Autori da (ri)scoprire

Anche Nicolas De Staël non scherza.
Nato nel 1914 a San Pietroburgo ha avuto un destino comune a molti artisti russi importante, cioè di trasferirsi e trovare maggiore fortuna in Europa, penso a Poliakoff, a Lanskoy che come lui si radicarono in Francia e ovviamente a Kandinskij.
La sua biografia è tracciata qui con particolare riguardo alle sue vicende artistiche:
Il pittore che si smarrì nella luce: Nicolas De Staël
SI notano particolarmente l'avvicinarsi all'astrazione in seguito alla conoscenza di Magnelli e Sonia Delaunay (come si vede tutto torna).
La tragica fine suicida, a soli 41 anni, è spiegata da alcune biografie come causata da delusione d'amore.

E' artista che riesce a mettere d'accordo gli opposti a partire da figurazione e astrazione nel senso che le sue opere astratte lasciano spesso intravedere le figure, d'altra parte lui stesso diceva "non vedo come opposte la pittura astratta e quella figurativa", ma anche nel senso che mette insieme calore e freddezza, o che alterna paesaggi nordici e paesaggi mediterranei.

Vedi l'allegato 400118

Vedi l'allegato 400119
Vedi l'allegato 400120
Vedi l'allegato 400121
Ritengo che Nicolas De Stael non abbia la necessità di essere riscoperto. E' considerato universalmente come un grande.
 
Sono andato a sentire Sgarbi che parlava in pubblico del Caravaggio, in teoria, ma in pratica del 600 e di alcuni autori importantissimi, secondo lui, che sono stati totalmente dimenticati e risultano ignoti anche agli studiosi.
Lasciando stare Simon Vouet, Bernardo Strozzi o Mattia Preti, che lui ha citato come dimenticati ma che invece sono ben noti a chi minimamente si interessa di arte, anche solo in generale, ma comunque del 600, vorrei riproporre alcuni nomi che ho annotato, e che effettivamente sono quasi degli sconosciuti (spesso senza quasi) anche ai cultori della materia.

Il primo è Luigi Miradori (Genova, 1605Cremona, 1656), noto come il Genovesino od il Genovese, che passò la maggior parte della sua vita a Cremona, dove pure si trovano molte sue opere.

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Riposo nella fuga in Egitto, 1650, S. Imerio, Cremona

Questo quadro è stato presentato in diapositiva durante la serata; Sgarbi ha fatto notare una tripartizione "emotiva", e cioè la Sacra Famiglia in ansia a sinistra, la strage degli innocenti sullo sfondo, quasi un flash-back, l'asino che mangia tranquillo ed estraneo ai drammi sulla destra. E' pur vero che questa tecnica di unità visuale per momenti diversi è piuttosto diffusa nel 600, ma anche prima, forse più nel mondo fiammingo o tedesco che in quello italiano (vado a memoria).

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Moltiplicazione dei pani e dei pesci, 1647, Palazzo comunale di Cremona

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Ho trovato questo:
Alla scoperta del Genovesino

Tutte le domeniche di gennaio e febbraio, visite guidate gratuite alla scoperta del pittore Luigi Miradori detto il Genovesino.
Ritrovo ore 15.00 presso la Pinacoteca (Palazzo Affaitati).
Ingresso Pinacoteca € 5

In conclusione, è vero che si tratta di pittore di notevole qualità, forse dallo stile oggi non troppo di moda, ma sicuramente da conoscere meglio in generale.
Poi, sappiamo che gli artisti ingiustamente trascurati sono millanta e, se vogliamo, anche quelli ingiustamente esaltati sono proprio tanti. Oggi.
 
Per oggi ne riporto un altro dalla lista Sgarbi, e cioè (Wiki)

Antonio Corradini (Venezia, 19 ottobre 1688Napoli, 12 agosto 1752) è stato uno scultore italiano.

Attivo a Venezia, Vienna, Praga e infine a Napoli, dove lavorò al servizio di Raimondo di Sangro nel cantiere della cappella Sansevero, Corradini è principalmente ricordato per la sua maestria nell'esecuzione di figure velate. Tra le sue sculture principali si ricordano il monumento a Johann Matthias von der Schulenburg, il gruppo della Pietà e la statua velata della Pudicizia.

