Lo posto anche qui (GRAZIE CHAGANS!):
http://www.corriere.it/solferino/se...06-02-16/01.spm
Siamo sicuri che i polli siano quelli in gabbia?
Beppe Severgnini
Influenza aviaria. Per cominciare: perché non "influenza dei polli", come in altre lingue (inglese: "Bird Flu")? "Aviaria" è un aggettivo latineggiante e lussureggiante, che non aiuta a chiarirsi le idee. E ne avremmo bisogno, mi sembra.
Negli ultimi due giorni, il consumo di carne di pollo in Italia è crollato del 70%. Ieri sera mi ha chiamato, affascinato, un collega della BBC: "In nessun Paese del mondo è avvenuta una cosa del genere! Perché fate così?".
Buona domanda, ho risposto, per guadagnare tempo. Perché noi italiani abbiamo queste reazioni? Leggo sul sito di Altroconsumo: "Non c'è nessun dato che suggerisca che un eventuale virus dell'influenza aviaria possa trasmettersi all'uomo attraverso carne di pollo o uova. L'Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha spiegato che non occorre alcuna ulteriore precauzione oltre a quelle che da sempre esistono: consumare la carne di pollo e le uova ben cotte."
Il problema è che la maggioranza degli italiani non s'informa sul sito di "Altroconsumo". Non ascolta i telegiornali, che dicono le stesse cose da settimane. Non legge i giornali. Non dà retta alla radio. "Non vi fidate, forse?", chiedeva il collega britannico. Macché: noi siamo selettivi nella nostra diffidenza. La riserviamo, magari, a Storace politico (e a un migliaio di suoi colleghi); ma al ministro della salute crediamo, anche perché è evidente che in materia di prevenzione è stato fatto tutto per bene, e per tempo.
Qualcuno, mesi fa, ha parlato di "astensione precauzionale", lasciando intendere che fosse una cosa saggia. Ma quando mai. Alcuni dei ragazzi che oggi, davanti a una cotoletta di pollo, saltano sulla sedia come se gli avessero messo un bomba nel piatto, escono di casa e corrono rischi ben maggiori: in auto, bevendo e fumando, o facendo sesso con una tipa pagata per strada.
Cosa succede, allora? Semplice: la nazione che mangia le ragazze con gli occhi, ragiona con la pancia.
Quest'inversione funzionale spiazza gli stranieri, che ormai considerano l'Italia una versione live della "Settimana Enigmistica". Ma il rebus si può risolvere. Se volete capire "la nuova reazione emotiva che rischia di travolgere il comparto avicolo nel quale operano 6.000 allevamenti, 173 macelli, 517 imprese e 180.000 addetti" (dati Coldiretti), dovete pensare a una cosa sola: la superstizione.
Ci comportiamo nello stesso modo. Il cervello dice una cosa, ma le viscere ne suggeriscono un'altra. Il gatto nero, il numero, il sale, il colore, la scaramanzia dell'abito, il toccamento, il personaggio, la data: quello che altrove è roba di pochi eccentrici, in Italia è l'atteggiamento inconfessabile della maggioranza (a proposito: complimenti alla Provincia di Milano che domani, venerdì 17, alle 17.17 commemora Dino Buzzati, uomo geniale e non superstizioso).
Quell'imbarazzante, arcaico, pavido (sinonimo di vigliacco...n.d.chagans..), volgare "Non ci credo, ma non si sa mai..."riempie le case, le cene, le aule, gli stadi, i teatri, gli uffici, la televisione. Rovina, spesso, la vita di chi diventa bersaglio di sospettose crudeltà. Spinge gente logica e coraggiosa a essere illogica e timorosa. Ci imbarazza tutti: ma la paura, per molti, è più forte dell'imbarazzo.
Sarete d'accordo: quanto sta accadendo con la carne di pollo non è diverso. Le orecchie sentono, gli occhi vedono, la testa capisce, il cuore conferma. Ma giù, tra le budella, qualcosa piagnucola: e noi l'ascoltiamo. Così finisce che scappiamo da un cibo sano: per buttar giù cose poco salutari, magari.
Uno si chiede, a questo punto: siamo sicuri che i polli siano quelli in gabbia?
(dal Corriere della Sera - 16 febbraio 2006)