Buffoni

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Gli indignados non si arrendono, manifestazioni in molte città americane


Negli Usa la protesta degli ‘indignados’ non ha fine, anzi si propaga a macchia d’olio. Dopo l’assedio a Wall Street e l’occupazione del ponte di Brooklyn, le manifestazioni sono partite anche in molte citta americane, come Boston e Los Angeles.
A New York gli attivisti tengono sotto controllo il presidio, mentre centinaia di persone stanno prendendo di mira il City Hall di Los Angeles, e cioé la sede della Fed di Chicago e il Financial District di Boston. A Washington, intanto, il movimento Occupy Dc si vuole accampare fuori dalla Casa Bianca, giovedì 5 ottobre, proprio nella ricorrenza del decennale della guerra in Afghanistan.
 
le norme penalizzanti approvate [taglio età pensionabile--taglio dell'accompagnamento agli invalidi...]
sono IMMEDIATAMETE applicate per senso di responsabilità


per i politicastri
NO!
per loro vale il diritto acquisito! schifo-si
Abruzzo, costi politica: aboliti vitalizi dal 2013

Abruzzo, costi politica: aboliti vitalizi dal 2013 | Altopascio.info
questi poi rubano "solo" 5,7milioni all'anno ai loro conterranei abruzzasi che poi non hanno i soldi per la ricostruzione!
 
ho capito ,però cosa credi che pensino della nostra politica....pensi che abbiano fiducia di un governo dove ogni giorno sui giornali leggiamo concussioni ruberie varie a scapito della pubblica amministrazione???e mai nessuno va dentro se non 1 su 1 milione????
una politca che ci costa piu del pil...per cosa???è come la telecom che costa di piu in spese pubblicitarie e di sponsor che non servono assolutamente x aumentare le entrate sul titolo ma sicuramente faranno bene a qualcuno....cosi in italia ci sono troppo merende fra politici e imprenditori audaci....che vendono immobili a valori stratosferici alla pubblica amministrazione o a enti pubblici x tornaconti perdsonali....
ci vogliono 1 milione di finanzieri 1 milione di carabinieri e 1000 prigioni nuovecapite che se non si apllicano le leggi svedesi anche qui...con trasparenza bancaria x i pubblici impieghi....e una riduzione della casta del 80%....non si riuscirà a far diminuire il debito cosi enorme....tutti gli aumenti di tasse servono solo a pagare metà interessi...allora chiediamo aiuto all'america che ci mandi un esercito con armi non convenzionali a distruggere la casta blinda su 650.000 autoblusuperblindate e con scorta armata....
aiuto obama....fate alla svelta siamo alla canna del gas....
 
anche le banche francesi non scherzano
anche perchè .....
GERMANIA e FRANCIA: LA VERITA' CHE NESSUNO DICE! | icebergfinanza

DEXIA è una banca Franco-Belga
dove è il Belgio ad avere grossi problemi
Stratfor: Il Collasso di Dexia Bank e la Crisi Finanziaria Europea

Da Stratfor, sito specializzato in intelligence e geopolitica, una analisi che mette in luce il rapporto tra Dexia e l'apparato statale del Belgio, spiega le ragioni dell'inesorabile fallimento e ne intravvede le conseguenze.

11 ottobre 2011 , ore 11:58 - 0 Commenti


Peter Zehian, Stratfor – La banca Franco-Belga Dexia ha iniziato a cedere il 4 ottobre, inaugurando un nuovo capitolo della crisi finanziaria Europea, lunga quasi 2 anni. Considerando che Dexia è nella lista delle prime 50 istituzioni finanziarie globali, vale la pena esaminare ciò che accade durante un processo di liquidazione e salvataggio di una banca, e applicarlo alla situazione di Dexia.