Fu scultore ufficiale della Serenissima, operò a Venezia (S.Stae), Zara, e decorò il Bucintoro originale. Nel 1731 è a Vienna, nel 1743 a Roma

Lasciata Roma, il Corradini si recò a Napoli, dove venne assunto al servizio di Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero. Proprio in quegli anni il Principe stava ponendo mano all'arricchimento della chiesa di Santa Maria della Pietà, con l'idea di farne un mausoleo dei di Sangro e di arricchirlo di opere di grandissimo pregio.[1]

Stabilita una immediata intesa con Raimondo, Corradini venne nominato co-ideatore ed esecutore del progetto iconografico per la cappella Sansevero, come divenne poi noto il tempio gentilizio. Ebbene, per il mausoleo disangriano lo scultore eseguì quattro opere: la statua del Decoro, dove la virtù e personificata da un giovane seminudo con i fianchi coperti da una pelle di leone, il monumento a Paolo de' Sangro e a Giovan Francesco de' Sangro, e infine la Pudicizia, la sua ultima e più celebre opera, dove la madre di Raimondo veste i panni di una donna ricoperta da un velo marmoreo trasparente di notevole pregio. Allo scultore venne commissionata anche l'esecuzione del Cristo velato, del quale realizzò un bozzetto in terracotta: la statua venne poi scolpita da Giuseppe Sanmartino a causa della prematura morte del Corradini, scomparso il 12 agosto 1752

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La Pudicizia della cappella Sansevero è l'ultima opera eseguita dal Corradini
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Come si sarà capito, sua caratteristica sono queste donne velate, in cui il virtuosismo tecnico non cancella le qualità artistiche. Potremmo dire che aggiungono una qualità pittorica di superficie alla qualità scultorea dei volumi.
 
Mi par di capire che apprezzi Sgarbi quando fa quello che gli riesce meglio ... parlare di Arte.
Son contento almeno siamo in due,
visto che ultimamente lo sento solo denigrare.
Certo di marchette ne fa e anche tante, ma il suo mestiere di certo lo conosce
 
Mi par di capire che apprezzi Sgarbi quando fa quello che gli riesce meglio ... parlare di Arte.
Son contento almeno siamo in due,
visto che ultimamente lo sento solo denigrare.
Certo di marchette ne fa e anche tante, ma il suo mestiere di certo lo conosce
Beh, sinceramente non è che io adori Sgarbi, ma non vedo perché dovrei essere prigioniero di pregiudizi. Ha parlato ad un pubblico di livello bassino e l'ha saputo intrattenere con iperboli, parolacce (e giù tutti a ridere) ma anche cultura. Visto il pubblico, ha agito bene. Dei suoi testi non sono in grado di parlare. Né so se, oltre che divulgatore, sia anche un buon ricercatore.

Praticamente, più in generale, chiedo ai critici di non ripetere bello bello alzando gli occhi al cielo, cioè di non sbrodolarsi addosso, ma di portare con chiarezza conoscenze che aiutino chi legge o ascolta a entrare nel discorso dell'artista. Già a inizio 900 Rudolf Steiner ebbe a notare come la quasi totalità dei critici d'arte si limitasse appunto a questo, ed ugualmente ne ho visti o letti tanti capaci di dire un ispirato nulla.
Sono di parte, lo so, visto che da sempre invece cerco di motivare con stretta logica tutte le osservazioni sull'arte che faccio: comunque quello cui ho assistito era un discorso non profondo (né sarebbe stato opportuno che lo fosse) ma assolutamente adeguato al pubblico presente, e questo è senz'altro un merito didattico.
 
Ultima modifica:
Gino, i tuoi post sul Genovesino e Corradini sono un invito a nozze: il Seicento è pieno di autori da (ri)scoprire. Mi riferisco in particolare ai post-caravaggeschi. Per alcuni decenni, infatti, la pittura di Caravaggio ispirò numerosi epigoni in Italia e nelle Fiandre, prima di passare nell'oblio e di venire rivalutata solo nel nostro secolo. Sperando di non rubarti la scena, nel qual caso mi scuso, proseguo sulla tua scia.
Sgarbi, che trovo odioso e detestabile quando parla di qualsiasi altra cosa che non sia arte è stato il curatore o tra i curatori di una grande mostra a Palazzo Reale nel 2005: "Caravaggio e l'Europa. Da Caravaggio a Mattia Preti", dove accanto a 4 o 5 opere del maestro (bisognava pur giustificare il suo nome nel titolo, sennò chi sarebbe andato a vedere la mostra?) si trovavano esposte decine di tele di autori a lui coevi o successivi che a lui si sono palesemente ispirati. Non tanto quelli che pubblico oggi, ma quelli che pubblicherò nei prossimi giorni.

E allora, tralasciando i ben noti Orazio e Artemisia Gentileschi, ecco una Santa Caterina d'Alessandria di Giovanni Baglione, olio su tela, Collezione Koelliker-Milano.

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O questo Noli me tangere di Antiveduto Gramatica (un nome e un cognome simili, secondo me, gli varrebbero l'assegnazione di diritto di un posto nella storia dell'arte), olio su tela, San SeverinoMarche (MC), Chiesa di Sant'Agostino.

