Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo.

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Un‘importante iniziativa sul gruppo delle Grigne per sistemare il percorso esistente che collega i tre rifugi del CAI di Milano.

La sta mettendo in cantiere la sezione di Milano dell’associazione,
proprietaria di tre storiche strutture lecchesi, che celebrerà il suo 150° anniversario,
finanziando la sistemazione del tracciato che unisce Rifugio Porta e Rosalba in Grignetta e il ‘Brioschi’ sul Grignone.


“Un percorso con caratteristiche di sostenibilità e sicurezza – spiega il Club Alpino milanese -,
destinato a rinnovare la tradizione dell’andare per sentieri in Grigna,
affrontando in tutta sicurezza le vie, note e meno note, che collegano il fondovalle ai tre rifugi.
 
Qualcuno non ne ha avuto abbastanza.....(poveri ......) Luca 21 anni, suo fratello Clemente 18
e si prospetta un'impugnazione del testamento.

Nel testamento di Leonardo Del Vecchio compaiono fra gli eredi i nomi di

Francesco Milleri, presidente e amministratore delegato di EssilorLuxottica oltre che presidente di Delfin, e di

Romolo Bardin, ceo della cassaforte lussemburghese.

Al primo ha lasciato 2,15 milioni di azioni del colosso dell'occhialeria (quasi lo 0,5% del capitale),
che valgono circa 340 milioni di euro agli attuali valori di Borsa;

al secondo vanno invece 22mila azioni, pari a 3,5 milioni di euro.


Un lascito considerato evidentemente dai due ragazzi - non congruo -
sebbene la loro parte di eredità sia dieci volte superiore.
3500 milioni di euro.

Tasse di successione: agli eredi Luxottica l’Erario chiede complessivamente tra i 150 e i 200 milioni di euro di imposte.


I documenti sono stati visionati dall'Ansa e confermano anche l'assegnazione

in otto parti uguali del capitale di Delfin ai figli e alla moglie di Del Vecchio, Nicoletta Zampillo.
 
Ultima modifica:
Del Vecchio ha lasciato alla consorte anche le quattro abitazioni in cui viveva.

Nel testamento dell'imprenditore scomparso il 27 giugno scorso, aperto davanti al notaio l’1 luglio,
vengono infatti assegnate alla vedova

i maxi appartamenti di Milano e Roma,

l'amata Villa La Leonina di Beaulieu Sur-Mer, vicino a Nizza in Costa Azzurra,

e la casa del buen retiro di Antigua, ai Caraibi.
 
Nei documenti si trova poi conferma della distribuzione in quote pari al 12,5% ciascuna del capitale di Delfin,

la holding lussemburghese cui fa capo oltre il 32% di EssilorLuxottica, ai familiari:

si tratta dei figli

Claudio,

Marisa,

Paola,

Leonardo Maria,

Luca e

Clemente,

della vedova Del Vecchio e

del figlio di prime nozze della donna, Rocco Basilico.


Riguardo invece alla novità dei due manager tra gli eredi,
che emerge dal testamento scritto a mano da Leonardo Del Vecchio a integrazione di quello steso dal notaio,
l'imprenditore ha lasciato a Milleri 2.148.148 azioni di EssiLux e a Bardin 22.222.
 
Essilux brinda al 2022 archiviando conti molto positivi e superiori ai suoi obiettivi di crescita.

Il colosso italo-francese fondato da Leonardo Del Vecchio
ha registrato un fatturato di 24,5 miliardi, in aumento del 13,9% rispetto al 2021 su base comparabile,
e un utile netto di gruppo rettificato pari a 2.860 milioni nell'intero anno,
in aumento del 15,4% a cambi costanti rispetto al 2021, profitti che sono pari all'11,7% del fatturato.

Agli eredi Del Vecchio 450 milioni di cedole
 
La battaglia per il testamento di Leonardo Del Vecchio
agita ancora la dinastia del grande imprenditore veneto di Luxottica,
scomparso nel giugno 2022, "e c'è chi inizia a temere che questo confronto interno
possa mettere a rischio la solidità degli assetti di Delfin", la cassaforte di famiglia.

Gli equilibri sono delicati: il ramo di Luca e Clemente Del Vecchio conta sul 25% della finanziaria.

Dall'altra parte, il resto della famiglia e il capoazienda Francesco Milleri.

Quel pacchetto di minoranza, si legge,
"impedisce il raggiungimento di quell’88% che secondo lo statuto è una maggioranza imprescindibile in tema di decisioni straordinarie".

Delfin è un impero che controlla EssilorLuxottic, Covivio, Mediobanca e Generali
ed è facile dunque capire l'impatto devastante che una eventuale impasse potrebbe avere sui salotti-chiave della finanza italiana.


"La verifica interna dei nuovi equilibri costruiti in Delfin
è stata sollevata dai malumori dei figli più giovani del fondatore, Luca e Clemente,
nati nel 2001 e nel 2004 e avuti dalla ex-compagna Sabina Grossi".

Sotto accusa proprio Milleri,
a cui è andato un pacchetto di azioni da 340 milioni di euro
assegnato nei successivi tre testamenti olografi scritti di pugno dallo stesso Del Vecchio,
oltre a una parte delle proprietà immobiliari finite alla moglie Nicoletta Zampillo.

Del Vecchio, si ricorda, aveva diviso il suo enorme impero in 8 parti uguali,
tra il testamento pubblico registrato il 10 ottobre 2017 e tre brevi integrazioni successive.

E proprio queste ultime, con riferimenti a Milleri e alla moglie, sono quelle contestate dai due ultimogeniti di Del Vecchio.