Nei casi meno gravi, un’iniezione di liquidità da parte di un governo di solito è sufficiente a sostenere la banca fino al momento in cui la normale crescita economica può aiutarla a rigenerare le sue finanze. La crescita è stata mediocre in Belgio dal 2008, e Dexia semplicemente non è riuscita a venir fuori dai problemi causati dai suoi assets deteriorati.
In casi di problemi moderati, i governi intervengono e prendono una quota percentuale di proprietà della banca, mettendo i propri rappresentanti alla direzione della banca e imponendo la ristrutturazione. Anche questo per Dexia è già stato fatto. Dal salvataggio del 2008, Dexia è partecipata in maggioranza dai governi di Francia e Belgio.
Ma le procedure di ristrutturazione non hanno seguito quello che noi consideriamo un percorso standard. Normalmente, ci sono grandi cambiamenti al vertice e le politiche vengono regolate in modo da assicurarsi in primo luogo che il tipo di imprudenze che sono state alla base dei problemi della banca non si ripetano. Dexia, in effetti, non è una normale banca d’affari o retail. Invece, gran parte del suo business deriva dalla fornitura di credito alle varie amministrazioni dell’apparato statale Belga.
Così, quando questi soggetti hanno ottenuto un maggior controllo di Dexia nel 2008, invece di incoraggiare Dexia a impegnarsi di più nei prestiti alle imprese private, che avrebbero potuto effettivamente rigenerare il suo portafoglio crediti, l’hanno incoraggiata a investire di più nelle loro spese morte, permettendo loro di registrare disavanzi più ampi di quanto diversamente sarebbero stati in grado di avere. Ironicamente, l’ultimo salvataggio in realtà ha solo rafforzato la cattive politiche che in primo luogo avevano messo Dexia nei guai.
L’opzione finale è una sorta di scioglimento – in genere la banca è suddivisa in spezzoni. I pezzi buoni di solito trovano acquirenti disposti a pagare più o meno il valore di mercato. I pezzi cattivi, però, devono essere impacchettati in una sorta di bad bank e alla fine vengono svenduti poco a poco al di sotto del loro valore. Questa è davvero l’unica opzione che rimane per Dexia. Ma ci sono diversi problemi anche con una strategia di questo tipo.
In primo luogo, le vendite di assets anche di valore, adesso, nel contesto attuale, non sembrano poter offrire l’intero prezzo di mercato. L’Europa allo stato attuale è fondamentalmente in una lieve recessione – e potrebbe andare anche molto peggio a causa della crisi finanziaria – e le banche Europee finora non si sono dimostrate disposte a prestarsi soldi a vicenda, né tanto meno a intervenire e prendersi assets da una banca fallita di uno degli stati Europei più pesantemente indebitati. Il che significa che le perdite che lo Stato si accollerà quando tutto questo sarà risolto saranno molto più alte di quello che sarebbero normalmente.

In secondo luogo, il Belgio comunque in questo momento non ha i soldi per assorbire le perdite della bad bank. Il Belgio ha già un debito pubblico del 100 per cento del PIL e sta avendo problemi a reperire capitali in circostanze normali – tanto meno per il tipo di infusione di grandi dimensioni che sarebbe necessario per un salvataggio di Dexia. Inoltre, in circostanze normali, il Belgio si sarebbe rivolto a Dexia per il finanziamento – cosa che ovviamente non è più un’opzione, il che significa, almeno nelle fasi iniziali, che l’onere finanziario sarà sostenuto dalla sola Francia – cosa che avrà un costo maggiore per il Belgio nel lungo periodo.


In terzo luogo, considerando che Dexia è indebitata a leva 60-1 (in confronto, Lehman Brothers era solo 30-1) e che è già al 35 per cento di proprietà dello Stato, questa è una banca che avrà una sofferenza per perdite di gran lunga maggiore rispetto al normale, perché è straordinariamente danneggiata.

Dexia ha oltre 500 miliardi di euro di assets di cui 20 miliardi sono debiti governativi di Portogallo, Italia e Grecia.
Quindi supponiamo per il momento che il salvataggio costi al governo Belga solo circa 30 miliardi di euro – cifra che noi consideriamo come abbastanza prudente. Questo da solo sarebbe sufficiente ad aumentare il peso del debito nazionale del Belgio al 110 per cento del PIL, collocandolo a poca distanza dall’Italia.


Quarto, Dexia è una delle principali fonti di finanziamento del governo Belga – e non c’è più. Il Belgio è costretto a trovare un altro modo per raccogliere fondi sui mercati internazionali – non solo per coprire il piano di salvataggio, ma per coprire le sue normali attività. Questo sta diventando sempre più difficile per gli Stati che hanno debito elevato e bassa competenza di governo, e il Belgio si trova certamente in questo elenco. Sono ormai oltre 480 giorni da quando il Belgio ha avuto un governo, e il mese scorso il suo primo ministro ha deciso di lasciare. Sommando tutto insieme, il Belgio è molto, molto vicino alla necessità di un salvataggio di stato per sé stesso.


