Il combinato disposto dell'aumento dell'esposizione e del crollo della  capitalizzazione pone seri problemi all'azionista di controllo. Il  37,57% di Fondiaria-Sai che Premafin aveva in bilancio il 31 dicembre  2009 a un valore di carico di poco superiore a 900 milioni di euro oggi  vale, infatti, all'icirca 338 milioni. Non solo dunque i debiti, ma  anche una minusvalenza latente di 562 milioni. 
da Finanza&Potere - Ligresti, i debiti e oltre 550 milioni di minusvalenza in Premafin che potrebbe obbligarlo a una onerosa ricapitalizzazione
29 giugno 2010 - 16:39                                                       
Ligresti, i debiti e oltre 550 milioni di minusvalenza in Premafin che potrebbe obbligarlo a una onerosa ricapitalizzazione
                                                                                             I grandi gruppi italiani sono imperniati sulle catene di controllo. Prendiamo 
Salvatore Ligresti.  Gli interessi del costruttore-finanziere di Paternò sono racchiusi  nella Starlife. Attraverso questa scatola finanziaria Ligresti controlla  il 100% di Sinergia, e tramite Sinergia e altre società non quotate  controlla Premafin, che a cascata controlla 
Fondiaria-Sai.  Con una quantità di capitale modesto, investito nella società che sta  in cima alla catena di controllo, Ligresti riesce a nominare il  consiglio d'amministrazione, i vari comitati interni e il collegio  sindacale del secondo gruppo assicurativo nazionale, dopo Generali. Di  Fondiaria-Sai, che ha una base azionaria molto ampia, Ligresti possiede  una quota modesta di capitale, ma quanto basta per tenerla in pugno e  determinarne le strategie. 
                    Non è che sia una sua particolarità. 
Tutti i grandi imprenditori  italiani, dagli Agnelli a De Benedetti a Tronchetti Provera, hanno  strutture di controllo più o meno analoghe. Ligresti, però, adesso è  alle prese con un indebitamento rilevante a tutti i livelli della catena  e con una preoccupante discesa dei corsi azionari di Fondiaria-Sai, che  oggi capitalizza un miliardo 225milioni di euro.  La sua situazione è  ben circostanziata in un due articoli che potete leggere di seguito al  post, uno dell'ottimo Fabio Pavesi, che scrive per l'inserto "Plus" del  "Sole-24 Ore", l'altro dell'econimista Alessandro Penati, che scrive per  "Repubblica". 
Il combinato disposto dell'aumento dell'esposizione e  del crollo della capitalizzazione pone seri problemi all'azionista di  controllo. Il 37,57% di Fondiaria-Sai che Premafin aveva in bilancio il  31 dicembre 2009 a un valore di carico di poco superiore a 900 milioni  di euro oggi vale, infatti, all'icirca 338 milioni. Non solo dunque i  debiti, ma anche una minusvalenza latente di 562 milioni. 
Se la Consob  obbligasse Ligresti ad adeguare il valore di carico di  Fondiaria-Sai a  quello di mercato, l'imprenditore siciliano dovrebbe  ricapitalizzare  tutte le società della catena di controllo esponendosi a  un vero e  proprio salasso finanziario.  Ma siccome in questi casi la   partecipazione  è condiderata "strategica", cioè duratura, per la Consob   l'obbligo della svalutazione viene meno.
 La Commissione per le società  e la Borsa è forte con i deboli e debole con i forti. 
Non si fa  scrupolo di infliggere 100mila euro di multa a Elio Lannutti per  presunta manipolazione dei corsi azionari, in seguito a una  dichiarazione del presidente dell'Adusbef e senatore di Italia dei  Valori sull'esposizione in derivati di UniCredit (multa annullata  qualche giorno fa dalla Corte d'appello di Perugia). Quando però ci sono  di mezzo gli interessi dei grandi gruppi, diventa prudente, cavillosa,  tentenna senza mai essere incisiva. 
Ligresti, dunque, almeno da questo  lato, può dormire sonni tranquilli. P
oco conta se negli ultimi tre anni  FonSai ha dovuto farsi carico di una serie di operazioni in conflitto  d'interesse come l'acquisto della catena alberghiera Ata-Hotels e come  la costosa Opa su Immobiliare Lombarda. Ligresti ha venduto con una mano  e comperato con l'altra, prelevando denaro dalla parte bassa della   catena, che genera reddito, per portarlo nella parte alta, dove risiede  il controllo. 
