Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo.

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"Due parole o poco più in merito a quanto avvenuto nelle scorse ore in Emilia-Romagna, s’impongono,
per cui ne tratterò a mio modo partendo da un fatto privato del quale posso avere assoluta certezza, che è il seguente:
mio padre ha operato nel Genio civile sino a pochi mesi prima della sua morte.
Anche di quella del Genio civile che, sebbene ancora “esistente”,
non è certo più quello che ebbi modo di conoscere da ragazzo e da bambino.



Insomma, durante l’alluvione di Firenze (1966)
– e noi c’eravamo, anche se io non ne ho memoria visto che avevo tre anni –
fu anche grazie agli uomini del Genio civile se la città si riprese.

Ma erano eventi eccezionali, allora,
anche perché proprio quelli che poi negli anni Ottanta saranno “i vecchi” del Genio civile,
additati spesso come “fascisti” a causa della loro data di nascita
che si aggirava proprio all’alba del Ventennio se non prima,
erano soliti fare qualcosa che oggi non è più in uso,

ovvero andare “in missione”, anche nei giorni festivi, nelle zone rurali, boschive
e comunque per prati, boschi e campagne a controllare lo stato dei torrenti,
dei fiumi, delle eventuali costruzioni abusive o comunque la manutenzione di tali aree;

talvolta elevando contravvenzioni, il più delle volte limitandosi a segnalare allo stesso incauto “cittadino”
di intervenire presso le sue proprietà.



Voglio dire che sino a quando lo conobbi io, operativo,
seppur composto ormai da anziani, dunque “fascisti”,
il Genio civile nel nostro Paese ha contribuito efficacemente
a ridurre se non a scongiurare che eventi tragici come questi della Romagna potessero avvenire.

Certo, l’imprevisto è sempre in agguato e nessuno può sapere come la saetta di Zeus colpirà né dove,
però una prevenzione, nei limiti dell’umano, c’era.

Senza per questo voler ricordare il lavoro d’immensa bonifica fatto durante l’esecrato Ventennio,
in molte zone d’Italia, compreso il Polesine, tra le Paludi pontine e persino nelle zone risanate della Sardegna.

Oh già, di questi atti che nulla hanno di eroico né di miracoloso,
è meglio non parlarne per non turbare troppo gli animi “democratici e antifascisti”
che siedono sugli scranni di Montecitorio.

Sia mai."
 
"Allora facciamo un salto indietro nei secoli,
ai tempi nei quali la Serenissima Repubblica di Venezia
dominava le zone che oggi vanno dalla Bergamasca alle attuali sponde dalmate.

Sì, perché non soltanto in quelle zone
– che poi appartengono a un territorio che fu un tempo mare, abitato da creature fantastiche
e che ancora nell’alto Medio Evo era una terra semiaffondata nelle acque –
che vanno delle paludi pontine e poi lombardo-venete, si aggirò Leonardo da Vinci, Mago delle acque,
intento a cercare di studiare sistemi antichi e nuovi per mantenerle sotto controllo,
ma vi era un ufficio preposto che andava sotto il nome di “Magistrato alle acque”,
il cui rappresentante aveva potere di vita e di morte
su coloro che non avessero mantenuto in ordine il territorio governato dalla Serenissima.

Questo nel Sedicesimo secolo, non durante il bieco e oscuro periodo di dittatura mussoliniana.

Coloro che volessero approfondire possono fare riferimento alla voce “Magistrato alle acque”,
dalla quale ho attinto per brevità e scoprirebbero che al Magistrato alle acque
spettava dunque l’autorità sulle opere di bonifica, di scavo, manutenzione e controllo dell’elemento equoreo
non soltanto nella Laguna di Venezia, ma su tutti i fiumi che in essa sfociavano.

L’estrema complessità e importanza di questa magistratura
mostrava l’assoluto interesse della Repubblica al mantenimento in regola delle acque lagunari,
che garantivano non soltanto la sopravvivenza della città e del suo sistema sociale ed economico,
ma erano l’ultimo baluardo posto a difesa dalle minacce esterne.


Sempre dalla stessa fonte apprendiamo che:

“Il Magistrato alle acque è stato soppresso dal Governo Renzi il 13 giugno 2014
in seguito alle indagini riguardanti le tangenti sul Mose...” e che
“le funzioni dell’ex Magistrato alle acque
sono state trasferite all’Ufficio 4 ‘Salvaguardia di Venezia del Magistrato alle acque –
Opere marittime per il Veneto’ del provveditorato interregionale per le opere pubbliche
per il Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia
del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti”.



