oggi entriamo nel segno zoodiacale di OFIUCO detto anche SERPENTARIO

(l'ho letto sulla rivista dell'unione Astronomi Italiani)
http://www.pizzosuaro.it/ofiuco miti.htm
Ofiuco rappresenta un uomo con un enorme serpente avvolto attorno alla vita. Egli tiene la testa del serpente nella mano sinistra e la coda nella mano destra. Per questo motivo nei cataloghi stellari odierni lo si chiama anche
Serpentario, è una costellazione collegata più o meno direttamente a quella dello Scorpione, perché da Maggio a Settembre la si vede poggiare i piedi sul velenoso animale. Questa costellazione è stata creata probabilmente verso il
3500 A.C. da chi poteva osservarla bene alla latitudine di 35°, che corrisponde all'alto Eufrate: «
In questa data Ofiuco era in opposizione al Sole durante la notte dell'equinozio di primavera, simbolicamente trionfando nella mezzanotte sui signori delle tenebre, rappresentati dallo Scorpione, che egli schiacciava con il piede, e dal Serpente, che teneva saldo tra le mani», ma c'era un'altra coincidenza: osservando dal 35° parallelo le
teste di Ofiuco e di Ercole le si vedeva cadere sullo zenit in modo che «questi fratelli celesti si presentavano uno nella zona nord del cielo e l'altro nella zona sud in posizione di comando e di conquista sulle forze dell'inverno e delle tenebre al tempo dell'equinozio di primavera». Chi era questo misterioso personaggio? Secondo l'opinione prevalente nell'antichità
era Carnabone, il re dei Geti che vivevano nella Tracia. Aveva accolto nel suo regno Trittolemo che, al servizio di Demetra, percorreva la Terra su un carro trainato da due draghi, per insegnare agli uomini la coltivazione del grano. Un giorno Carnabone decise di eliminare Trittolemo considerandolo pericoloso per il suo regno. Ordinò di uccidere uno dei draghi in modo da impedirgli di fuggire con il carro. Ma
Demetra, che vegliava su Trittolemo, accorse nel momento in cui il suo protetto stava per essere ucciso e, dopo averlo sistemato sul carro al quale aveva attaccato un nuovo drago,
confinò il re fra gi astri infliggendogli la pena eterna di tenere fra le mani un drago.
Secondo un' altra interpretazione, preferita da Igino, si sarebbe trattato di Ercole, rappresentato mentre sulle rive del fiume Sagaris stava uccidendo un serpente che massacrava gli abitanti e devastava i campi coltivati. Per ricompensa Onfale la regina di quel luogo, lo rimandò ad Argo carico di doni mentre Zeus lo incastonava nel cielo stellato.
Ma vi era anche chi lo chiamava Triopa, re di Tessaglia, il quale un giorno decise di demolire il tempio di Demetra perché gli servivano quelle pietre per completare il suo palazzo. Per punirlo del sacrilegio la dea gli inflisse la pena di soffrire eternamente la fame; e alla fine della vita lo obbligò ad affrontare un drago che l'uccise. Lo incastonò nel firmamento con un drago che lo stringe eternamente tra le sue spire.
Gli astronomi invece erano inclini a vedervi Asclepio che i Latini chiamarono Esculapio, sulla sua nascita si narravano tanti miti. Secondo il più diffuso
Coronide, figlia di Flegia re dei Lapiti divenne amante di Apollo, questi dovendosi recare a Delfi la affidò in custodia a un corvo dalle penne bianche come la neve. Coronide da lungo tempo nutriva una segreta passione per Ischiys, e lo accolse nel suo letto, benchè fosse già incinta di Apollo. Prima ancora che il corvo allarmato, fosse partito alla volta di Delfi per riferire lo scandalo e dar prova del proprio zelo, già Apollo aveva divinato l'infedeltà di Coronide e maledisse il corvo perché non aveva accecato Ischys a colpi di becco quando esso si era avvicinato a Coronide. Per questa maledizione le penne del corvo divennero nere e tali rimasero in tutti i suoi discendenti. Apollo si lagnò con la sorella Artemide dell'offesa ricevuta, e Artemide lo vendicò scagliando contro Coronide un intero turcasso di frecce. Quando si vide dinanzi il cadavere dell'amante, Apollo fu preso da tardivi rimorsi, ma ormai non c'era più nulla da fare. L'ombra di Coronide era scesa al Tartaro, e sul suo corpo steso sulla pira già si versavano gli ultimi profumi, allorchè Apollo chiamò in aiuto Ermete il quale alla luce delle fiamme che lambivano la pira, liberò dal ventre di Coronide un bimbo ancora in vita. Apollo lo chiamò Asclepio e lo affidò al centauro Chirone, che gli insegnò l'arte della medicina. Per quanto riguarda Ischys, fu ucciso da una folgore di Zeus per altri invece dalle frecce di Apollo.
