Ex popolari, il giudice: il divieto di far causa contrario alle norme Ue
Sentenza a Verona sconfessa la legge di liquidazione. Ma la causa va a Intesa
Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)21 Feb 2020Federico Nicoletti
Ex popolari, una sentenza fa saltare il divieto alle cause posto dal decreto di liquidazione. Il caso riguarda un correntista di Popolare di Vicenza, su una causa iniziata dopo la liquidazione del 2017. Su una vicenda d’investimento che non riguarda le azioni delle banca e in cui al cliente, alla fine, il giudice dà anche torto. Ma il principio affermato nell’ordinanza è generale e ha potenzialmente effetti rilevanti, se seguito da altri giudici, rispetto al divieto di a rivolgere le cause a Intesa posto dal decreto di liquidazione. Con effetti possibili sui contenziosi sia di prima che dopo la liquidazione, che abbiano al centro una responsabilità contrattuale per fatti precedenti alla liquidazione, e quindi sia le azioni delle due banche che altri contenziosi. Questo nel caso di clienti di Bpvi e Veneto Banca transitati ad Intesa.
L’ordinanza, la 3359/2019, è stata firmata l’11 febbraio dal giudice del tribunale civile di Verona Massimo Vaccari, che già si era occupato delle banche venete, firmando la prima sentenza sulle azioni ancor prima della liquidazione. E che ora emette la prima sentenza su un contenzioso Bpvi che vede in causa anche Intesa.
La vicenda riguarda un cliente veronese di Bpvi, con un conto corrente e un deposito titoli, trasferito a Intesa dopo la liquidazione, che ha chiamato in giudizio l’anno scorso la banca, chiedendo quasi 140 mila euro di risarcimento. L’accusa era che dal 2014 un funzionario Bpvi avesse acquistato per lui azioni Mps per 92 mila euro, senza averlo informato prima delle caratteristiche dell’investimento e falsificando il questionario Mifid nel 2015, per continuare fino al 2016.
Intesa aveva invocato l’articolo 3 della legge di liquidazione delle venete, che la esclude dalle controversie, extra-azioni Bpvi e Veneto Banca, avvenute prima della liquidazione e promosse con cause successive. Ma il giudice fa saltare il difetto di legittimazione passiva di Intesa. Disapplicando l’articolo 3 della legge di liquidazione, «stante il contrasto - scrive il giudice - con il diritto Ue e in particolare col principio di tuflitto tela giurisdizionale effettiva dell’articolo 47del Trattato Ue».
Il giudice rileva come la norma nel contratto di liquidazione «sia per buona parte in concon l’articolo 2558 del codice civile sulla cessione dei contratti nella cessione di azienda». In particolare che i debiti ceduti ad Intesa, contestati dopo la cessione, restano in carico alle banche risolte, «a prescindere dalla sorte del contratto regolante il rapporto (nel caso è pacificamente succeduta Intesa)».
L’effetto è una «inedita scissione tra situazioni debitorie e creditorie, pregiudizievole per i contraenti ceduti». «Per effetto di tale regime - continua il giudice - il titolare di un rapporto ceduto a Intesa dovrebbe adempiere agli obblighi, mentre dovrebbe far valere i propri crediti, per atti o fatti anteriori alla cessione, nell’ambito della procedura concorsuale»; cioè nella liquidazione, che ha già detto che non potrà soddisfare i creditori non privilegiati; e senza nemmeno poter recedere. «Tale quadro obbliga il contraente ceduto a continuare il rapporto con Intesa - è la conclusione - senza poter far valere nei suoi confronti i diritti da esso derivanti».
Per il giudice si realizza «una evidente compromissione del diritto di difesa»; e l’articolo 3 del decreto di liquidazione non risulta conforme al principio di tutela giurisdizionale effettiva sancito dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dal 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea.
La causa va avanti. Il giudice dà torto al correntista, perché non ha dimostrato che gli acquisti erano realizzati sul suo conto corrente on line da un funzionario della banca, con il token da lui consegnato per evitare di pagare le commissioni. Oltretutto di fronte a questionari Mifid precedenti non misconosciuti, coincidenti con quello contestato.