Insomma, Matteo Renzi, dimentico del lascito non soltanto estetico ed etico,
filosofico e metafisico del nostro Rinascimento, ha consentito la soppressione di un’istituzione
che già ai tempi del suo concittadino Lorenzo de’ Medici, detto “Il Magnifico”,
salvaguardava le terre acquatiche del Polesine e dell’Emilia, tra Lombardia, Veneto e Romagna,
e lì, a quel tempo, il fascismo non era neanche nella mente di Dio, ve lo posso assicurare."
 
Lo vado a ripetere tutti i giorni.
Dove è la Magistratura ?

"Basta con la politica del no a tutto portata avanti da Schlein e da chi crede nella decrescita felice".

Mettere da parte lo "pseudo ambientalismo ideologico"
che ha contribuito a far sì che nel corso degli anni si sia fatto poco o nulla
per prevenire il dissesto idrogeologico e mettere in sicurezza fiumi e corsi d’acqua.

Perché se non si fa prevenzione poi avvengono tragedie come l’alluvione in Emilia Romagna.

Tante domande, poche risposte.

Tanta retorica (sui giornaloni) e nessuna sostanza.

Passate le immagini struggenti, è il momento di far emergere le responsabilità. Fino in fondo."
 
Animalisti ambientalisti seduti nei loro uffici.
Senza alcuna competenza e/o conoscenza pratica.

Un giovane allevatore sale in alpeggio per difendere le sue capre e viene aggredito da tre lupi.
E’ successo nella serata di ieri, lunedì 22 maggio 2023, all’Alpe di Ossuccio, a Tremezzina sul ramo comasco del Lario.

Momenti di vera paura per Raffaele Castellazzi, salito in alpeggio a controllare il suo gregge
dopo che, tra sabato e domenica, il giovane si era accorto che mancavano alcuni capi di bestiame:

“Salito all’alpe, ho trovato le mie capre spaventatissime.
Tutto poi è accaduto in un attimo: mi sono trovato circondato da tre lupi
che hanno iniziato a girarmi attorno, uno mi è saltato addosso,
ha morso la camicia e mi ha colpito anche sulla gamba:
per fortuna di striscio, ma poteva sicuramente finire peggio.
Non è più possibile lavorare in queste condizioni,
ci sentiamo sotto assedio e siamo stati addirittura costretti a riportare il gregge a valle”.
 
"Quella dei selvatici nelle province di Como e Lecco è una situazione completamente fuori controllo.

È ora necessario proteggere i cittadini ma anche salvare gli animali:
abbiamo un numero sempre crescente di capi di bestiame sbranati in Alta Lombardia,
mentre la stagione dell’alpeggio è ancora all’inizio.
Temiamo che il quadro possa solo peggiorare, purtroppo.
Anche nelle nostre zone, la presenza del lupo si è moltiplicata negli ultimi anni
con il ripetersi di stragi in alpeggio che rischia di portare all’abbandono della montagna”.

La popolazione di lupi è in forte aumento da nord a sud ed è stimata dall’Ispra – sottolinea la Coldiretti - intorno ai 3.300 esemplari.

Senza dimenticare che le province lariane sono sotto scacco dei cervi e invase da decine di migliaia di cinghiali:
anche in questo caso è necessario intervenire urgentemente per il loro contenimento
per difendere la sicurezza delle persone e le produzioni agricole.

I branchi – sottolinea Coldiretti – si spingono sempre più vicini ad abitazioni e cascine,
fino ai parchi, distruggono i raccolti, aggrediscono gli animali, assediano stalle,
causano incidenti stradali con morti e feriti.


"Il rischio vero oggi è la scomparsa della presenza dell’uomo
dalle aree interne del comprensorio lariano
per l’abbandono di intere famiglie ma anche di tanti giovani
che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta
con il recupero delle storiche razze italiane di mucche, capre (come la razza di Livo) e pecore.

Serve responsabilità nella difesa degli allevamenti,
dei pastori e allevatori che con coraggio continuano a presidiare le montagne.

Senza i pascoli, senza la pulizia dei boschi,
le montagne muoiono, l’ambiente si degrada
e frane e alluvioni possono minacciare i centri urbani
in un ambito oggettivamente fragile come è, appunto, il comprensorio lariano”.
 
Vi domanderete: con i guai che sta passando l’Italia,
che ha una parte del suo territorio sott’acqua, ancora parlate dal caso Roccella
e di ciò che è capitato alla ministra alla Famiglia alla Natalità e alle Pari opportunità ?