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O anche questo San Lorenzo di Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio (un nome un programma, anche qui), olio su tela, Roma, Chiesa di Santa Maria in Vallicella.

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Mi limito a pubblicare le immagini perché mi porterebbe via troppo tempo riportare anche qualche notizia biografica.

(prosegue)
 
Per oggi ne riporto un altro dalla lista Sgarbi, e cioè (Wiki)



Fu scultore ufficiale della Serenissima, operò a Venezia (S.Stae), Zara, e decorò il Bucintoro originale. Nel 1731 è a Vienna, nel 1743 a Roma



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La Pudicizia della cappella Sansevero è l'ultima opera eseguita dal Corradini Vedi l'allegato 415714

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Come si sarà capito, sua caratteristica sono queste donne velate, in cui il virtuosismo tecnico non cancella le qualità artistiche. Potremmo dire che aggiungono una qualità pittorica di superficie alla qualità scultorea dei volumi.
La resa di questi veli e' strabiliante. È la sensualità.
I forum si occupano pochissimo di antico. È normale: non va di moda e no ha mercato.

Approfitto anche per postare un ebay di un autore che se non fosse stato per un precedente post di baleng non avrei mai notato:
LUCEBERT, Senza titolo. Acquaforte originale firmata. 1967. Cm 39x49,6 | eBay
È solo per vedere una opera di Lucebert, lasciate perdere il prezzo!
 
La resa di questi veli e' strabiliante. È la sensualità.
I forum si occupano pochissimo di antico. È normale: non va di moda e no ha mercato.

Approfitto anche per postare un ebay di un autore che se non fosse stato per un precedente post di baleng non avrei mai notato:
LUCEBERT, Senza titolo. Acquaforte originale firmata. 1967. Cm 39x49,6 | eBay
È solo per vedere una opera di Lucebert, lasciate perdere il prezzo!
E allora vediamolo anche qui :piazzista: prima che lo facciano sparire

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Sgarbi ha citato anche Pietro Liberi, che nel Veneto, in realtà, non è mai stato "dimenticato".

LIBERI, Pietro
di Alberto Crispo
LIBERI
, Pietro. - Nacque a Padova il 15 apr. 1614, ma se si dà credito all'atto di morte del 18 dic. 1687, in cui il L. è "detto di anni 82 in ca.", la sua nascita andrebbe anticipata al 1605.

Lo stesso Gualdo Priorato, nella sua minuziosa - ma romanzata - biografia del L., redatta sulla base di informazioni fornite dallo stesso pittore, riferisce che nel 1628 questi si recò a Costantinopoli e in Medio Oriente, dove rimase fino al 1632, quando fu fatto schiavo presso l'isola di Metelino da due vascelli di Barberia, che lo condussero in catene a Tunisi. Dopo otto mesi di prigionia riuscì a fuggire e a raggiungere la Sicilia per passare a Napoli, Livorno e Pisa, accompagnando, tra il 1633 e il 1636, il capitano granducale A. Manfredini in alcune spedizioni navali contro i Turchi. Nel 1637 si recò a Lisbona, Madrid, Barcellona e Marsiglia, da dove si imbarcò per tornare a Livorno; l'anno successivo raggiunse Roma, dove frequentò Stefano Della Bella. Gualdo Priorato sottolinea come fin dalla prima giovinezza il L. mostrasse una particolare inclinazione per la pittura e vi si dedicasse anche durante le sue peregrinazioni, e dà particolare rilievo al soggiorno romano, durante il quale il L. "cominciò a studiare giorno e notte tre anni continui" (p. 11).

Se il L. guardò senz'altro ai grandi maestri della stagione rinascimentale - soprattutto Michelangelo - e alle sperimentazioni del più significativo esponente del barocco romano, Pietro Berrettini da Cortona, come ha sottolineato Fiocco (1929), l'amicizia con Stefano Della Bella lo introdusse, con ogni probabilità, alla committenza medicea. Giuliano de' Medici gli chiese infatti di illustrare la gloria della casata nel soffitto dell'oratorio dei Vanchetoni a Firenze, che il L. portò a termine tra il 5 sett. 1639 e il 17 marzo 1640 (Barsanti). Leopoldo de' Medici, governatore di Siena, gli commissionò nel 1641 il Ratto delle sabine, oggi presso la locale pinacoteca, che rivela chiare ascendenze reniane, tanto da far presupporre un viaggio in Emilia del Liberi. Nel 1643 si trasferì a Venezia, dove, sempre secondo Gualdo Priorato (p. 12), dipinse su vecchie tavole due Madonne a imitazione di G. Reni, acquistate come tali dal senatore V. Gussoni e dal nobile G.D. Correggio, ma non è chiaro se la notizia sia stata introdotta per sottolineare la maestria del L. o per accennare a una pratica di falsificazione, peraltro assai diffusa in ambito veneziano.