" Claudio, Marisa e Paola nati dal primo matrimonio,

Leonardo Maria, figlio della seconda moglie Nicoletta Zampillo
(con cui l’imprenditore si è risposato ed è l’attuale moglie),

e i figli della terza unione, Luca e Clemente”
 
L’indipendenza politica ed economica dell’Italia
passa per un’azione dell’esecutivo che deve contemperare
il risanamento dei conti pubblici e lo sviluppo dell’economia.

L’obiettivo di ridurre il debito è la rotta che deve seguire il governo,
non solo in rapporto al Pil, ma anche in termini nominali.

Bene sta facendo il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti
che sta attuando una politica prudente nella gestione delle finanze pubbliche.

Infatti la riforma fiscale in pectore che ha l’obiettivo di ridurre il carico fiscale
sarà perseguita attraverso una pedissequa riduzione dei bonus.

Il messaggio è stato chiaro: “È finita la stagione dei superbonus”.

Ormai è chiaro che l’Europa delle attuali istituzioni che la governano
è fortemente condizionata dalla Germania, dai Paesi cosiddetti “frugali” e dalla Francia.

I loro specifici interessi egoistici vengono perseguiti
senza tenere assolutamente in conto la mutualità dei rapporti
che dovrebbero animare una comunità che è lontana dall’essere una vera e propria unione di Stati.

La prova ulteriore che l’Italia deve fare da sola, senza contare sul supporto di un’Europa matrigna,

trova conferma nella decisione del Consiglio direttivo della Banca centrale europea,

presieduta dalla francese Christine Lagarde,

che ha alzato i tassi d’interesse di riferimento di un ulteriore 0,5 per cento (50 punti base),

portando i tassi ufficiali di riferimento al 3,50 per cento.


Tale decisione è decisamente sbagliata nei tempi e nelle modalità di attuazione.
 
L’aumento dei tassi d’interesse comporterà per l’Italia

un incremento del costo per il servizio del debito pubblico.


La crisi della Silicon Valley Bank e quella del Credit Suisse

non hanno fatto desistere i falchi del Consiglio direttivo

dall’ammorbidire la politica monetaria restrittiva.


Molti speravano, a ragione, che sarebbe stato più saggio un incremento di 250 punti base.


La presidente della Bce ha affermato “non vediamo attualmente una crisi di liquidità”.


È l’avverbio “attualmente” che ci preoccupa
e il “seguiamo tensioni mercati, pronti a intervenire”.


L’unico aspetto positivo, se vogliamo guardare il bicchiere mezzo pieno,
è che nel comunicato di fine vertice del Consiglio direttivo della Bce
non si fa più riferimento al voler continuare
“ad aumentare i tassi di interesse in misura significativa a un ritmo costante
e a mantenerli su livelli sufficientemente restrittivi
da assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione al suo obiettivo del 2 per cento nel medio termine”.


In sostanza, una politica monetaria sorda alle richieste del mondo finanziario e cieca nel perseguirla!
 
I risultati arrivano. Basta impegnarsi.


Caroline van der Plas pareva che avesse un infarto quando ha visto le prime proiezioni del voto delle provinciali in Olanda,
un’elezione di importanza strategica perché determina la composizione, non solo dei governi locali, ma anche del Senato.

Il partito della van der Plas è nato nel 2019, in un momento drammatico della sua vita: l’anno stesso è morto suo marito per tumore.

Nel 2021, alle elezioni per la Camera, aveva vinto un primo seggio.

In queste, per il Senato, non si era nemmeno esposta a far campagna elettorale, perché aveva ricevuto minacce di morte.

Temeva di fare la stessa fine di Pim Fortuyn, leader libertario assassinato nel 2002 da un fanatico ecologista.

Eppure, il suo Movimento degli Agricoltori e dei Cittadini

è diventato all’improvviso il primo partito, con il 20% dei voti, 15 senatori eletti.

“Tutto ciò non è normale, ma lo è evidentemente! Solo persone normali ci hanno votato”

ha dichiarato la van der Plas alla stampa.
 
Come si spiega una crescita così impetuosa,
a fronte di mezzi modesti e di una leader che non appare certo come una figura carismatica di condottiero,
ma come una “normale” signora di mezza età?

Il Movimento degli Agricoltori e dei Cittadini, in olandese Boer Burger Beweging (da cui l’acronimo BBB)
è la reazione alle leggi draconiane applicate dal governo olandese per la transizione verde.


Il governo Mark Rutte, che pure include partiti conservatori e liberali, dunque più sensibili ai temi della libertà e dell’autonomia,
ha dichiarato guerra alle emissioni degli ossidi di azoto, prodotti dall’attività agricola.

Per rispettare i regolamenti europei, la quantità di emissioni deve essere tagliata drasticamente dal 70 al 95%, a seconda delle aree agricole, entro il 2030.

«Dobbiamo emettere molto meno azoto – spiegava, l’anno scorso, Christianne van der Wal, ministro dell’Agricoltura -
Purtroppo il settore agricolo ne emette molto. Hanno fatto tanto per ridurne le emissioni, ma purtroppo non è sufficiente. Bisogna ridurre ancora».


L’impatto sull’agricoltura e in particolare sugli allevamenti sarebbe drammatico.

Migliaia di aziende, rispettando queste direttive, dovrebbero chiudere i battenti.


Il governo offre complessivamente 24 miliardi di euro in sussidi e la possibilità di rilevare le fattorie,
ma per milioni di olandesi ciò significherebbe abbandonare attività di una vita, per ordine del governo.

Per chi non chiude, si impone il sacrificio di doversi sbarazzare di quasi tutti gli animali d’allevamento.

La piccola Olanda è il secondo esportatore agricolo del mondo, dopo gli Stati Uniti.
Con la transizione verde, perderebbe questo vantaggio strategico.
 

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