Sì, è necessario.

Perché vi sono molti modi per vivere male il proprio tempo, e la mancanza di libertà è tra questi.

Negare a qualcuno il diritto di parola, impedendogli di esprimere liberamente il proprio pensiero,

per quanto questo possa apparire sgradito e urticante,
è un atto che viola i principi basici della nostra Carta costituzionale

e dello Stato democratico nato dai valori della Resistenza antifascista.


A Eugenia Roccella è capitato di subire una coartazione
ad opera di un gruppo di contestatori che ha agito con metodo squadristico.


Una famiglia radicale
, il titolo.

Un testo che nel ricostruire la storia di una famiglia protagonista nell’Italia del Secondo Novecento
– il padre di Eugenia, Franco, è stato tra i fondatori del Partito Radicale
dà conto di un travagliato percorso di ripensamento ideologico e valoriale che ha segnato la vita dell’autrice.

Sarebbe stato interessante e utile ascoltare dalla viva voce della Roccella le ragioni che l’hanno spinta a scrivere quel libro.

Invece, non è stato possibile saperne di più
perché all’incontro si sono presentati due gruppi di attiviste
– quelle di Extinction Rebellion e di Non una di menoche le hanno fisicamente impedito di parlare.

Prima che la Roccella prendesse la parola le contestatrici hanno cominciato a urlare slogan
contro le politiche sulla famiglia e sulla natalità praticate dal Governo di centrodestra,
poi hanno inscenato un sit-in per ostacolare lo svolgimento della manifestazione.


La ministra ha chiesto loro di avviare un dialogo
perché entrambe le parti si confrontassero democraticamente dalle rispettive posizioni.

Offerta respinta al mittente.

In compenso, le contestatrici hanno letto il solito documento preconfezionato,
alla maniera dei gruppi extraparlamentari della sinistra marxista, filosovietica o filocinese, attivi ai tempi del Sessantotto.

La ministra, rivolgendosi alle manifestanti da veterofemminista,
ha rilanciato chiedendo loro di unirsi alla lotta
contro l’utero in affitto,
contro la mercificazione del corpo delle donne,
contro un mercato razzista dove i figli delle donne nere costano meno di quelle bianche.


Niente da fare.

A quel punto la platea ha cominciato a protestare e a chiedere che l’incontro venisse svolto come programmato.

Ancora niente.

È intervenuto il direttore del Salone, Nicola Lagioia, che prima ha accennato un timido tentativo di ricondurre le manifestanti alla ragione:
È un gioco democratico e la democrazia contiene anche la contestazione per cui non perdiamo questa occasione di dialogo.
Mandate un vostro delegato a discutere con la ministra. Anche in politica si fa così. State manifestando pacificamente, adesso cercate un dialogo”
;

poi, pilatescamente, se ne è lavato le mani, dichiarando all’uscita che lui più di tanto non avrebbe potuto fare.

Un vero cuor di leone.

Risultato finale:

Eugenia Roccella non ha potuto parlare.

Una cosa del genere vi sembra roba da Paese democratico?


E dire che quelli che contestano a Torino, e ovunque vi siano esponenti della destra a rivolgersi ai cittadini,
si sciacquano la bocca dalla mattina alla sera con la storia dell’antifascismo.


La realtà è che è tutto vero quando si parla di una deriva autoritaria in Italia.

Ciò che si omette di precisare è che tale minaccia non viene da destra,
ma da quel progressismo massimalista, diretto discendente dell’ideologia comunista,
che non si arrende all’idea di perdere il potere,
cioè di dover mollare la presa illiberale sull’idem sentire dell’opinione pubblica.
 
Il dramma, per la nostra libertà, non è stato solo causato da ciò che è avvenuto al Salone del Libro,
ma dal “soccorso rosso” prestato da una pletora di cosiddetti intellettuali
organici all’idea egemonica da esercitare sulla sottostante società civile,
che è il nerbo dell’ideologia progressista.

Costoro, maestri nella manipolazione della verità,
sono giunti all’assurdo di negare l’azione squadrista messa in atto dai gruppi femministi
e d’incolpare l’aggredita per le sue idee.



Abbiamo udito molte cose orrende del tipo

“contro i destroidi la conflittualità (leggi “violenza” ndr) è necessaria”;

oppure,

“ministri e politici sono venuti al Salone per provocare”.


