VOLEVO DIRE ALLE COSE BELLE, CHE ARRIVANO QUANDO MENO TE LO ASPETTI, CHE IO NON LE STO ASPETTANDO.

A posto siamo.....

Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dallo storico trattato INF
sulle armi nucleari firmato da Ronald Reagan e Michail Gorbaciov nel 1987 e che pose fine alla Guerra Fredda.

Pompeo ha motivato la decisione affermando che
«la Russia ha violato per anni senza scrupoli il trattato sulle armi nucleari e non ha mostrato alcun serio impegno nel volerlo rispettare».

«Gli Stati Uniti hanno fatto di tutto per preservare questo trattato ma la Russia ha messo e mette a rischio gli interessi degli Stati Uniti sul fronte della sicurezza.
Per questo non possiamo più essere vincolati da un accordo mentre la Russia lo viola in maniera vergognosa»,

ha aggiunto Pompeo che ha pure precisato:
«Siamo ancora pronti e disponibili a impegnare Mosca sul fronte del controllo delle armi nucleari».
 
Questa fa il paio con le "onlus". E' ora di dare un taglio anche a queste.


"Le autorità, sotto chiara pressione politica, sono alla ricerca di ogni pretesto tecnico per fermare l'attività di soccorso in mare",
scrivono sulla pagina Twitter italiana della Ong tedesca, confermando che la loro nave battente bandiera olandese - la Sea Watch 3 - è in stato di fermo.

Peccato che il "pretesto tecnico" sia ben altro.

E a spiegarlo è Danilo Toninelli che in un post su Facebook spiega il perché del fermo amministrativo:

"Stiamo parlando di una imbarcazione registrata come pleasure yacht, che non è in regola per compiere azioni di recupero dei migranti in mare",
spiega il ministro dei Trasporti, "E mi pare ovvio, visto che è sostanzialmente uno yacht. In Italia questo non è permesso.
Se tu, milionario, compri uno yacht, vai in navigazione per piacere, non per sostituirti alla Guardia Costiera libica o di altri Paesi.
Voglio ringraziare le Capitanerie di Porto per il loro grande lavoro sul fronte della legalità.
Ma soprattutto mi chiedo: il governo olandese non ha nulla da dire rispetto a una imbarcazione di una Ong tedesca
che chiede e ottiene la bandiera dei Paesi Bassi per scorrazzare nel Mediterraneo agendo fuori dalle regole?".
 
E diamo una mazzata anche a questi speculatori.......è ora di chiudere le banche "superprofit".


"Banca Carige è l’ennesima banca portata sull’orlo del fallimento a causa di una gestione scellerata
che non è stata causata solo da una incompetenza dei manager ma anche dalle commistioni con la politica".


Luigi Di Maio parla nell'aula di Montecitorio, rispondendo a un'interpellanza urgente sulla crisi dell'istituto di credito di Genova.

Dunque, il leader pentastellato ha fatto nomi e cognomi di chi è secondo lui responsabile:

"Voglio pronunciare questa mattina i nomi e cognomi di non solo di chi ha contribuito al fallimento
della banca ma anche dei loro sponsor politici: all'interno del Cda della banca nel periodo in cui si sono registrate le maggiori sofferenze
erano presenti membri legati al mondo politico: l'ex vicepresidente di Carige ed ex parlamentare Alessandro Scajola,
fratello dell'ex ministro Claudio Scajola, Luca Bonsignore, figlio di Vito Bonsignore ex eurodeputato del Pdl,
Giovanni Marongiu, Sottosegretario del governo di centrosinistra guidato da Romano Prodi,
e Alberto Repetto, parlamentare dell'Ulivo. Come vedete, si spazia da destra a sinistra…".

Infine, Di Maio si mantiene cauto e prudente su un eventuale intervento dello Stato:
"Ancora non sappiamo se dovremo intervenire con fondi pubblici.
Se decideremo di mettere soldi dei cittadini per salvare Banca Carige la banca sarà dei cittadini,
perché i risparmiatori non dovranno pagare le colpe dei manager".
 
Purtroppo oggi abbiamo dei "dirigenti" che potrebbero fare concorrenza ad uno spazzino.
Ma vincerebbe lo spazzino. Se uno studente merita un 4 in prima media, poveri noi. Come sarà triste il futuro.

ROMA – La preside del “Viscontino”, la scuola media situata al centro di Roma e collegata col prestigioso Liceo Visconti, chiede ai suoi docenti di non dare voti in pagella sotto al 5.

La circolare ha scatenato una forte discussione ed è stata indirizzata al corpo docenti che insegna al primo anno.
A chiederlo è la dirigente Rossana Piera Guglielmi:

“In prossimità della chiusura del primo quadrimestre, si ricorda a tutti gli insegnanti della scuola secondaria
che è stato unanimemente condiviso un criterio di valutazione in base al quale non si può attribuire
il voto corrispondente a 4/10 (o inferiore a questo) agli alunni delle classi prime”.