E l'attività di "scarico" verso i piani bassi, scrive su  "Repubblica" Giovanni Pons, "continua ancora oggi come dimostra la  semplificazione realizzata 
nel complesso Porta Nuova Isola, dove il 43%  in mano a Sinergia è passato al gruppo FonSai, già titolare dello stesso  progetto di Porta Nuova-Garibaldi e Porta Nuova Varesine".
[più che un assicurazione la Fonsai sta diventando una società immobiliare]
Vedremo  come andrà a finire. 
Nel 2001 fu la Mediobanca di Vincenzo Maranghi a  intervenire ancora una volta a favore dell'ingegner Ligresti. La  Montedison allora era sotto scalata da parte dell'Edf e bisognava  metterne al sicuro la partecipazione in Fondiaria, che deteneva un pacco  di azioni Mediobanca. 
Ligresti, che era in difficioltà finanziarie, si  prestò al gioco. Il contratto di vendita fu sottoscritto in fretta e  furia in un'afosa domenica di luglio.
 Ligresti  si salvò e divenne più potente di prima. 
Oggi è di nuovo pieno di  debiti. Ma qualcuno disposto a venirgli incontro, in un modo o  nell'altro, lo troverà. Nel capitalismo senza capitali, in fondo, la  politica del mutuo soccorso conviene a tutti. Specialmente quando è in  gioco il destino di un gruppo al crocevia dell'alta finanza. 
 Ed ecco cosa scrive Fabio Pavesi sul Sole-24 Ore:
"Che le cose nell’immenso e variegato impero della famiglia  Ligresti non andassero bene era risaputo da tempo. 
Il 2009 ha visto  andare in scena i pessimi risultati di Fondiaria–Sai con una perdita di  ben 343 milioni di euro. E non che 
la Milano Assicurazioni abbia dato  soddisfazioni con un passivo di 140 milioni. Chi pensava che il 2009  fosse il solo annus horribilis per le società assicurative del gruppo si  è ricreduto l’altro ieri con la pubblicazioni dei dati del primo  trimestre".
"Fonsai ha lasciato sul campo altri 92 milioni di perdite  contro i 21 milioni di utili del primo quarto del 2009. E la Milano  Assicurazioni ha replicato, sempre in negativo, con un "rosso" di 25  milioni".
"Ovvio che un avvio d’anno così in salita fa temere per il  futuro. 
Ma perché le difficoltà dei due gruppi assicurativi del gruppo  pongono seri problemi all’intero impero? 
Semplice perché le cose che non  funzionano a valle si riverberano immediatamente a monte della catena  fino a salire in cima alla piramide.
Premafin, la controllante di  Fonsai e Milano, ha già accusato il colpo l’anno scorso con una perdita  consolidata di 134 milioni di euro. È ovvio che se i risultati delle  controllate non miglioreranno sarà un altro brutto colpo per Premafin".
"Tra  l’altro, 
fino a quando la holding di Ligresti potrà tenere a bilancio  titoli Fonsai a un valore di 19,2 euro, quando in Borsa oggi il valore è  solo di poco più di 9 euro? C’è il rischio assai concreto nel 2010 di  dover iscrivere a bilancio delle pesanti svalutazioni. 
Ma i guai non  finiscono qui. 
Ligresti è fortemente indebitato in cima alla catena di  comando. La sua Sinergia, la scatola non quotata, non era messa bene già  a fine del 2008".
"Solo i debiti verso il sistema bancario  ammontavano a 470 milioni a fronte di un patrimonio di soli 105 milioni.  Non è ancora disponibile il bilancio 2009 di Sinergia ma, visti i  pessimi risultati delle società a valle, difficile pensare che la  situazione sia migliorata. 
E qui c’è il nodo dei problemi: se Fonsai  necessitasse di nuovi capitali dopo le pesanti perdite, difficile che  Ligresti possa farvi fronte da solo. Fonsai smentisce di averne bisogno.  Ma se così non fosse, la famiglia si troverebbe davanti a un difficile  crocevia".
