Dedicato a chi se lo vuole leggere:
(26/11/04) Dopo avere violato ogni legge economica, ispirandosi alle più comode formule della pseudoscienza insegnata oggigiorno nelle università, i grandi alchimisti dei giorni nostri, coloro in grado di trasformare dei semplici impulsi elettronici in potere d'acquisto, o di imprimere su un pezzo di carta del colore e delle cifre poi accettate come mezzo di pagamento, gli unici che nella storia davvero hanno raggiunto il vero status di alchimisti di fatto e non solo di nome, ancora una volta vengono chiamati in causa dal mercato. Per la seconda volta nel 2004 dal mercato valutario.
Costretti a intervenire verbalmente per rassicurare che le loro manovre riusciranno a garantire la stabilità monetaria all'economia mondiale, una frase da manuale che non trova nessun riscontro nella realtà, sembrano nuovamente in difficoltà nel controllo degli squilibri che loro stessi hanno causato.
Operazioni di politica monetaria, interventi coordinati per la stabilità monetaria, in realtà vere e proprie operazioni di disordine economico e confusione del calcolo economico che regalano sensazioni di benessere nel breve periodo ma che nel lungo periodo sortiscono effetti devastanti. Un lungo periodo che dopo diverse decadi è diventato imminente, che con abilità viene continuamente allungato, ma che non si potrà rimandare all'infinito.
Mises aveva messo in guardia i sedicenti economisti e gli ingegneri sociali aspiranti alchimisti: l'inevitabile conclusione di questo disordine creato artificialmente è il crack up boom. Il collasso del sistema monetario. Volenti o nolenti questo sarà il punto di arrivo del processo in corso. Lo è stato nel più recente passato per paesi minori come l'Argentina e la Turchia, lo sarà anche per gli Stati Uniti o l'Europa. E' solo questione di tempo. E' che quando la realtà è veramente troppo brutta per essere creduta, si preferisce chiudere gli occhi. E così facendo si trova il coraggio di fare qualche passo in più, anche se sospesi nel vuoto, come Willy il Coyote.
Nonostante qualsiasi commento sulle valute sia strettamente riservato al segretario del tesoro, Greenspan una settimana fa non ha potuto fare a meno di parlare, e di parlare negativamente, del dollaro, quel dollaro che lui stesso ha contribuito a fare a pezzi. Ma tant'è, se il segretario del tesoro americano con la sua politica del dollaro forte ha disceso gradualmente insieme al suo biglietto verde tutti i gradini percorribili fino al livello di un clown qualsiasi, il più grande alchimista di tutti i tempi e di tutti i luoghi, mantiene ancora un grado di credibilità tra la schiera di coloro che sguazzano in quella stessa pseudoscienza che lui abilmente mette in pratica.
Una pseudoscienza ridotta oramai al rango di bella favola, dove l'importante è tenere i tassi costantemente al di sotto del loro livello “naturale”, stampare sempre più moneta, inondare il mondo di credito, vacue promesse di pagamento… e tutti sembrarono vivere felici e contenti nella nuova era degli alchimisti chiamati banchieri centrali dove finalmente sembrava scomparso qualunque importante problema economico.
Il livello di debito di sistema ai più alti livelli di tutti i tempi, nessun problema; in occidente nessuno più risparmia, nessun problema; deficit commerciali che si aprono come voragini, nessun problema; debito pubblico americano che sfonda la soglia legale una volta all'anno, nessun problema; la valuta di riserva mondiale in caduta libera, nessun problema; i tassi di interesse che non hanno nessun senso, solo frutto di una manipolazione *********, nessun problema; la crescita esponenziale dei derivati il cui nominale è 7-8 volte il GDP mondiale annuo, nessun problema.
Il rischio, cosa è più il rischio? In un mondo dove niente rappresenta più un serio problema economico il rischio non solo si trasferisce con estrema facilità, il rischio semplicemente non esiste più! E infatti l'indice di volatilità delle borse è ai minimi degli ultimi dieci anni, forse di più, neanche ha più senso guardare quanti siano. Si continuano a scambiare azioni, obbligazioni, immobili, con serafica tranquillità e a prezzi sempre più alti nonostante i rendimenti reali di tutti questi asset siano negativi. No, ancora nessunissimo problema. Basta riuscire a rivendere più alto e guadagnare qualcosa nella differenza di prezzo. Uno schema di ponzi che non si chiama più solo bolla di internet come quattro anni fa, si chiama bolla economica mondiale, del credito e della moneta.