...

Uno sguardo retrospettivo sulla cultura figurativa del Rinascimento veneto si coglie negli affreschi in villa Foscarini Negrelli a Stra (1652), tipicamente veronesiani nei toni chiari e nelle solenni partiture architettoniche, e nel Diogene e Alessandro di collezione privata (ante 1652), in cui prevalgono i ricordi tizianeschi. Il crescente successo della maniera del L., con la sua attenta miscela di linguaggio barocco e colte citazioni dalla tradizione veneta, persuase i Provveditori sopra il tempio votivo della Salute a commissionargli la pala con Venezia supplice e s. Antonio da Padova che intercedono presso la Trinità per la cessazione dell'assedio di Candia (1652-56), in cui il L. riprende la messa in scena monumentale e la tavolozza schiarita del Veronese (P. Caliari). Tra gli incarichi di prestigio affidatigli in quegli anni dalle principali autorità della Repubblica, che gli valsero la nomina a cavaliere, vanno segnalati l'affresco, perduto, nella loggetta del campanile di S. Marco, con Il doge F. Molin, Venezia, la Gloria, la Carità e la Prudenza (De Kunert, p. 557), l'Allegoria del podestà Alvise Foscarini nella rotonda di Rovigo (1656) e soprattutto la Battaglia dei Dardanelli in Palazzo ducale, la cui esecuzione fu affidata al L. il 10 dic. 1658. Dopo aver firmato, nello stesso anno, il Serpente di bronzo per S. Pietro di Castello, nel luglio l'artista presenziò alla solenne entrata in Vienna dell'imperatore Leopoldo I, che lo nominò conte palatino. Durante la permanenza nella capitale asburgica, interrotta da viaggi in Ungheria e Boemia, il pittore ritrasse l'imperatore e gli consegnò il dipinto allegorico in suo onore, conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Nel settembre del 1659 il L. era di nuovo a Venezia, come provato da documenti relativi alla Battaglia dei Dardanelli (Bratti); l'anno successivo, oltre a eseguire affreschi e dipinti per l'ospedale dei Mendicanti (Aikema - Meijers), stipulava un accordo con i deputati della Misericordia Maggiore di Bergamo per la fornitura di sedici dipinti destinati alla basilica di S. Maria Maggiore (Pinetti, pp. 121-123). Il 25 maggio 1661 gli stessi deputati si dichiaravano insoddisfatti del Diluvio universale consegnato dal L. e ne chiedevano il parziale rifacimento, respingendo, il 5 agosto dell'anno seguente, anche il bozzetto del Giudizio universale (ibid., pp. 123-125).

...

Fin dal 1660 Boschini (1660, pp. 532 s.) aveva parlato di due diverse maniere dell'artista: "Se in publico lu fa qualche operona, / El zioga col penel de la distanza: / Se el forma quadri de goder in stanza, / Per finitezza el merita corona"; mentre più tardi Zanetti (pp. 379-381) sosteneva che "Tre maniere si trovano nelle opere di questo Pittore. La prima è grandiosa e nobile; e con questa poche cose ei dipinse. La seconda e la terza tutte in un tempo ei trattò; tenendo, com'ei soleva dire, due sorte di pennelli nella stanza sua; l'una per gl'intelligenti, e l'altra per l'ignoranti. Per i primi ei voleva dipingere con ispeditezza e maestria; e perciò non eran sempre quelle pitture molto finite. Per i secondi all'incontro usava d'un estrema attenzione e diligenza, cosicché si possono numerare i capelli nelle teste". In taluni dipinti, quali l'Assunzione della Vergine nel duomo di Chioggia (1682: Tiozzo, p. 34), si riscontra effettivamente una stesura più libera; mentre in altri, come la Mansuetudine (1681), in collezione privata, le superfici sono più analiticamente descritte, il che conferma, considerando l'esecuzione ravvicinata dei due dipinti, come le due prassi non corrispondano a differenti fasi stilistiche, ma coesistano, e siano dunque spiegabili con le diverse committenze.

L'attività del L. proseguì con grande intensità fino alla morte, come testimoniano le due sale decorate nel castello del Buonconsiglio a Trento (1686-87), in cui il pittore palesa, soprattutto nell'Allegoria della Fama e della Giustizia, notevoli affinità con l'opera di Sebastiano Mazzoni.

Il L. morì a Venezia il 18 dic. 1687.

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Va comunque detto che forse Sgarbi tende a citare autori che ha in collezione ...
Peraltro, io in collezione non ce l'ho :p, ma ritengo che LANFRANCO sia stato un grandissimo.
 

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