Peter Zeihan è vice presidente di Stratfor (private intelligence corporation). E’ anche un ospite frequente delle TV internazionali come CNN and ABC, e collabora al New York Times, Forbes, AP, Bloomberg, e molti altri.
Articolo originale: Dexia Bank’s Collapse and the European Financial Crisis

Sullo stesso argomento vedi anche: Dexia, smantellamento e dubbi che rimangono. – di VerdeMoneta
 
Ultima modifica:
Dexia come la conoscevamo fino a ieri non esiste più.
Il governo belga ha fatto un’offerta da 4 miliardi di euro per acquisire il controllo della totalità della Dexia Banque Belgique (Dbb), braccio belga del gruppo Dexia. Lo ha confermato il ministro belga delle Finanze Didier Reynders in una conferenza stampa, definendo ”ragionevole” questo prezzo.


da Pioggia di nazionalizzazioni | Over the Counter

Pioggia di nazionalizzazioni

10 ottobre 2011, ore 11:22
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Finalmente ci siamo, mi verrebbe da dire…

L’istituto franco-belga Dexia, al centro dell’attenzione ormai da settimane per il rischio reale di un crack, diventa l’ultima vittima della crisi. Raggiunto in extremis dopo una riunione fiume di 14 ore un accordo per nazionalizzare la sua divisione bancaria belga ed allo stesso tempo ricevere garanzie statali.
Un caso, questo, che potrebbe fare pressioni su altri governi europei affinché rafforzino i loro settori bancari.
Di fatto, il governo belga verserà 4 miliardi di euro per acquistare Dexia Bank Belgium, la più grande divisione belga, che ha uno staff di 6.000 persone e depositi pari a 80 miliardi di euro da parte di 4 milioni di clienti.
Dexia come la conoscevamo fino a ieri non esiste più.
Il governo belga ha fatto un’offerta da 4 miliardi di euro per acquisire il controllo della totalità della Dexia Banque Belgique (Dbb), braccio belga del gruppo Dexia. Lo ha confermato il ministro belga delle Finanze Didier Reynders in una conferenza stampa, definendo ”ragionevole” questo prezzo.
“In questo accordo – ha aggiunto – la volontà del governo belga non e’ quella di restare indefinitamente in questa banca ne’ di uscirne in tempi rapidi, ma di assicurarne la continuità”.
La decisione di assumere il controllo della Dbb e’ stata annunciata ufficialmente dal primo ministro belga, Yves Leterme, al termine di un consiglio dei ministri convocato a tarda notte, dopo la riunione del consiglio di amministrazione di Dexia.
“Siamo contenti – ha detto Leterme – di essere riusciti a liberare la Dbb da tutti gli oneri e da tutti i rischi che avrebbero potuto provenire dal contesto interno della holding Dexia Sa’”.
Secondo il premier, questa misura “metterà in sicurezza” la banca sul suolo belga. Ha quindi rassicurato le famiglie, affermando che potranno essere “sicure e certe che i loro soldi sono al sicuro sul loro conto corrente”. Ha poi tranquillizzato anche i contribuenti belgi, sottolineando che “il rischio e’ sotto controllo e il costo dell’operazione e’ relativo”.
Il ministro delle Finanze Reynders ha quindi precisato che il Belgio garantirà anche il finanziamento della futura ‘bad bank’ che accompagnerà il salvataggio di Dexia fino a un massimo del 60,5%, pari ad un ammontare di 54 miliardi di euro. La Francia contribuirà per il 36,5% e il Lussemburgo per il 3%.
Con ciò le garanzie dei tre Stati coinvolti nella vicenda Dexia si attestano sui 90 miliardi di euro. Senza contare la liquidità iniettata nel 2008 e 2009. L’attuale garanzia “sarà remunerata conformemente alle esigenze europee, e “testimonia gli importanti sforzi dispiegati dai tre governi a favore della stabilità finanziaria all’interno della zona euro”.
——————————————————————-
Un´altra banca europea viene nazionalizzata nelle ore in cui si discute il salvataggio di Dexia. Si tratta della piccola Proton Bank greca, di cui il Ministero delle finanze ellenico ha preso il controllo su raccomandazione della Banca centrale greca. Una “good bank” verrà fondata per raccogliere tutte le attività in buona salute dell´ istituto ellenico, mentre il resto sarà raccolto in una “bad bank”, che verrà liquidata. La Bank of Greece attiverà un fondo di stabilità speciale per la rilevazione dell´istituto, di cui sarà unico azionista e che manterrà il marchio “Proton”. La “good bank” ha un Core tier 1 che eccede il limite dell´8%, e ha accesso alla liquidità tramite la Banca centrale greca. Il titolo è momentaneamente sospeso dalla contrattazioni sulla Borsa di Atene.
 
achtung

achtung





Dall’Austria un nuova "bomba" nelle banche

FINANZA/ 2. Dall?Austria un nuova "bomba" nelle banche


Mauro Bottarelli

venerdì 14 ottobre 2011


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Foto Ansa Approfondisci
FINANZA/ Così la Germania vuol "truffare" l’Europa, di M. Bottarelli

FINANZA/ Forte: così l’Italia può liberarsi della "coppia" Merkel-Sarkozy



Mi sono preso un giorno in più per rileggere la famosa “road map” anti-crisi, presentata mercoledì dal presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso.
Cosa ne penso?
Impraticabile, ma, soprattutto, in alcune parti, sostanziali, tagliata a misura per le mire di salvataggio a costo zero contenuto nella proposta del gigante assicurativo tedesco Allianz, presentata nel mio articolo di ieri su ilsussidiario.net.

