Finita l'estate
eccoci di nuovo di fronte al dilemma: investimento o no?
Cris ci ha mostrato un modo per guadagnarci su, reso limpido dal fatto che comunque lui resta un collezionista che compra per passione. Dichiara di aver venduto in asta o ad amici, e nessuno lo mette in dubbio. Ma mi permetto di notare che non ha venduto a mercanti o galleristi. Che significa?
Primo: significa la solita cosa: che se le commissioni, il margine, il guadagno, lo si chiami come si vuole (pur considerando le spese) è dell'ordine minimo del 30% - ma spesso maggiore - guadagnare in tempi umani è praticamente impossibile (abbiamo già considerato la posizione particolare di Cris, e visto che comunque il consumatore finale paga per tutti).
Secondo: ammesso che si riesca a scavalcare il punto 1, resta che quando si vende si vende in relazione ad un mercato.
Un mercato? Cioè?
Non parlo della cerchia fasulla delle gallerie che sostengono i vari artisti, né delle televendite. Quello viene dopo.
Parlo del fatto che nella testa di tutti, ma proprio tutti, sia presente l'idea che un artista (una sua opera) "vale" tot.
Il "lavoro" dell'artista non c'entra, in sé, una mazza. Certo, un grande quadro assai lavorato tende a costare più di uno schizzo ad acquarello, ma il peso di ciò resta riferibile all'aspetto artigianale del lavoro. Assai di più, soprattutto quando si sale a prezzi ben alti, contano altri aspetti.
Il "mercato" si basa su consenso sociale, sul fatto che vengano
riconosciuti certi valori. Non intendo il valore del singolo rispetto ad un altro, ma proprio il fatto che si debba pagare per oggetti che "danno" qualcosa. Una volta Nobiltà e Chiesa pagavano in relazione al prestigio ottenibile o al grado di spiritualità che l'opera poteva comunicare ai fedeli (oggi questo aspetto viene totalmente ignorato, o passato sotto silenzio). La borghesia francese degli allevatori inurbati pagava i quadri di mucche e affini per ricordare la propria storia anche in funzione dell'espressività e riconoscibilità del soggetto. Anche gli stati moderni pagarono artisti in funzione della rappresentazione di personaggi della propria storia.
Non si considera mai abbastanza il fatto che le avanguardie storiche, tra 800 e 900, dovettero proprio superare la mancanza di un mercato cui interessassero i propri valori. Ed appare stupefacente quanto rapidamente, tutto sommato, la nuova arte abbia saputo farsi approvare dal mercato. Il quale ha dunque trovato in essa dei valori. Quali?
Se si considera la crisi dell'io di fine 800 (Dostojevski, Nietsche, Freud ...) si può pensare che la nuova arte potesse proprio avere il senso di dare a questo io in crisi uno specchio, uno strano specchio con cui dialogare
Inizialmente, dunque, i lavori ufficiali, le opere di grandi dimensioni, dovettero comunque tener conto dei vecchi criteri di valore, e dunque apparire meno rivoluzionarie. Ma le opere di dimensione contenuta godettero di una nuova libertà: la libertà di rivolgersi direttamente all'io di chi guarda ( e dell'acquirente) proponendogli una nuova conoscenza, una nuova visione: praticamente portandolo a guardare con occhi nuovi non solo l'arte, ma tutta la realtà (e già, quale realtà, poi?).
Questo fu l'arte moderna, caratterizzata proprio dall'inclusione progressiva di tale dialogo al di là del soggetto entro l'opera. E così i
divisionisti inserirono questo aspetto solo per la parte in cui portarono l'attenzione dello spettatore su altro che la rappresentazione: nel loro caso, sulla composizione stessa della superficie e sull' "inganno" cromatico, un
bello imprevisto che, quantomeno, metteva chi guardava in condizione di resettare i propri criteri di visione. I
Fauves fecero di più, liberarono gli aspetti espressivi all'interno della figurazione, stravolgendo la figura, il contenuto: per lo spettatore ciò significava un incitamento ad uscire dal rigido sistema di regole e valori sociali, con un ruolo in qualche modo simile a quello della psicanalisi. Una liberazione dell'io.
I
futuristi scoprirono quanto la dittatura della ragione potesse venire messa in crisi dall'inserire il movimento all'interno di ciò che era da sempre statico: l'effetto sullo spettatore fu un invito ad accettare la nuova civiltà meccanica e in movimento superando quella vecchia, immobile ed ormai polverosa (peccato che poi ... la guerra sola igiene del mondo ... questo il grande limite di pensiero della corrente).
L'astrattismo ancora mostrava il vuoto, ed insieme un appiglio nel vuoto, i ritmi, l'effetto nel subconscio: perché il mercato avrebbe dovuto acquistare un'opera astratta? Un po' per certificare la fine di un mondo (aspetto un po' snob), molto per mettere alla prova la propria capacità di entrare in un mondo nuovo, dove tutti i valori venivano stravolti, e il singolo poteva finalmente accettare pubblicamente non solo ciò che la società imponeva, ma anche quanto gratificava i suoi impulsi più semplici e più interiori - ma anche più sensuali.
Un ragionare che si capisce meglio ricordando come, sotto il fascismo (e altre dittature) si sia ritornati alla figura come valore esterno all'individuo, praticamente imposto da fuori. Non è un caso che, sotto le dittature, la pittura tenda ad imitare la scultura e a farsi monumento (parola che deriva da
ammonire)
Prima che l'esausto lettore mi mandi una macumba, chiudo: quali valori cerca oggi il mercato nell'arte? Può essa stessa considerarsi un valore se non risponde a tale domanda? Che poi, attenzione: anche un romanzo di Dostojevski è certamente considerato un valore, ma mica lo si paga migliaia di euro. Una raccolta di poesie del massimo livello non costa più che poche decine di euro. Dunque, oltre che al fatto di "rispondere a delle richieste offrendo dei valori", il quadro, in termini economici, si dovrà considerare un oggetto diverso, che non si usa come un tavolo ma costa - spesso - più del tavolo, che non serve a comunicare pubblicità ma vale più di quasi tutti prodotti in vendita; che sta come immobile ed imbarazzante testimone di un passato ( anche recente) eppure chiede quattrini per dormire a casa tua. Una volta si pagava per comunicare ai fedeli o per affermare direttamente il proprio prestigio. E ora?