Pillole anti-Lorenzin. Parotite
La parotite (“orecchioni”) è una malattia generalmente benigna o nel 30% dei casi persino asintomatica, i cui sintomi principali sono febbre e gonfiore con dolore delle ghiandole parotidee. In alcuni casi, se non adeguatamente curata, può dare complicanze: circa il 6 % dei pazienti è ricoverato in ospedale, il 4% ha orchite (infiammazione ai testicoli), lo 0,35% meningite asettica e lo 0,33% pancreatite. L’orchite è di solito monolaterale ma se bilaterale può provocare sterilità, tipicamente se contratta da giovani-adulti e non curata adeguatamente. Fino agli anni ’60 del secolo scorso gli orecchioni erano comunissimi, interessando con ricorrenti epidemie la quasi totalità dei bambini in età scolare, lasciando un’immunità per tutta la vita. La durata perenne dell’immunità naturale conseguita nell’infanzia era dovuta sia alla efficiente risposta immunitaria al virus “selvaggio”, sia ai ripetuti contatti degli adulti con i bambini infetti nel corso della vita, che fungevano da richiami.
1. La vaccinazione anti-parotite (di solito fatta con morbillo e rosolia – MPR - e per obbligo dal 2017 anche varicella - MPRV) ha contribuito alla diminuzione dei casi nel tempo, ma non è chiaro di quanto, visto che è stata introdotta quando la curva epidemiologica era già in discesa. Sono molte le segnalazioni di epidemie di parotite in giovani adulti vaccinati. Nel 2015, tra i 20.496 studenti dell’università dello Iowa la parotite ha colpito 259 studenti, di cui il 98,1% aveva ricevuto almeno due dosi di MPR. Le epidemie tra vaccinati sono dovute alla diminuzione dell’efficacia dell’immunizzazione artificiale nel tempo. Dopo 5 anni dalla seconda dose di MPR, meno della metà dei vaccinati ha una protezione anticorpale sufficiente.
2. Ciò significa che è impossibile sperare nell’immunità di gruppo per eradicare il virus. Ricordiamo che l’immunità di gruppo (effetto gregge) serve bloccare la catena dei contagi ed è l’unico argomento eventualmente di interesse collettivo. Se il vaccino funziona poco, il bimbo vaccinato è protetto per qualche anno, ma il virus si diffonde con insegnanti, bidelli, guidatori dello scuolabus, medici e genitori e può colpire i bimbi non vaccinati e poi anche i vaccinati, trascorso qualche anno. Vi sono prove anche che il virus attenuato (ceppo L-Zagreb) possa essere trasmesso dal vaccinato al non vaccinato. I principali rischi gravi, tra quelli noti e dimostrati, del vaccino sono le convulsioni febbrili (circa 1 caso/1500 dosi) e la trombocitopenia (circa 1 caso/40.000 dosi).
3. Dato che la durata della vita è molto maggiore della durata dell’immunità e dato che il virus non è stato affatto eliminato, va messa in conto la possibilità di spostamenti in avanti dell’età delle parotiti. Negli USA, se prima dell’introduzione del vaccino (raccomandato dal 1977) gli adulti suscettibili erano meno del 10%, nel 1990 erano divenuti il 33% e nel 2018 il 53%. Oggi sono immuni solo gli individui di età superiore ai 65 anni, quelli che avevano avuto la malattia da piccoli. Quindi a livello di popolazione l’immunizzazione artificiale imperfetta ha provocato un vero e proprio disastro epidemiologico, per lo spostamento delle malattie ad età più avanzate, quando le conseguenze sono più gravi, anche per la presenza di comorbidità.
4. Per “rimediare” a tale disastro, ora alcuni suggeriscono di rivaccinare per tutta la vita. Tuttavia, tale prospettiva pone un gigantesco interrogativo sul rapporto benefici/costi e rischi delle campagne vaccinali, che dovrebbe indurre al principio di precauzione. Non si può ignorare che è interesse delle case farmaceutiche inventare sempre nuovi vaccini e che per continuare a venderli è loro interesse che molti diversi virus continuino ad esistere (o siano fabbricati in laboratorio). Tale drammatica prospettiva chiama in causa la responsabilità delle autorità sanitarie e deve IN OGNI CASO far concludere che la scelta vaccinale dovrebbe essere INFORMATA ANCHE DI TALI PROBLEMI CHE RIGUARDANO L’INTERA VITA e comunque NON PUO’ e NON DEVE ESSERE OBBLIGATA.