Secondo quanto riporta Repubblica, la decisione è stata presa a seguito di un collegio docenti piuttosto agitato, con alcuni tra questi che non hanno gradito questa sorta di “5 politico”.

Secondo la preside, la decisione serve ad incoraggiare gli studenti: la Guglielmi raconta infatti che
“troppi studenti abbandonare la scuola per un 4 in pagella e che un alunno valutato con un 2 o un 3 non ce la farà a recuperare, è provato”.

La Guglielmi non si è fermata qui ed ha chiesto che nel secondo quadrimestre non si dovrà comunque scendere al di sotto del 4.

Scettici alcuni insegnanti, che lamentano una possibile discriminazione tra chi ha preso un’insufficienza minima e chi più grande.
Ed è proprio qui il punto: la decisione della preside potrebbe apparire discriminatoria
verso quelli che hanno comunque studiato senza magari essere preparati a sufficenza.
Per loro un 6 potrebbe arrivare facilmente, senza che lo studio si trasformi in una sorta di dramma.

Stessa cosa non si può dire per chi invece ha preso un brutto voto.
A volte anche un 2 o un 3 in pagella possono essere allo stesso tempo formativi, altrimenti siamo all’ennesimo caso di protezione eccessiva
verso ragazzi che crescono senza mai prendere “un tram in pieno viso,” come ha scritto qualcuno in questi giorni.

Forse gli alunni non recuperano dopo aver preso un 2 o un 3 perché i loro bisogni non vengono ascoltati a sufficienza da chi di dovere.
 
Mi piacerebbe tanto che chi ha scritto questo articolo...domani......
venisse sotituito da un robot. Ah che goduria .......poi fai domanda per il reddito di cittadinanza.
......e scrivi come mangi.

Poste Italiane amplia la collaborazione con Microsoft a supporto del proprio piano di digital transformation,
sia in ambito retail che business, e adotta la piattaforma cloud di customer relationship management
di Microsoft con l’obiettivo di far evolvere la customer experience.
Lo riferisce la società in una nota in cui viene annunciato anche l’interesse a sviluppare un progetto di intelligenza artificiale.

L’intesa punta “sull’unificazione della piattaforma di Crm per le aree enterprise, Pmi e retail e si sposa
con il più ampio piano Deliver 2022 per massimizzare il valore della più grande rete distributiva italiana ai fini di una crescita sostenibile”.

Poste Italiane, prosegue la nota, ha sviluppato un ampio progetto di trasformazione digitale
e grazie alla partnership strategica con Microsoft, che fa leva in primis sulla flessibilità della piattaforma cloud Dynamics 365,
indirizzerà una visione completa e sempre aggiornata dei propri utenti e delle attività in corso,
in modo da ottimizzare l’esperienza e offrire servizi sempre più integrati.

Con la soluzione Crm Dynamics 365 Poste Italiane potrà, quindi, far leva su applicazioni di business avanzate e su report grafici intuitivi,
il tutto con massime garanzie di sicurezza e privacy in linea con i più elevati standard internazionali e con il Gdpr.

Grazie a una maggiore intelligenza dei processi e capacità di trasformare le informazioni in insight strategici,
il gruppo punta non solo a incrementare le opportunità di penetrazione e cross-selling, ma anche a ottimizzare l’organizzazione del lavoro,
con l’obiettivo ultimo di migliorare la customer experience.
 
Ecco bravi. Così si creano nuovi posto di lavoro.
Metterei per legge. Obbligatorio. Assumere un dipendente per ogni robot installato in un'azienda.

Poste Italiane, viene riferito, sta guardando con interesse anche all’intelligenza artificiale e, in prospettiva,
il progetto in collaborazione con Microsoft evolverà includendo lo sviluppo di un chatbot
come ulteriore canale di comunicazione con la clientela, per rispondere alle richieste in modo più efficiente e puntuale.

“Vogliamo avere un ruolo trainante nella trasformazione digitale del Paese – ha dichiarato Matteo Del Fante,
amministratore delegato e direttore generale di Poste Italiane – e intendiamo dotarci delle soluzioni
che permettono di valorizzare la presenza fisica della nostra rete, rendendola ancor più vicina alle esigenze dei nostri 34 milioni di clienti.
La collaborazione con Microsoft è dunque coerente con le linee di crescita e gli obiettivi individuati dal nostro Piano industriale,
Deliver 2022, perché ottimizzando le relazioni con i clienti aumenta la nostra capacità di intercettare
e guidare il cambiamento delle abitudini dei consumatori e delle imprese, consolidando la nostra leadership e il nostro posizionamento al servizio del Paese”.