Asclepio imparò l'arte di guarire sia da Apollo sia da Chirone, e divenne così abile nel maneggiare i ferri chirurgici e nel somministrare erbe benefiche, che è ora onorato come il padre della medicina. Non soltanto egli guariva i malati, ma ricevette in dono da Atena due fiale contenenti il sangue della Gorgone Medusa;
con il sangue estratto dal lato sinistro della Gorgone, egli poteva risuscitare i morti; con il sangue estratto dal lato destro invece poteva dare morte istantanea.
Altri dicono che Atena e Asclepio si divisero quel sangue; Asclepio se ne servì per salvare vite umane, Atena invece per scatenare le guerre. Atena aveva già donato due gocce di quello stesso sangue a Erittonio, una per uccidere, l'altra per curare, e aveva assicurato con auree bende le due fiale alle spire del suo corpo serpentino. Tra coloro che Asclepio strappò al mondo dei morti vi furono Licurgo, Capaneo, Glauco figlio di Minosse, e Ippolito figlio di Teseo. Non si sa in quale in quale occasione, ma Ade si lagnò con Zeus perché si rese presto conto che il flusso di anime morte nel suo regno si sarebbe drasticamente ridotto se questa tecnica fosse diventata di conoscenza comune. Zeus colpì con la sua folgore Asclepio, ma questo fatto scatenò l'ira di Apollo che che si sentì oltraggiato per il trattamento riservato a suo figlio e si vendicò uccidendo i tre ciclopi che forgiavano le folgori di Zeus. Per placare Apollo, Zeus, rese immortale Asclepio (date le circostanze non era certo possibile riportarlo in vita) e pose fra le stelle la sua immagine con un serpente fra le mani. Anche la presenza del rettile venne giustificata mitologicamente narrando che un giorno Asclepio stava riflettendo con una bacchetta in mano sul modo migliore per resuscitare Glauco, il figlio di Minosse e Pasifae, annegato in una giara di miele mentre stava inseguendo un topo. A un tratto un serpente tentò di salire sulla sua bacchetta, ma Asclepio lo uccise colpendolo ripetutamente con lo stesso legno. Poco dopo giunse un altro serpentello tenendo in bocca un'erba che pose sulla testa del primo facendolo tornare in vita. Poi i due rettili fuggirono abbandonando per terra l'erba miracolosa. Asclepio la utilizzò subito per resuscitare Glauco. Ed è questo il motivo per cui il serpente fu posto sotto la protezione di Asclepio fra gli astri. Questa sua consuetudine spinse i suoi successori a fare utilizzare i serpenti dai medici. In realtà i rettili erano stati impiegati fin dalle epoche più arcaiche grazie alle proprietà del loro veleno che in dosi minime serviva, come oggi d'altronde, per guarire molte malattie. Erano sacri anticamente alle grandi Dee Madri, le cui sacerdotesse conoscevano i segreti della medicina. Con l'arrivo degli Elleni in Grecia il culto delle Grandi Madri venne subordinato a quello degli dei; sicché l'uccisione di Coronide, un antica dea a cui era sacro il corvo, e la nascita di Asclepio non sono se non allegorie di quel cambiamento epocale; tant'è vero che il corvo divenne l'uccello sacro ad Apollo. Quanto al serpente, consacrato alla Grande Madre e alla Luna, e dunque simbolo della prevalenza del nostro satellite sul Sole nell'alto cielo durante il semestre invernale, bene si addiceva a contrassegnare, presso lo Scorpione, quella parte del cielo in cui il Sole declinava.