Un clown fa ridere, entra ed esce dalla scena senza fare danni reali, suscitando una ilarità passeggera che lascia tutti incolumi. Il ministro del tesoro americano fa ridere ma pur sembrando un clown non lo è, è una delle cariche economiche più importanti del mondo. “La politica è politica”, ha risposto quando gli è stato chiesto come giustificava la politica del dollaro forte con un dollaro ai minimi degli ultimi dieci anni. Purtroppo dopo la prima istintiva risata la voglia di ridere passa tutta. Qualunque persona che abbia capito o intuito quelle universali leggi economiche stracciate dalla pseudoscienza che vaneggia di politiche monetarie, politiche fiscali, manovre confuse ma sempre monodirezionali, tese solo a sconquassare l'ordine naturale delle cose e a derubare l'onesto cittadino della propria ricchezza, riesce appena a evitare la caduta nello sconforto totale.
Ma forse è anche vero che onesti cittadini in questo mondo occidentale ne sono rimasti ben pochi. Ognuno di noi ben incastrato a livello micro nel proprio settore che richiede e riceve tutti i giorni i propri privilegi statali, e a livello macro in un sistema economico, quello occidentale, arroccato dietro la difesa di un antieconomico sistema monetario cartaceo, ultimo baluardo per la difesa di privilegi ingiustificati, tra cui spicca sempre più evidente il divario tra il tenore di vita dei consumatori (noi occidentali, sempre più poveri di Capitale) e quello dei produttori (tutti gli altri, sempre più ricchi di Capitale).
Se una volta quel divario trovava una parziale giustificazione nella diversa dotazione di beni capitali, oggi non ne ha più, diventa semplice sperequazione mantenuta artificialmente, ma che trova nel mercato spinte sempre più forti verso un riequilibrio degli assetti. Tuttavia il lavoratore occidentale di perdere il proprio lavoro o di livellare il proprio reddito sui 15 dollari o euro al giorno non ne vuol sentire parlare. Preferisce non capire, scaricare le responsabilità, dedicarsi ad altri assurdi discorsi di giustizia sociale, per farsi magari affascinare proprio da chi propone i migliori sistemi per accelerare il processo di consumo e disintegrazione del capitale, o parla più umilmente di annullare il debito dei paesi del terzo mondo. E non si rende conto che a questo punto per poter mantenere il suo attuale standard di vita nei prossimi dieci anni bisognerebbe invece che si trovasse la soluzione per annullare il debito dei paesi industrializzati. Decine, quasi un centinaio di trilioni di dollari, un cento seguito da dodici zeri, una cifra che pochi sanno scrivere, accumulatasi anno dopo anno con un'accelerazione esponenziale negli ultimi quattro. Grazie agli alchimisti. Se il problema non c'è, la soluzione non esiste. E infatti la soluzione, quella indolore, non esiste.
E' decisamente un periodo di gran confusione e gli alchimisti sono inquieti perché stanno perdendo il pieno controllo del loro gioco dissennato, e forse ancora non hanno capito con quali altre leve potranno mantenere i loro poteri e dirigere a loro piacimento i flussi di ricchezza. Hanno però ancora un vantaggio: la gente comune non ha la più pallida idea di cosa stia succedendo, di quali minacce, che non siano i fantasmi inventati dai veri tiranni, stiano veramente incombendo sulle loro libertà, sul loro grado di benessere che viene dato per scontato. L'apparizione saltuaria delle “creature innominabili” spinge anzi la massa a cercare protezione da chi se li sta rosolando lentamente sul braciere della storia economica.
L'uomo della strada non capisce, e non ha neanche intenzione di capire, perché ancora sta bene così, anestetizzato. Si lamenta è vero dell'aumento dei prezzi, tutto è raddoppiato dice, meno che i salari, ma alla fine tira avanti. In fondo la sera c'è la televisione con qualche spettacolo da circo a puntare i riflettori sul clown di turno, che riesce a rimbambire le poche teste che si fanno ancora qualche domanda, e poi il sabato il centro commerciale dove tutto quello che non ti puoi permettere te lo danno senza cacciare fuori una lira, si perdoni, un centesimo di euro, poi si pagherà con tranquillità a partire da metà del 2005, o perché no, direttamente nel 2006.
Fino a che qualcosa non cambierà davvero. Come per effetto della classica goccia che trabocca il vaso, quando il disagio crescente sperimentato negli ultimi quattro anni sarà diventato insostenibile. O forse ad un certo punto bruscamente, come un salto nel buio improvviso del quale nessuno può essere in grado di conoscere il fondo, l'impatto, cosa ci aspetta, cosa veramente cambierà. L'importante è che al momento giusto la colpa venga scaricata sulle "creature innominabili".
In mezzo a questa confusione, che comincia a disorientare anche quelli che hanno il coraggio di non coprirsi gli occhi, rimane solo un punto fermo, la certezza di una unica magra consolazione. L'oro lo si vende ancora a 340 euro l'oncia, il prezzo di un paio di scarpe di discreta fattura. Per oltre tremila anni, e fino all'avvento degli alchimisti odierni, con un'oncia ne è sempre uscito fuori vestito, scarpe, cintura, e accessori vari, tutto fatto a mano e di ottima fattura.
carino