“Poste Italiane è parte integrante del tessuto sociale e produttivo del Paese e siamo orgogliosi
– ha commentato Silvia Candiani, amministratore delegato di Microsoft Italia – di mettere la nostra expertise
al servizio del loro percorso di trasformazione digitale. Si tratta del più grande progetto
di adozione cloud di Customer relationship management su tecnologia Microsoft in Italia
e siamo sicuri contribuirà all’efficienza e alla crescita sostenibile del gruppo,
con un impatto positivo sui 13 mila uffici postali, 134.000 dipendenti e 34 milioni di clienti sul territorio.
Grazie alle nuove tecnologie sarà possibile migliorare l’organizzazione del lavoro,
ottimizzare i processi e gestire la relazione con i clienti in modo efficace, per offrire, in ultima battuta,
un servizio più a misura di cittadino. In futuro anche l’intelligenza artificiale giocherà un ruolo chiave in questo senso”.
 
Ahahaha che presa per i fondelli....i nostri, però.

Sono in 13, quasi tutti dichiarano di essere nati nel 2002.
Addirittura alcuni riferiscono la stessa data di nascita: primo gennaio 2002.

Una coincidenza curiosa per il 25% dei migranti sbarcati dalla Sea Watch.
Di questi 47, in 13 dicono di essere minorenni.

Tra gli addetti delle forze dell’ordine che si sono occupati dello sbarco, serpeggia qualche dubbio.
I migranti sembrano uomini maturi più che adolescenti.

E a sollevare interrogativi sulla loro vera età anagrafica non c’è solo qualche comune cittadino.
Le pesanti perplessità sull’effettiva età dei soggetti sbarcati in Sicilia, arrivano anche da una personalità
al di sopra di ogni sospetto, il procuratore di Siracusa, Fabio Schiavone:

«La gran parte dei minorenni ha un’età dubbia. È riportato solo l’anno di nascita, il 2002. O il primo gennaio 2002».

Tutti con la stessa data di nascita, curiosa coincidenza.

«Solo uno dichiara di avere 15 anni, tutti gli altri asseriscono di essere nati nel 2002».

Tante domande e la sensazione che il dichiararsi minorenni sia solo un trucco per avere la sicurezza di non essere espulsi.

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La fobia del controllo, da parte degli Uffici fiscali (patologia che ha contagiato anche il legislatore),
assieme all’inutile e crescente raccolta di dati (da trattare secondo le disposizioni del Gdpr, anche da parte degli intermediari),
non porterà a contrastare il fenomeno dell’evasione, ma innegabilmente graverà (come già sta facendo)
il contribuente di ulteriori costi, sia in termini monetari – per il numero di soggetti coinvolti (software house, consulenti fiscali, ecc) –
sia in termini di tempo; i vantaggi per l’ambiente, perché non si stamperanno più fatture cartacee,
le quali non verranno più archiviate, né spedite, ed benefici economici sono, dunque, una mera illusione.

Il ritardo, un tempo tollerato, rispetto al quale il contribuente sbadato (o affaccendato a risolvere i problemi quotidiani)
sarebbe riuscito a rimediare, con l’emissione di una fattura bis, o alla peggio con un ravvedimento,
oggi, ovvero dal primo di Luglio, verrà inesorabilmente sanzionato, ove mai dovesse emettere la fattura oltre i dieci giorni:
se l’operazione è imponibile, la sanzione oscilla tra il 90% ed il 180%
e, se non imponibile, tra il 5% ed il 10%, sempre con un minimo di € 250,00.

La distrazione del contribuente, tenuto ad emettere la fattura elettronica, in un limitato lasso di tempo,
potrebbe tradursi nell’azzeramento del risicato guadagno, sul quale le imposte graverebbero ugualmente, nella nota ed inaccettabile misura.

Specularmente, chi ha evaso prima, continuerà a farlo anche adesso, con (o senza) la fattura elettronica
e l’irrefrenabile Amministrazione finanziaria compenserà (solo in minima parte) le minori entrate,
determinate dall’evasione, con le maggiori sanzioni di chi, magari involontariamente, si è attardato.

Leggendo a ritroso quanto sinora scritto, sembra che il legislatore – lontano dalla quotidiana sofferenza –
abbia concepito la misura, più per sostenere, con le sanzioni, le languide casse dello Stato,
che per monitorare i flussi delle operazioni e contrastare gli illeciti.

In questo caso, non possiamo neppure accusare l’Europa, la quale non ci ha imposto di introdurre quella misura,
in origine concepita per uniformare il sistema della fatturazione elettronica tra gli Stati membri, nelle limitate ipotesi degli appalti transnazionali;
nessuno degli stati membri, infatti, ha pensato di adottarla, per tutte le operazioni interne.
 