 
Ecco adesso il pezzo di Penati "Bisogna salvare il soldato Ligresti", pubblicato da "Repubblica":
 
"Un titolo finanziario che, oggi, sia vicino ai valori minimi del  marzo 2009, al culmine della crisi, è il chiaro indicatore di una  società con problemi. E questo è l' andamento del titolo Fonsai. Dai  massimi di tre anni fa, ha perso il 76%, anche includendo i dividendi  pagati: non sono tempi facili per le assicurazioni europee, ma Fonsai è  riuscita a fare il 56% peggio del settore. A fine marzo il titolo è  stato declassato, con outlook negativo: le agenzie di rating hanno perso  credibilità, ma ho la sensazione che i conti li sappiano ancora fare.  La redditività delle assicurazioni nel ramo danni è molto ciclica: per  esempio, quando c' è la crisi, si comprano meno automobili, meno  costose, ma il numero di incidenti non diminuisce. Per Fonsai, nel primo  trimestre, i danni pagati e le spese di gestione sono stati superiori  ai premi incassati: a livello operativo, il ramo danni è in perdita. Per  il ramo vita, il problema è garantire stabilmente una remunerazione  competitiva alle polizze, con i tassi ai minimi storici, l' aumentata  rischiosità del mercato azionario, e ora anche dei titoli di stato, e la  fine dei titoli di credito strutturati (cartolarizzazioni, Cdo,  eccetera). A questo si aggiunge la pressione delle autorità di  regolamentazione per aumentare la patrimonializzazione, in linea con gli  altri intermediari finanziari, al fine di ridurre la leva globale, e la  prossima introduzione di nuovi criteri contabili più stringenti.  Problemi comuni al settore. Aggravati, per Fonsai, da una gestione degli  attivi e della struttura finanziaria più consona agli interessi del  controllo di Ligresti che di quelli degli investitori. È con i soldi di  Fonsai (cioè dei suoi assicurati) che Ligresti è attivo nel settore  immobiliare: si vedano la costosa Opa su Immobiliare Lombarda, la  partecipazione allo sviluppo delle grandi aree urbane a Milano  (Citylife, Porta Nuova-Garibaldi, Porta Nuova-Isola), a Firenze (Area  Castello e relative grane giudiziarie), a Roma in tandem con il gruppo  Lamaro (Centro Est, progetto Alfiere). Progetti che richiedono grandi  capitali, tempi lunghi e grandi rischi, e che mal si conciliano con  l'attività assicurativa di una compagnia poco capitalizzata e molto più  esposta della media alla variabilità del ramo danni. A volte Fonsai è  partner negli investimenti con la holding di controllo (Premafin), come  alle Varesine di Milano; a volta controparte, come per l'acquisto di  Atahotels. L'utilizzo degli attivi di Fonsai per investimenti  difficilmente razionalizzabili, se non in funzione degli interessi  dell'azionista di controllo, si estende anche alle partecipazioni:  Gemina (Aeroporti di Roma), Mediobanca, Pirelli, Rcs, Igli (Impregilo).  In portafoglio, c' è pure quasi il 7% della controllante Premafin, e  l'11% di azioni proprie (in carico a 22 euro rispetto agli 8 di  mercato). In bilancio ci sono così 5 miliardi di investimenti (su 36  totali) non valorizzati ai prezzi di mercato (3 in immobili e 2 in  società collegate e controllate, titoli tenuti a scadenza e  riclassificati come crediti) che fanno storcere il naso a qualche  investitore: nessuna sorpresa che oggi Fonsai capitalizzi 1,2 miliardi,  appena il 45% del suo patrimonio netto. Il management ha annunciato una  riorganizzazione che potrebbe portare alla dismissione della  Liguria-Sasa. Ma prima di pensare a cedere attività assicurative, il  risanamento imporrebbe un aumento di capitale, per mettere in sicurezza  la struttura finanziaria e creare valore riacquistando la quota sul  mercato della controllata Milano Assicurazioni. L' ho già scritto nel  marzo 2009: ma da allora Fonsai, invece di raccogliere nuovi capitali,  ha distribuito 190 milioni di dividendi; e il titolo ha perso un altro  37% rispetto al settore. Ma questo aumento non s'ha da fare. Premafin (e  le holding al piano di sopra) sono troppo indebitate per  sottoscriverlo; e Ligresti rischierebbe di non comandare più, uscendo  dai giochi che contano. Impossibile: bisogna salvare il soldato  Ligresti".
Per il momento ci fermiamo qua. Ma non mancheranno le occasioni per riparlarne.