E, infatti, ieri con un’agenzia Ansa delle 13:23 è arrivata la conferma di quanto vi avevo detto. Eccone il testo: «I ministri dell’Economia dell’Eurozona stanno lavorando all’ipotesi di utilizzare il fondo Efsf come assicurazione per le perdite sui bond, aumentandone la potenza di fuoco: è quanto si apprende da fonti a Bruxelles».



D’altronde, cosa c’era da aspettarsi? Barroso, nella sua criptolingua burocratica, era stato molto chiaro, bastava come al solito saper leggere tra le righe. Cosa aveva detto il buon Barroso? Che il fondo salva-Stati «deve essere potenziato per essere più di uno scudo, deve avere un vera e propria potenza di fuoco» e che «i paesi membri dovrebbero ad anticipare dal 2013 al 2012 l’approvazione del Fondo europeo di stabilità (Esm) che sostituirà l’Efsf». Barroso ha anche detto che è necessario un approccio coordinato in Europa per rafforzare il sistema bancario: la prima opzione «è utilizzare capitali privati, solo se necessario i governi nazionali potranno fornire sostegno. E se questo sostegno non può essere garantito, la ricapitalizzazione dovrà essere assicurata attraverso prestiti concessi dall’Efsf».
In questo caso, però, le banche dovrebbero sospendere la distribuzione di dividendi e la concessione di bonus. L’intervento sulle banche europee va comunque condotto tenendo conto della necessità di prevedere «un ratio di capitale significativamente più elevato e della più alta qualità». In sostanza, la Commissione si schiera a favore di un aumento del Core Tier 1, definito “significativo” da fonti comunitarie: il 9%? Il 10%? Il 7% attuale? Non si sa. Perché sono quindi così poco ottimista rispetto alla fattibilità di questa “road map”? Ve lo spiego subito, in attesa che l’iceberg liberatore colpisca il Titanic e volgendo lo sguardo a un qualcosa che non solo vi farà tremare le vene ai polsi pensando al costo che potrebbe assumere la “ricetta Barroso”, ma che dovrebbe mettere a tacere per i prossimi trecento anni la supposta superiorità austro-tedesca. In Europa, infatti, non c’è solo Dexia a far paura con i suoi conti traballanti, ma anche Erste, la mega-banca austriaca, che lunedì ha annunciato perdite legate ai rami ungherese e romeno pari al 14% o 1,1 miliardi di euro.

Nulla che ci sconvolga, l’esposizione in franchi del mercato ungherese da almeno un anno fa prospettare per Budapest una traiettoria in stile Pigs.








Qualcos’altro, invece, fa davvero rabbrividire. Nell’atto di rendere note perdite ed esposizioni, Erste è stata infatti così gentile da rendere note al pubblico anche le perdite spaventose sul suo portafoglio cds da 5,2 miliardi di euro, di cui 2,4 consistenti in esposizioni a istituzioni finanziarie e 2,8 miliardi relativi a esposizioni sovrane!



Avete capito bene!?
Sembrano i numeri di Pimco o di un hedge fund!

Ma al di là del livello di leva e di moral hazard ai derivati dei simpatici austriaci, la cosa allucinante è che stando ai dati della European banking authority (Eba) relativi agli stress tests dello scorso luglio, l’esposizione a cds sovrani di Erste era pari a ZERO, contro gli attuali 2,8 miliardi! Ma come ha fatto Erste a nascondere tutto questo, violando una dozzina di leggi, sia bancarie che di accountability?

Semplice: i regolatori e i controllori glielo hanno lasciato fare.
L’Eba, infatti, richiede alle banche di rendere note solo le esposizioni ai cds nei trading book, mentre Erste le deteneva come “surrogati di credito”: insomma, a luglio, prima degli stress tests, Erste ha cambiato la loro classificazione a seguito di una nota dell’Iasb. Siamo al gioco delle tre carte, ormai: peccato si scommetta con soldi degli altri.



Ora, al di là della sconvolgente realtà di Erste, due domande sorgono spontanee:
quante altre banche hanno utilizzato trucchetti contabili-nominalistici del genere?

