ditropan
Forumer storico
Lettera della sera: I dubbi di Alan Greenspan. Forse al capolinea la ''stretta a passo misurato'' (di A.Marini)
di redazione tl , 29.06.2005 20:02
Non vorremmo trovarci nei panni di Alan Greenspan. Il presidente della Federal Reserve, la “sfinge”, il “guru” della politica monetaria, colui che è riuscito a traghettare indenne l’economia americana attraverso la tempesta dello sboom di Wall Street del 2000 e del post 11 settembre, si trova infatti di fronte a un dilemma di difficile soluzione: crescita o controllo dei prezzi?
Nel meeting di domani e dopodomani, la Banca centrale americana dovrebbe decidere di innalzare di un altro quarto di punto i tassi di interesse (dal 3% al 3,25%), a un anno esatto dall’inizio della stretta “a passo misurato” partita dal minimo storico dell’1 per cento. Ma già ci sono investitori che affermano che questo sarà il colpo di coda, dopodiché ci sarà l’inversione di tendenza.
Già, perché l’attuale congiuntura sembra essere più complicata del previsto. La crescita dell’attività manifatturiera sta rallentando, sebbene si mantenga ancora positiva negli Stati Uniti; inoltre, l’impatto degli alti prezzi del petrolio con ogni probabilità farà sentire i suoi effetti, escludendo miglioramenti a breve scadenza. Per questo motivo la Fed potrebbe decidere di bloccare la stretta monetaria.
Tuttavia, l’attività industriare potrebbe riprendersi a breve, grazie a una modesta accelerazione nel settore tecnologico e un aumento della domanda negli Stati Uniti, in Cina e Giappone. In aggiunta, la fiducia dei consumatori (un indicatore che la Fed tiene sempre d’occhio nel valutare l’inflazione futura) in maggio è salita, nonostante il costo del greggio sia lievitato e i dati deludenti sul fronte dell’occupazione.
Come se ciò non bastasse, i cospicui flussi finanziari verso gli Stati Uniti, attratti finora dal buon andamento dell’economia, hanno mantenuto i rendimenti dei T-bond a lungo termine a un livello basso: infischiandosene della politica attuata dalla Federal Reserve. Per questo motivo, alcuni analisti prevedono che i tassi americani raggiungeranno il loro picco (tra il 4,25% e il 4%) all’inizio del prossimo anno.
Proprio una brutta gatta da pelare per Greenspan. La “sfinge” dovrebbe andare in pensione il prossimo gennaio: un errore di valutazione a questo punto potrebbe far sentire i suoi effetti negativi su tutta l’economia mondiale e rischierebbe di macchiare la sua straordinaria carriera.
di redazione tl , 29.06.2005 20:02
Non vorremmo trovarci nei panni di Alan Greenspan. Il presidente della Federal Reserve, la “sfinge”, il “guru” della politica monetaria, colui che è riuscito a traghettare indenne l’economia americana attraverso la tempesta dello sboom di Wall Street del 2000 e del post 11 settembre, si trova infatti di fronte a un dilemma di difficile soluzione: crescita o controllo dei prezzi?
Nel meeting di domani e dopodomani, la Banca centrale americana dovrebbe decidere di innalzare di un altro quarto di punto i tassi di interesse (dal 3% al 3,25%), a un anno esatto dall’inizio della stretta “a passo misurato” partita dal minimo storico dell’1 per cento. Ma già ci sono investitori che affermano che questo sarà il colpo di coda, dopodiché ci sarà l’inversione di tendenza.
Già, perché l’attuale congiuntura sembra essere più complicata del previsto. La crescita dell’attività manifatturiera sta rallentando, sebbene si mantenga ancora positiva negli Stati Uniti; inoltre, l’impatto degli alti prezzi del petrolio con ogni probabilità farà sentire i suoi effetti, escludendo miglioramenti a breve scadenza. Per questo motivo la Fed potrebbe decidere di bloccare la stretta monetaria.
Tuttavia, l’attività industriare potrebbe riprendersi a breve, grazie a una modesta accelerazione nel settore tecnologico e un aumento della domanda negli Stati Uniti, in Cina e Giappone. In aggiunta, la fiducia dei consumatori (un indicatore che la Fed tiene sempre d’occhio nel valutare l’inflazione futura) in maggio è salita, nonostante il costo del greggio sia lievitato e i dati deludenti sul fronte dell’occupazione.
Come se ciò non bastasse, i cospicui flussi finanziari verso gli Stati Uniti, attratti finora dal buon andamento dell’economia, hanno mantenuto i rendimenti dei T-bond a lungo termine a un livello basso: infischiandosene della politica attuata dalla Federal Reserve. Per questo motivo, alcuni analisti prevedono che i tassi americani raggiungeranno il loro picco (tra il 4,25% e il 4%) all’inizio del prossimo anno.
Proprio una brutta gatta da pelare per Greenspan. La “sfinge” dovrebbe andare in pensione il prossimo gennaio: un errore di valutazione a questo punto potrebbe far sentire i suoi effetti negativi su tutta l’economia mondiale e rischierebbe di macchiare la sua straordinaria carriera.