E il segretario del Partito Democratico, Elly Schlein,
che se l’è presa con gli aggrediti per non essersi scusati con gli aggressori?


Non so come si chiama la forma di un governo che attacca le opposizioni e gli intellettuali
ma quantomeno mi sembra autoritaria
", queste le sue parole.

Ma la cosa più schifosa di tutte è stata quel “se l’è andata a cercare
rivolto al ministro Roccella che dà la misura dell’odio,
del sessismo e del razzismo presente nell’agire dei sedicenti custodi dei valori dell’antifascismo.

Se l’è andata a cercare” è la stessa motivazione che taluni avvocati difensori
tiravano in ballo nei processi per stupro allo scopo di attenuare le responsabilità dei loro assistiti:

Signor Giudice, l’imputato è stato spinto a fare ciò che ha fatto perché è stato provocato dalle vesti succinte e dalle movenze sinuose e ammiccanti della vittima. Perciò, deve essere assolto perché la ragazza la violenza sessuale se l’è andata a cercare”.

Ugualmente, Eugenia Roccella,
per le sue idee sull’aborto,
sull’utero in affitto e
sulla libertà delle donne di poter vivere serenamente la maternità,

“se l’è andata a cercare”.


Ora, vi domandiamo: chi è il “fascista” in questa brutta storia?
 
Per poter esercitare la professione di giornalista
e per poter manifestare liberamente il proprio pensiero
basta l’articolo ventuno della Costituzione e nulla più.


Purtroppo ci troviamo in un Paese in cui esistono
gli ordini professionali che altro non sono che le vecchie corporazioni.

Gli ordini professionali hanno la strana idea di voler insegnare, e addirittura comandare agli altri
come si debbano esercitare i lavori, i mestieri e le professioni

e così abbiamo l’Ordine dei giornalisti, l’Ordine degli architetti, l’Ordine degli ingegneri,
l’Ordine degli avvocati e giù e giù per i rami.

Per usare un vecchio termine, sono tutte delle sovrastrutture
che imbrigliano, legano la possibilità creativa, la possibilità di crescere, di lavorare,
di vivere civilmente secondo le nostre risorse, le nostre energie, la nostra sacrosanta libertà.

Insomma l’Italia è fatta a scatole.

Ognuno ha la propria scatola e cerca di curare i propri interessi a discapito dell’altro.
 
Però per fare il Fact-checking di Open
progetto "giornalistico indipendente" , li prendono tutti.
Anche chi giornalista non è.

Secondo loro, monitorano le notizie false o fuorvianti diffuse in Italia e all’estero,
fornendo un servizio di corretta informazione e fornendo gli strumenti necessari ai cittadini
per imparare a riconoscere le bufale, la disinformazione, la misinformazione
e tutte le altre falsità che minano la società e il processo democratico.

LORO. Secondo la loro idea politica. Negando la LIBERTA' di poter esprimere
la propria idea o convinzione, anche se in contrasto con il "regime democratico"
che LORO artatamente costruiscono PER I LORO INTERESSI.
 
Ma veniamo al dunque.

L’ordine dei giornalistiha convocato Porro
in un’udienza il 4 luglio perché quando ha invitato a Quarta Repubblica la vice ministra degli esteri ucraina,
secondo questi geni della lampada, non ci sarebbe stato contraddittorio.

Se questo è il ragionamento,
allora chiunque inviti la Segre
deve permettere la replica ad un ex gerarca nazista,

se si invita un curdo si deve avere Erdogan in studio

e, già che ci siamo,

non si può permettere che Rita dalla Chiesa racconti le tragedie della sua famiglia
senza che ci sia il contraddittorio di qualche terrorista.



Questi sono pazzi.

Hanno aperto un procedimento disciplinare perché loro pensano
che non ci sia stato un contraddittorio per un vice ministro ucraino.

By the way, in quella trasmissione c’erano anche Toni Capuozzo, Capezzone e Micalessin dal Donbass
che non la pensavano sempre come la vice-ministra.


"Con questi non voglio avere niente a che fare. Non me ne fotte un cazzo! 25 anni di pensione giornalistica buttati,
ma soprattuto un Ordine che non si ribella e non urla di fronte ad un giornalista che viene questionato
perché avrebbe violato le regole deontologiche non predisponendo un contraddittorio
per un’intervista al vice ministro degli esteri ucraino. Non ne faccio una questione personale, ma di principio.

Il 4 luglio mi devo presentare a Milano, magari per sentirmi spiegare da tre persone
come, secondo loro, si dovesse fare quell’intervista. "
 

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