E per quali ammontare?

L’approccio alla contabilità di Erste, infatti, a vostro modo di vedere è un copyright unico dell’istituto austriaco?


D’altronde, quei geni dell’Eba avevano studiato un metodo di valutazione delle posizioni sui cds che era un invito all’inganno: negli stress tests, infatti, venivano presentati il netto dei valori positivi e negativi di mercato, ma non il dato del valore nozionale delle posizioni!

Quindi, stando agli stringenti e accuratissimi stress tests dell’Eba, i valori di mercato delle esposizioni bancarie a derivati sui paesi periferici andavano dal massimo di 1,5 miliardi di Bnp Paribas agli 800 milioni di Lbbw!

E questa gente fa comunella con i Barroso, con gli Juncker, con i Trichet: sono parte del grande meccanismo europeo, sono ingranaggio dell’enorme macchina del consenso che ora vorrebbe risolvere un problema che si trascina da tre anni con la “road map” (to disaster).


La European banking authority non è un’agenzia privata come lo sono quelle di rating tanto vituperate (a ragione), è un organismo in tutto e per tutto dell’Unione europea, attivo dal 1° gennaio di quest’anno e con sede a Londra.

E chi ha voluto l’Eba?

Nel 2008, il presidente della Commissione Ue, proprio quel José Manuel Barroso autore della “road map”, istituì un gruppo indipendente di esperti guidato da Jacques de Larosière, che nel febbraio del 2009 presentò un rapporto alla Commissione con alcune raccomandazioni per rafforzare la sorveglianza sul sistema finanziario europeo.

Le raccomandazioni del Rapporto de Larosière vennero ovviamente accolte dagli organi comunitari, tanto che il Consiglio dell’Ue nella riunione del 18 e 19 luglio 2009 approvò la creazione di un “Comitato europeo per il rischio sistemico” e la contestuale istituzione di tre nuove autorità europee all’interno di un nuovo “Sistema europeo di vigilanza finanziaria”.
Una di queste era la European banking authority, il cui obiettivo è «proteggere l’interesse pubblico contribuendo alla stabilità e all’efficacia a breve, medio e lungo termine del sistema finanziario, a beneficio dell’economia dell’Unione, dei suoi cittadini e delle sue imprese».



Insomma, una delle creature nate dalla lungimiranza di Barroso ha dato vita nel luglio scorso a uno stress test degno di un bambino dell’asilo, senza che lo stesso presidente della Commissione abbia mai sentito la necessità di prenderli e ribaltarli come qualsiasi amministratore delegato d’azienda farebbe con suoi dirigenti incapaci.


Quante Erste ci sono in Europa, ancora oggi, ticchettanti e pronte a esplodere, magari in contemporanea?
Stando all’Eba e ai suoi test, pochissime.

Forse nessuna.

Voi ci credete, dopo quello che avete letto prima sulle performance da hedge fund sottocapitalizzato della megabanca austriaca?

Di quanti soldi avrà bisogno allora l’Efsf per salvare gli istituti, stante la poca disponibilità dei mercati a finanziare le banche e le indicazioni della “road map”?
È un caso che Allianz parli di garanzie fino a 3 triliardi di euro, a fronte dell’utilizzo immediato di tutti i 780 miliardi di euro per coprire il 20% delle perdite sull’obbligazionario?

Di che cifra parla, invece, Barroso?

Mai che questi euroburocrati facciano due più due, dando delle cifre chiare: parole, parole, parole.



E il mercato dei derivati, di cui Erste ci ha dato splendido esempio a livello di esposizione occulta, ma con perdite potenziali reali? Quanto ci costerà tamponarlo? A quanto ammonta il nozionale nell’Eurozona? Chi ha cosa?
Vi fidate delle ricette di chi o non si accorge di cosa gli accade sotto il naso o, peggio, fa in modo che questo possa accadere, come ha fatto l’Eba con i suoi criteri da barzelletta che hanno promosso, non a caso, banche greche dipinte come solidi istituti svizzeri solo quattro mesi fa e Dexia come un esempio di accountability? Nella terra di Von Mises e Von Hayek, il capitalismo e il libero mercato hanno dato un pessimo esempio, ma qualcuno, tra Londra e Bruxelles, o dormiva o faceva finta di niente. Chi sia peggio dei due, a mio modo di vedere, è difficile da dirsi. Una cosa è certa: vogliono farci pagare ancora una volta per banche e assicurazioni, tedesche e francesi in particolare. Io non ci sto alla truffa dell’Efsf. E voi?
 
Stato
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