Periodo nerissimo per Mediaset.

Tranne il caso di Maria De Filippi, che continua a vincere tutte le sfide dell’Auditel,
i programmi su cui Canale 5 aveva puntato per il boom si sono rivelati un flop.

Non bastava la caduta di Adrian.
Non bastava lo scivolone della Dottoressa Giò, i cui ascolti sono stati pressoché irrilevanti.
Ora è la volta dell’Isola dei Famosi. Rai1, con la fiction Che Dio ci aiuti, interpretata da Elena Sofia Ricci,
l’ha battuta per kappaò, ottenendo 5 milioni e 302mila spettatori pari al 21,5% di share.

In particolare il primo episodio ha raggiunto 5 milioni 682mila spettatori e il 21% di share,
mentre il secondo è stato visto da 4 milioni 979mila spettatori per uno share del 21,7%.

La fiction di Rai1 ha quindi doppiato in spettatori la seconda puntata dell’Isola dei Famosi
che ha realizzato 2.405.000 spettatori totali con una share del 13,28%.

Per la Marcuzzi un tonfo inaspettato. C’erano tutti i presupposti acchiappaconsensi:
la polemica, la vicenda degli insulti di un naufrago a Barbara D’Urso, i litigi.
Ma non è andata, l’Isola non ha preso il volo, forse perché ripetitiva a partire da
quell’Alba Parietti che continua a filosofeggiare anche in uno show superleggero.

Meglio del reality Mediaset ha fatto anche l’ultimo quarto di Coppa Italia tra Inter e Lazio
che ha segnato una media di 4 milioni 640mila spettatori e uno share del 19,2%.
In particolare il primo tempo è stato visto da 4 milioni 527mila spettatori con il 16,8% di share;
il secondo tempo da 4 milioni 474mila spettatori con il 17,7% di share;
i tempi supplementari da 4 milioni 806mila spettatori con il 23,3% di share,
saliti a 5 milioni 519mila e al 33,3% di share durante i calci di rigore.
 
L’ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari e l’ex direttore generale Luca Bronchi,
imputati di bancarotta fraudolenta, sono stati condannati a 5 anni di reclusione per il crac dell’istituto di credito aretino.

E’ questa la sentenza di primo grado emessa, con rito abbreviato, questa sera, dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Arezzo, Giampiero Borraccia.

Per i due condannati, il giudice ha accolto le richieste che erano state formulate durante la requisitoria dal pool di sostituti procuratori
che si sta occupando delle indagini sul dissesto di Banca Etruria, guidato dal procuratore capo Roberto Rossi.

Il giudice ha poi condannato a due anni l’ex vice presidente Alfredo Berni per bancarotta fraudolenta
e a un anno l’ex membro del cda Rossano Soldini per bancarotta semplice.

I quattro condannati erano gli unici ad aver chiesto il rito abbreviato.
Per gli altri 26 indagati, tra ex dirigenti e consiglieri di amministrazione, il gup ha deciso per il rinvio a giudizio con rito ordinario per tutti.

Gli avvocati dei quattro condannati avevano chiesto l’assoluzione per i loro clienti.

Leggermente più basse le condanne inflitte dal giudice rispetto alle richieste formulate dalla Procura per Berni
(erano stati chiesti due anni e sei mesi) e Soldini (un anno e sei mesi).

Nel corso della requisitoria, che aveva visto impegnati pm Andrea Claudiani, Angela Masiello e Julia Maggiore,
erano state indicate tutte le attività che avevano portato al crac della banca aretina:

dall’acquisto dello yacht di Civitavecchia (registrando una perdita di 25 milioni di euro), che avrebbe dovuto essere il panfilo più grande del mondo e che è rimasto in un cantiere,
ai finanziamenti al relais di lusso villa San Carlo Borromeo dello psicanalista Armando Verdiglione;
dai prestiti alle società del finanziere Alberto Rigotti
ai prestiti all’impresa Sacci per una cinquantina di milioni di euro, registrando la maggiore sofferenza nei conti della ex Banca Etruria.

L’ex dg Bronchi era accusato anche per la sua liquidazione, pari a 700 mila euro netti,
che secondo la Procura è anch’essa una distrazione da comprendere nella bancarotta fraudolenta.

L’ex vicepresidente Berni era accusato in particolare di un prestito al gruppo Saico,

mentre l’ex consigliere di amministrazione Soldini era accusato per il prestito Sacci.

Soldani, nelle tormentate vicende di Banca Etruria dell’ultimo decennio, fu tra i primi a contestare la gestione dell’allora presidente Fornasari.
Tra i rinviati a giudizio con rito ordinario figura, tra gli altri, anche l’ultimo presidente di Banca Etruria,
Lorenzo Rosi, a cui è contestata la concessione della liquidazione all’ex dg Bronchi.
 

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