Il documento, firmato dall’ingegner Gianfranco Venturino,
si conclude con un invito a contattare il servizio per eventuali chiarimenti.
Tuttavia, a colpire l’opinione pubblica non è la formalità del linguaggio tecnico,
bensì la discrepanza tra le precauzioni richieste in caso di fiala rotta
e la rassicurazione con cui milioni di persone si sono sottoposte alla vaccinazione.
Molti si chiedono come mai, se il contenuto del vaccino è considerato sicuro una volta iniettato,
sia invece necessario un protocollo di decontaminazione da materiale biologico in caso di semplice rottura.
La nota, nata con intento prudenziale,
finisce così per alimentare dubbi e perplessità su ciò che davvero contenevano quei preparati
e sul livello di trasparenza adottato nella loro gestione.
Un paradosso che, a distanza di anni, riaccende il dibattito sulla comunicazione e la fiducia nelle istituzioni sanitarie.