeli, malgrado la sua tragica fine,
ci dà l’occasione di pensare alla luce, al bene, alla positività e alla fede.

I piatti, i rimedi e i liquori fatti con erbe sulle quali si è posata la rugiada nella sua notte, la notte di san Giovanni,
sono benefici per la nostra salute non solo fisica ma soprattutto spirituale.


A proprio di questo, William Shakespeare (1564 - 1616)
scrisse nel “Sogno di una notte di mezza estate” a proposito della rugiada della notte di san Giovanni: “

Ogni fata in giro vada con questa rugiada sacra e stanza per stanza diffonda la benedizione dolce della pace”.


E Dio solo sa quanto bisogno abbiamo di pace.
 
I rappresentanti di circa 190 Paesi si riuniranno in Egitto per due settimane,
a partire dal 6 novembre in occasione della COP27,
il vertice annuale della Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sulla politica del cambiamento climatico.

L’ennesima ‘ultima chance’ per evitare la catastrofe, ci veniva detto nel report del febbraio scorso
degli esperti di ‘Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)’,
mentre nelle scorse settimane il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres
ha messo in guardia dal "caos climatico", chiedendo ai Paesi sviluppati più ricchi del mondo,
alle aziende e agli investitori di chiarire il loro impegno a favore del clima nei Paesi in via di sviluppo,
per un valore di 100 miliardi di dollari all'anno.


Il messaggio predominante di queste conferenze sul clima,
lo abbiamo visto anche lo scorso anno alla COP26 di Glasgow, è quello di un riscaldamento globale "catastrofico"
e la richiesta di politiche con la drastica riduzione delle emissioni di gas serra di origine antropica (umana).

Con gli Accordi di Parigi del 2015, i governi avevano concordato di "intraprendere rapide riduzioni di gas serra",
nel tentativo di limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali.

A tal fine, più di 40 Paesi - tra cui gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e tutti i membri dell'Unione Europea,
hanno deciso da allora di forzare le transizioni energetiche delle proprie economie e società verso emissioni di gas serra "zero" entro la metà del secolo.

Nonostante il chiaro successo nella promozione di una narrazione allarmistica,
grazie al sostegno dei mass media, dei plutocrati mondiali e della politica,

bisogna prendere atto che dopo quali tre decenni di riunioni della COP
non si sono realizzati significativi successi nel mitigare le emissioni di gas serra a livello globale.

Le emissioni globali hanno continuato ad aumentare dalla prima COP di Berlino del 1995 a oggi,
con l’eccezione delle emissioni di anidride carbonica derivanti dalla produzione e dall'uso di energia
(la stragrande maggioranza delle emissioni di origine antropica) che sono diminuite di oltre il 5% nel 2020
a causa della pandemia COVID-19 e dei lockdowns e divieti conseguenti.
 
Le Nazioni Unite e la World Meteorological Society stimano e pretendono
che le riduzioni delle emissioni promesse debbano essere sette volte superiori nei prossimi anni,
al fine di raggiungere l'obiettivo dell'Accordo di Parigi
,
perché né la quantità delle riduzioni né il ritmo è coerente con gli impegni presi.

Tuttavia, i rappresentanti dei governi promotori del catastrofismo climatico e sostenitori degli Accordi di Parigi
hanno evidenziato i propri impegni seri di politiche ed investimenti per giungere a ‘zero emissioni’,
le spese esorbitanti per limitare l'energia da idrocarburi e forzare la transizione verso le alternative.


In questo l’Europa ed in particolare il Parlamento Europeo ed il Vice Presidente della Commissione Frans Timmermas,

sono in perenne gara per dimostrarsi i primi della classe, a scapito della crescita equilibrata

e della crisi sociale ed economica di imprese e famiglie europee.



Nella riunione dei giorni scorsi dei Ministri dell'Energia europei si è deciso di riprendere le conclusioni della COP26
sulla "riduzione graduale" dell’utilizzo del carbone e porre fine al più presto ai sussidi per combustibili fossili.


La verifica degli impegni globali però presenta delle sorprese.

Le politiche di molti governi per l'azzeramento delle emissioni di CO2 devono tenere conto della disponibilità tecnologica,
l'accessibilità economica e la diffusione di sostituti adeguati per i carburanti e fonti di energia convenzionali.

Nonostante le aspirazioni politiche che cercano di accelerare la transizione dai combustibili convenzionali alle fonti energetiche alternative e ‘pulite’,
molti Paesi mostrano ogni giorno di essere più interessati a un'energia accessibile per mitigare prezzi e sostenere consumi di cittadini e imprese,
piuttosto che gettarsi nella costosa transizione verde.

In particolare, alla luce della crisi dei prezzi dell'energia, basterebbe considerare l'interesse della Cina ad acquistare il petrolio russo
o la decisione della Germania, avamposto delle guerre climatiche, di tenersi strette le centrali a carbone.


Se lo scopo dei vertici della Conferenza dei Partiti (COP) era quello di istigare una rapida riduzione delle emissioni di gas serra, essi hanno fallito.
 
Piuttosto appare sempre più che questi vertici offrano ai politici

e alle lobbies finanziarie e produttive un margine di manovra,

la pressione di una presunta catastrofe imminente,

per pianificare centralmente il settore energetico e intere economie.



Due terzi della crescita delle emissioni di CO2 provengono dai Paesi in via di sviluppo,

mentre le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo non hanno un accesso affidabile e conveniente a calore, elettricità e trasporti.



Circa 940 milioni di persone in tutto il mondo non hanno accesso all'elettricità

e circa 3 miliardi non dispongono di combustibile pulito per cucinare.



Per avvicinarsi alla soglia di un tenore di vita dignitoso
,

questi miliardi di persone dovranno almeno triplicare il loro consumo energetico pro capite.



Il Segretario generale dell’Onu Guterres dice che per salvare milioni di vite dalla "carneficina climatica"

è necessario un drastico aumento dei finanziamenti per l'adattamento al clima.



No, la carneficina è già in atto e si vuol perpetrare con il falso catastrofismo climatico e il razzismo malthusiano che l’ispira.
 

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